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Giorgetti

Vi racconto i grilli a 5 stelle di Conte non solo sulla Rai

Che cosa dice e minaccia Conte dopo le nomine Rai con il via libera di Palazzo Chigi

 

Mentre crescono le preoccupazioni per la ripresa della pandemia il presidente del MoVimento 5 Stelle, circondato dai fedelissimi in una sala del Senato, dichiara la guerra – come ironicamente gli attribuisce Il Foglio – non al Covid ma alla Rai. Il cui amministratore delegato Carlo Fuortes, forte del sostegno subito confermatogli dal presidente del Consiglio Mario Draghi, ha fatto alle 5 Stelle il torto di programmare, fra l’altro, la sostituzione alla direzione del Tg1 di Giuseppe Carboni, arrivatovi nel 2018 dopo avere seguito per il Tg2 la nascita e la crescita del movimento grillino, da Monica Maggioni. Che, francamente, senza stare lì a strumentalizzare – come giustamente ha osservato qualcuno – la cosiddetta questione di genere, apprezzandola come donna, non mi sembra proprio una giornalista fra le ultime d’Italia e le meno conosciute all’estero. Lo certifica il suo lungo servizio professionale di inviata anche di guerra prima di diventare presidente dell’azienda pubblica radiotelevisiva.

Niente da fare. La Maggioni meriterebbe di essere giudicata solo per la presunta o reale sua sintonia col commissario europeo ed ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, peraltro tra i candidati possibili, immaginari e quant’altro al Quirinale se diventasse più difficile un trasferimento di Draghi da Palazzo Chigi, col rischio che c’è di un aggravamento della pandemia e dei problemi conseguenti, e dovesse permanere l’indisponibilità di Sergio Mattarella ad una conferma. A favore della quale, peraltro, lo stesso Conte aveva dato l’impressione di avere lanciato un’astuta proposta. Che era – e sarebbe tuttora, se non fosse ritirata – di inserire fra i temi di un possibile vertice della maggioranza una riforma della Costituzione da realizzare nel tempo residuo di questa legislatura. In tale riforma potrebbe essere inserita la non rieleggibilità immediata del capo dello Stato e l’abolizione del cosiddetto semestre bianco, dallo stesso Mattarella auspicate di recente rifacendosi alle proposte dei predecessori Antonio Segni e Giovanni Leone.

Nella prospettiva di una riforma del genere, che renderebbe davvero ultima una sua eventuale conferma a termine, analoga a quella concessa nel 2013 a Giorgio Napolitano, il presidente uscente della Repubblica potrebbe ben accettare di farsene garante rimanendo al suo posto ancora per un po’, lasciando inalterati gli attuali equilibri di governo e passando il problema della sua successione al Parlamento da eleggere nel 2023, sicuramente più rappresentativo di quello attuale, e con una conseguente maggiore legittimità politica del nuovo capo dello Stato.

Il già ricordato Foglio ha riferito di un avvertimento lanciato lontano dai microfoni da Conte, nella sua dichiarazione di guerra alla Rai, consistente nella diserzione dei suoi canali da parte dei pentastellati, a favore evidentemente delle tv private. Egli avrebbe minacciato effetti anche sul Quirinale dalla sua svolta politica improvvisa. Si vedrà. Intanto il giornale notoriamente più sostenitore del nuovo capo dei grillini ha tradotto in un editoriale del direttore di Marco Travaglio il senso della protesta dell’ex presidente del Consiglio nella denuncia di un piano ordito dal Pd e dallo stesso Draghi, ma forse anche col consenso di Luigi Di Maio sotto le cinque stelle, per far fuori ciò che resta dei grillini dentro e fuori dalla Rai. E’ peraltro un’analisi speculare a quella fatta su Libero, ma con un certo compiacimento, da Alessandro Sallusti. Non è la prima volta, del resto, che i due estremi del giornalismo italiano d’opinione si tocchino, o si sovrappongano.

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