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Giorgetti

Vi racconto gli ultimi grilli di Beppe Grillo

Era circolata voce che Grillo fosse intervenuto su Conte per consigliargli di non irrigidirsi nella verifica della maggioranza. Evidentemente ha cambiato idea e ora, liquidando Renzi come un golpista, o una specie di Trump dei poveri, dà la sensazione di incoraggiare il presidente del Consiglio nell’uso del pallottoliere

Facciamo bene, per carità, a sorprenderci, indignarci e allarmarci, da amici ed alleati, per il colpo inferto alla democrazia americana con l’assalto dei “brigatisti” trumpiani al Congresso: un assalto per niente folcloristico, con una donna uccisa e la guardia nazionale chiamata a fronteggiare quella che il presidente entrante Joe Biden ha definito “insurrezione”. Della quale Trump personalmente può essere considerato responsabile per averla prima incoraggiata e poi compresa, ancora convinto che siano stati i brogli a negargli la rielezione.

Non dimentichiamo tuttavia la crisi della democrazia italiana, e non solo di quella ancora virtuale del secondo governo di Conte, il “Giuseppi” aiutato anche da Trump a rimanere a Palazzo Chigi dopo la rottura con la Lega di Matteo Salvini e l’intesa col Pd.

Giusto per aiutare il presidente del Consiglio a ricomporre la maggioranza giallorossa attorno a un “Recovery plan” fatto riscrivere dal Ministro dell’Economia per recepire le richieste degli alleati, definite dallo stesso Conte “utili contributi” all’uso dei fondi europei della ripresa, Beppe Grillo sul suo blog personale si è in qualche modo travestito da Cicerone. E ha paragonato Matteo Renzi a Lucio Sergio Catilina, che congiurò contro la Repubblica romana nel 63 avanti Cristo, chiedendogli fino a quando intende abusare della pazienza altrui.

Eppure era circolata voce che il comico fondatore e “garante” del Movimento 5 Stelle fosse intervenuto su Conte per consigliargli di non irrigidirsi nella verifica della maggioranza. Evidentemente ha cambiato idea e ora, liquidando Renzi come un golpista, o una specie di Trump dei poveri, dà la sensazione di incoraggiare il presidente del Consiglio nell’uso del pallottoliere, per contare i senatori “responsabili” delle opposizioni, cioè disponibili a sostituire nella maggioranza l’odiato gruppo di Renzi, o quel che ne rimarrebbe in caso di resa dei conti e di crisi.

Grillo, avvolto metaforicamente nelle tuniche dei senatori dell’antica Roma dipinti nel 1880 da Cesare Maccari in un affresco esposto in una sala di Palazzo Madama, non pensa minimamente che qualcuno possa chiedere anche a lui sino a quando pretende di abusare della pazienza altrui, e delle varie emergenze che accompagnano quella della pandemia virale. Egli impone da tempo le ragioni del suo tormentatissimo movimento, in crisi elettorale e identitaria, agli alleati e al governo paralizzandone praticamente l’azione. O confondendo la stabilità con l’immobilismo, come Renzi, il presunto Catilina dei nostri giorni, disse al Senato il 30 dicembre nella dichiarazione di voto pur favorevole al bilancio dello Stato sostanzialmente precluso alla discussione in un ramo del Parlamento destinato ormai a non toccare palla.

E’ un’espressione, quest’ultima, già usata dalla presidente in persona del Senato altre volte per lamentare l’abitudine, ormai, del governo di aggirare, anzi evadere il cosiddetto bicameralismo paritario rimasto nella Costituzione dopo la bocciatura referendaria di una riforma targata proprio Renzi. Che fu scambiato già allora per Catilina da un Grillo disinvoltamente schierato nella campagna del no con Silvio Berlusconi, Matteo Salvini, Giorgia Meloni a destra e Pier Luigi Bersani, Massimo D’Alema e Ciriaco De Mita a sinistra. La disinvoltura fu reciproca, ma non per questo scambiabile per coerenza.

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