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Vi dico com’è andato davvero l’incontro Trump-Mattarella. Parla il generale Jean

Ecco come cambieranno i rapporti fra Italia e Stati Uniti dopo l'incontro fra Trump e Mattarella. Lo spiega a Start il generale Carlo Jean che ha analizzato i dossier dazi, Turchia, Nato, F-35, Cina, 5G e Russiagate

 

Chi ha sfogliato i giornali oggi avrà constatato la varietà di letture ed interpretazioni dei colloqui avuti ieri a Washington dal nostro presidente della Repubblica Sergio Mattarella – accompagnato dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio – con Trump.

Divisa sul giudizio circa l’esito di questo bilaterale, la stampa italiana è stata tuttavia unanime nel mettere in rilievo la vistosa differenza, palesatasi in diretta tv, tra le personalità dei due presidenti. Il compunto docente di diritto parlamentare asceso al Quirinale a tu per tu con il ciclone trumpiano è stato senza dubbio uno spettacolo senza precedenti che ha tuttavia messo non poco in difficoltà Mattarella, letteralmente “asfaltato” dal suo collega su nodi cruciali come i dazi e le spese militari.

Non è però questa l’impressione che ne ha ricavato il generale Carlo Jean, che loda invece “l’aplomb” mantenuto da Mattarella al cospetto dell’esuberanza, se non del “bullismo” del suo ospite. Jean ci tiene a mantenere separato il piano della comunicazione da quello della sostanza dei nostri rapporti con gli Usa. Una sostanza che, a detta del generale, non può definirsi né dolce né amara, ma una via di mezzo dove le picconate per il nostro braccino corto sulle spese nella Difesa si accompagnano a gesti di disponibilità come l’aver graziato i nostri vini dalla lista dei beni europei penalizzati dai nuovi dazi Usa.

Allora generale, Trump ha asfaltato Mattarella ieri?

Beh, Trump è stato senz’altro esuberante ed aggressivo. Mentre il nostro presidente ha mantenuto egregiamente il suo aplomb. Che cosa poteva fare del resto? L’esuberanza di Trump mi è apparsa davvero fuori luogo, anche se rappresenta bene il temperamento di un individuo che abbiamo ormai imparato a conoscere. Di conseguenza, il fatto che Mattarella abbia conservato il suo aplomb davanti al bullismo del suo collega mi pare un fatto rilevante.

Sui punti concreti della discussione, ad esempio sui dazi, Trump è stato davvero rude.

Non poteva essere altrimenti. Certamente Trump non poteva mollare sui dazi, né poteva fare finta di niente degli accordi tra l’Italia e la Cina. Tutto sommato, Trump è stato abbastanza cortese da non insistere poi così tanto su questo punto davvero imbarazzante per il quale dobbiamo ringraziare la fantasia di Conte e Di Maio. Ad ogni buon conto, vorrei sottolineare che gli Usa, in merito alla questione dazi-Airbus, stanno avendo un occhio di riguardo per l’Italia, come dimostra il fatto che gli Usa hanno penalizzato i vini francesi ma non quelli italiani.

Trump ha espresso soddisfazione per il nostro impegno sugli F-35, salvo lanciarsi in una rampogna per le nostre spese militari ben al di sotto del tetto Nato del 2%.

Questo è un refrain che capita in tutte le riunioni bilaterali con gli Usa e la Nato, durante le quali gli americani ci accusano come sappiamo di mangiare a sbafo e, dunque, di non contribuire come dovremmo alla sicurezza comune.

Mattarella ha replicato rivendicando il contributo fondamentale dell’Italia alle missioni all’estero. Ma questo Trump lo comprende?

Penso che non gliene freghi nulla. Le missioni italiani sono infatti importanti come segnale diplomatico, ma dal punto di vista dei rapporti generali di forza le missioni italiane sono del tutto irrilevanti. O meglio, hanno una certa importanza da un punto di vista geopolitico mondiale in quanto quando marcano la nostra presenza politica in certi contesti. Ma da un punto di vista concreto, strategico, di rapporti di forza, Trump come tutti gli americani bada al sodo.

