Chissà quanto tempo impiegheranno i giornaloni ad aggiornare agende o lenti dei loro occhiali per accorgersi che la dialettica, diciamo così, all’interno della maggioranza di centrodestra è cambiata ormai dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi. Loro -sempre i giornaloni-continuano a vedere e a raccontare ai ferri più o meno corti Giorgia Meloni e Matteo Salvini, in ordine rigorosamente alfabetico: l’una in continua evoluzione moderata e l’altro deciso a toglierle i voti che può perdere su questa strada, e quindi a ridurre lo svantaggio così rapidamente e clamorosamente accumulato nelle urne rispetto al partito della premier.
Più o meno ai ferri corti sono invece arrivati, sempre in ordine alfabetico, Salvini e Antonio Tajani, il reggente di Forza Italia, nonché vice presidente del Consiglio, come l’altro, ma anche titolare del Ministero degli Esteri, più importante del dicastero delle Infrastrutture, o dei Trasporti, dove opera il capo del Carroccio.
Salvini sogna nel prossimo Parlamento una maggioranza di centrodestra comprensiva dei suoi amici francesi e tedeschi, colleghi di gruppo a Strasburgo. L’altro, pur negando di avere posto “veti”, come ha appena detto in una intervista al Corriere della Sera, invoca “il senso del realismo”, e la sua personale conoscenza degli umori a Strasburgo, per escludere che la destra francese di Marine Le Pen e l’omologa della Germania possano essere accettate in una maggioranza analoga a quella che nel 2017 gli consentì di approdare al vertice dell’Europarlamento: maggioranza composta dai popolari di natura democristiana, liberali e conservatori.
Al Corriere della Sera Tajani ha detto anche di più, senza riguardo neppure -credo-per i suoi rapporti personali con Salvini. Ha detto, in particolare, che i leghisti, se proprio ci tengono ad essere della partita, possono “aggiungersi”. Magari sperando in una buona parola dello stesso Tajani presso i popolari, che diffiderebbero di Salvini per quanto corteggiati, in particolare, dal ministro, anzi superministro leghista dell’Economia Giancarlo Gorgetti.
E Salvini? Gli ha indirettamente risposto reclamando, o aspettandosi, dai forzisti nei riguardi di Marine Le Pen la stessa generosità o lungimiranza praticate da Silvio Berlusconi una trentina d’anni fa sdoganando la destra italiana che si chiamava Movimento Sociale. D’altronde, anche se Salvini non è arrivato a dirlo esplicitamente, la destra francese che piace a lui è così poco estremista da essere estranea al fuoco divampato in Francia.
Bisogna ora vedere quanto terrà all’interno di Forza Italia, in mancanza di Berlusconi, la linea della durezza “realistica” di Tajani. O quanto sarà in grado di riprendere quota quella notoriamente molto filoleghista della capogruppo al Senato Licia Ronzulli ancora al suo posto.