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Vi racconto in libertà il pregiato liberale Antonio Martino

Antonio Martino, morto a 79 anni, ricordato da Francesco Damato

 

In qualche modo figlio d’arte, essendo stato il padre, Gaetano, lo storico ministro liberale degli Esteri della Repubblica d’Italia sottoscrittore, col presidente del Consiglio democristiano Antonio Segni, dei trattati di Roma istitutivo della Comunità Europea, si può ben dire che con la morte di Antonio Martino il Paese ha perduto un pezzo d’argenteria davvero pregiato della sua politica.

Antonio Martino è stato ministro degli Esteri nel primo governo di Silvio Berlusconi, e poi ministro della Difesa, sempre nelle coalizioni di centrodestra nella cosiddetta seconda Repubblica. Con il padre furono accomunati da un carattere tanto affabile quanto intransigente nella difesa delle loro idee o dei loro stili, a volte anche a costo di una certa rudezza.

Provvisto della tessera numero 2 di Forza Italia, essendo la numero 1 quella del fondatore Silvio Berlusconi, e stimatissimo dal Cavaliere sino alla soggezione, di cui sono stati avvertiti i segni anche nella voce con la quale l’ex presidente del Consiglio lo ha ricordato oggi al telefono commentandone la morte ai telegiornali, Antonio Martino non gli risparmiava critiche quando le riteneva opportune. Ancora di recente in alcune interviste non nascose i suoi dubbi sull’opportunità politica della candidatura di Berlusconi al Quirinale, scherzando su tutte le residenze di lusso delle quali poteva disporre, e che avrebbe più propriamente goduto.

Una volta, da ex ministro ormai, e anche da parlamentare stanco di un’esperienza che trovava ogni volta più amara in considerazione del livello generale o medio dei deputati e dei senatori che si avvicendavano, grazie alla confidenza che avevamo, mi mostrò su un divano di Montecitorio un biglietto che si accingeva a mandare a Berlusconi. Scritto a mano, esso diceva pressappoco così: “Caro Silvio, vedo che da qualche tempo ti circondi di donne con molto seno e poco senno”.

Ne ridemmo insieme, ma gli dissi. “Professore, dopo questo biglietto, per quanto ex ministro e tutto il resto, non otterrà nemmeno una presidenza di commissione in questa legislatura”, come avvenne. E lui, senza scomporsi minimamente, mi assicurò, sempre sorridendo “Lo so benissimo”.

Del resto, solo a lui poteva capitare da possibile candidato alla segreteria generale della Nato, com’era per l’alta considerazione che ne avevano alla Casa Bianca, di sottrarsi all’evenienza per i troppi scombussolamenti che la carica avrebbe procurato alle sue abitudini di vita, di lavoro e di pur modesto svago.

Addio, professore carissimo. E grazie della stima ed amicizia accordatemi tanto a lungo, anche nel nostro caso senza sconti. Come quello negatomi quando Le dissi di avere appena votato, da ex elettore giovanissimo del partito liberale, per il Psi guidato da Bettino Craxi. Avemmo su questo anche una breve, elegantissima polemica sulle colonne del Tempo.

Bei tempi, bei ricordi, belle menti. Ma perché, professore, mi ha voluto precedere nella partenza pur avendo meno anni, sia pure pochi, meno di me?

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