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Giorgetti

Vi racconto gli ultimi giri sulla giostra del Colle

Che cosa bisbigliano i giornali su nomi e tattiche per l'elezione del capo dello Stato. I Graffi di Damato.

 

È la classica zappa sui piedi la rappresentazione cavernicola che sotto le cinque stelle fa il giornale di Marco Travaglio del “conclave” immaginato da Vauro Senesi per la scelta del presidente della Repubblica, con quei leader armati di bastoni per darsene di santa ragione: altro che i leader e leaderini proposti in altra parte della stessa prima pagina in abiti cardinalizi. Se la politica è ridotta a questo punto dopo quattro anni di una legislatura all’insegna della “centralità” grillina uscita dalle urne del 2018, si deve quanto meno ammettere che il bilancio è fallimentare.

I più confusi, disorientati e quant’altro sono proprio i grillini, che si agitano in quella tonnara che nelle loro mani è diventato il Parlamento, dove la paura delle elezioni anticipate prevale su ogni altra considerazione. Meglio morire dissanguati che senza acqua, dicono i tonni pentastellati. Che, dopo avere subito come un omicidio -parola sempre di Travaglio- la sostituzione di Giuseppe Conte con Mario Draghi a Palazzo Chigi, avvertono con terrore l’indebolimento del governo e cercano di rimediarvi votando nel segreto dell’urna a Montecitorio -senza che nessuno glielo ordinasse, né lo stesso Conte partecipando alle loro riunioni né Beppe Grillo dalla crociera giudiziaria col suo amico armatore Vincenzo Onorato- per la conferma di Sergio Mattarella al Quirinale. Essa congelerebbe tutto: le Camere e il governo del presunto abusivo Draghi.

Ha ben poco da scherzare, sempre sotto le cinque stelle, Travaglio scrivendo o facendo scrivere nella “cattiveria” quotidiana del suo giornale che sono aumentati “di poco” in tre giorni, da 16 a 125, i parlamentari che vogliono provare a rieleggere Mattarella “senza che se ne accorga”, anzi contro l’indisponibilità dell’interessato tante volte apprezzata e incoraggiata dal direttore in persona del Fatto Quotidiano. Il quale ad un certo punto esortò il presidente uscente a prendere a parolacce, in dialetto palermitano strettissimo, quanti lo applaudivano, per strada, in teatro, negli auditorium e nello stesso Quirinale, reclamando ill bis.

Le cose sembra che stiano cambiando anche sul Colle, dove corazzieri, autisti e commessi si stanno pure allenando alle cerimonie per l’arrivo di un nuovo presidente della Repubblica ma la quirinalista del Tg1 ieri sera, collegata con la sua direttrice, raccontava le reazioni del palazzo ai 125 voti appena destinati a Mattarella in termini per niente contrariati. Diceva solo che collaboratori e amici del presidente, ma forse anche lo stesso presidente, consideravano quei voti ancora troppo in libertà, non espressione cioè di orientamenti espliciti di partiti o gruppi parlamentari. Se questi dovessero invece sopraggiungere per le difficoltà di un accordo su un nuovo capo dello Stato, Mattarella non potrebbe sottrarsi a qualche ulteriore riflessione.

Intanto la giostra mediatica continua inseguendo di tutto: notizie, voci, sussurri, spezzoni di dichiarazioni, fantasie. Per La Stampa, ad esempio, “la sfida è fra Draghi e Casini”. Per il Riformista è invece tra “Mattarella e Casini”, per cui il direttore Piero Sansonetti si chiede se “rimoriremo democristiani”. Altri scommettono sulla presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, anche se il suo amico di partito ed ex presidente forzista dello stesso Senato Renato Schifani teme il fuoco amico, altri ancora sul quasi presidente, ormai, della Corte Costituzionale Giuliano Amato. Qualcuno infine punta sull’ex ministro e giudice emerito della Consulta Sabino Cassese, i cui 86 anni e mezzo meriterebbero qualche prudenza in più, per risparmiare all’interessato emozioni troppo rischiose.

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