Rimanendo nel campo delle questioni militari, un tema che secondo alcuni osservatori era in agenda nei colloqui bilaterali era la Pesco e, in particolare, la preoccupazione Usa per una possibile esclusione dei campioni americani della Difesa dagli appalti Ue. Come pensa sia stato affrontato l’argomento nei colloqui riservati?

Penso che Trump abbia salutato con gioia la bocciatura della candidata commissaria francese, Sylvie Goulard, perché sicuramente avrebbe fatto gli interessi della Francia che cerca di escludere il più possibile gli Usa dal mercato degli armamenti europei. Noi invece siamo molto più dipendenti dagli Usa per la nostra sicurezza, abbiamo legami in un certo senso inestricabili con gli americani, specialmente nell’industria aerospaziale, dove opera Leonardo. Se gli Usa ci facessero un embargo delle tecnologie, sarebbe proprio Leonardo a subire i danni peggiori.

La distanza con gli Usa resta però siderale sulla Turchia, con Mattarella che ieri ha di fatto ribadito la condanna italiana dell’operazione di Erdogan e Trump che ha invece sottolineato che i curdi “non sono degli angeli”. 

Su questo Trump ha perfettamente ragione. Non possiamo dimenticare che l’YPG, i curdi siriani, ha ospitato Ocalan e il comando militare del Pkk, quello che ha fatto e continua a fare morti in Turchia, ben 40 mila. Questa storia è andata avanti fino a che, circa vent’anni fa, la Turchia ha minacciato di invadere la Siria e allora Damasco ha espulso Ocalan. A tal proposito, tutti ricordiamo che un politico italiano – mi pare si chiamasse Raul Mantovani – andò a prendere Ocalan e lo portò in Italia, causando uno scontro con la Turchia a danno del migliaio circa di imprese italiane che operano in Turchia.

Venendo ad un altro nodo dei rapporti Usa-Italia, quello di Huawei, un giornalista ieri durante la conferenza stampa congiunta a chiesto a Trump se fosse soddisfatto delle rassicurazioni fornite dall’Italia sulle minacce al 5G, e Trump ha risposto con un sì convinto.

Si vede che le istituzioni italiane hanno davvero offerto delle rassicurazioni sul fatto che Huawei non entrerà nei circuiti governativi italiani, e che di conseguenza il nostro Paese rimarrà affidabile dal punto di vista della tutela dei segreti militari.

Questione chiusa dunque?

Niente affatto. Non sappiamo infatti ancora cosa salterà fuori dal famoso Memorandum con la Cina. Gli Stati Uniti non si fidano anche perché noi siamo abbastanza abituati a barare.

Un tema che sarà senz’altro stato discusso a porte chiuse riguarda il cosiddetto “Spygate”, che come sappiamo ha portato il Procuratore Generale Usa Barr per ben due volte in Italia a interloquire con i vertici dei nostri servizi. Lei ci crede alla teoria secondo cui la nostra intelligence ha collaborato con quella Usa in una gigantesca macchinazione, di cui il famoso prof. Mifsud della Link University sarebbe stato lo strumento, ai danni del candidato Trump?

Non ci credo perché i servizi italiani sono molto più professionali e di conseguenza si guardano bene dal ficcare il naso nella politica interna degli Stati. L’unica cosa che posso dire qui è che intravedo dei guai per il nostro governo in caso di vittoria alle presidenziali dell’anno prossimo di un candidato democratico. Che ci farà neri per quello che Conte ha fatto con Barr.

In conclusione, lei che ha visto evolversi l’Alleanza Atlantica lungo una parte significativa del suo arco di vita, come giudicherebbe il suo attuale stato di salute? C’è chi ne ha già celebrato il funerale.

Io dico invece che la Nato sta mostrando una tenuta incredibile. Lo dimostra la presenza di forze europee, tra cui italiane, nell’Europa centro-orientale e baltica.

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