I pessimisti, i maliziosi, gli scettici, i prevenuti, gli avversari, chiamateli come volete, temevano che fosse solo il classico, puntuale pesce d’aprile il debutto di Giuseppe Conte come nuovo capo del MoVimento 5 Stelle annunciato per ieri, in collegamento Facebook con parlamentari, o portavoce, consiglieri regionali, comunali e d’ogni altro livello, simpatizzanti. No. Non è stato un pesce d’aprile. E’ stato solo un mezzo pesce d’aprile. Mezzo, perché il debutto c’è stato davvero sul piano fisico, per giunta con le modalità streaming sospese da un po’ di tempo dagli addetti ai lavori per timore di imprevisti.
Anche se a Marcello Sorgi sulla Stampa e a quelli del Fatto, con un bel titolo giallino in prima pagina, l’ex presidente del Consiglio è apparso vestito di verde -giusto per avvalorare l’edizione ecologica del movimento, che ha permesso a Grillo di portarlo, anzi di spingerlo nel governo di Mario Draghi, con tanto di Ministero nuovo per la transizione verde, appunto- e a me che ho visto le foto comparse su tutti i giornali mi è sembrato invece vestito del solito blu, o azzurro elettrico, a seconda della luminosità tipografica, Conte si è davvero presentato all’appuntamento serale. E stavolta con un modesto ritardo -solo mezz’ora- rispetto alle abitudini di quando lavorava a Palazzo Chigi e faceva notte.
Si è presentato avendo alle spalle una “solida libreria” certificata sul Corriere della Sera dall’esperto e simpatico Fabrizio Roncone, e ha parlato addirittura per un’ora raccogliendo centomila like e diecimila commenti in diretta, pensate un po’: roba da far tremare i polsi anche ad uno come il portavoce ora personale dell’avvocato, l’indimenticato Rocco Casalino. Che avrà già cominciato a giocare con i suoi algoritmi per prevedere in quanti voti o percentuali elettorali possa trasformarsi l’esordio telematico dell’ex presidente del Consiglio in altra veste.
In circa un’ora di discorso sul “mio”, “nuovo”, “rifondato”, “rigenerato” movimento consegnatogli da Beppe Grillo in casco d’astronauta a Roma davanti ai ruderi dei Fori imperiali, Conte ha speso una quantità enorme di parole. Cui egli ha attribuito – testuale – un grande “potere trasformativo”, esortando quindi gli amici a cominciare ad adoperarle anche loro con giudizio, o con minore sprovvedutezza e “aggressività” del solito, visti i danni che con uso avventato della lingua sono riusciti a procurarsi, pur al governo con lui, perdendo in poco più di due anni una metà, più o meno, dei voti raccolti nelle elezioni generali del 2018, secondo i sondaggi o i risultati delle elezioni via via affrontate a livello locale o per il Parlamento europeo, nel 2019.
Ma anche con l’uso più accorto delle parole, da buon professore di diritto e avvocato che è, sia pure civilista, che usa più scrivere che parlare, come tocca invece al penalista per colpire e convincere anche emotivamente la Corte dei giudici, Conte ha finito per scivolare pure lui e per regalarci il sia pur mezzo pesce di aprile accennato all’inizio. Egli ha detto, in particolare, che il movimento dovrà farsi rifondare, rigenerare e quant’altro da lui “senza rinnegare il passato”, testualmente. E’ qui che casca l’asino pur metaforico, a mio avviso, per carità, senza volerlo dare anche fisicamente a cotanto oratore. Per non andare troppo lontano da lui, che per un po’ ci ha governato insieme, Conte ha fatto come Matteo Salvini col suo ritrovato o scoperto europeismo senza rinnegare il passato, anche rinverdendolo ogni tanto con parole e incontri.