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Perché non possiamo ignorare le intese tra Cina, India e Russia

L'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (Sco) è un minestrone di colossi e medie potenze e difficilmente si trasformerà in una sorta di Unione asiatica: le offerte della Cina, però, sono allettanti per l'Asia e non solo

A Tianjin la Cina ha apparecchiato il gran tavolo della diplomazia asiatica, il vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (Sco). La regia è stata di Xi Jinping, con Vladimir Putin e Narendra Modi attori protagonisti e una serie di comprimari di tutto rispetto, da Erdogan in giù.

Il vertice aveva un obiettivo dichiarato, quello di accelerare la convergenza di paesi normalmente non schierati e condurli ad una idea cosiddetta multipolare, riducendo la dipendenza dalla sfera di influenza occidentale.

Ne sono scaturiti contenuti concreti. Xi Jinping ha rilanciato l’idea di una banca di sviluppo della Sco, uno strumento finanziario che servirebbe a cucire assieme progetti e fedeltà, oltre che a finanziare corridoi logistici e industriali.

Ora il testimone della presidenza è passato al Kirghizistan per il 2026, con un titolo programmatico che parla da sé: “25 anni di Sco: insieme per un mondo stabile, sviluppo e prosperità”. Il mondo diventa la proiezione della Sco e dunque della Cina, una Cina molto abile nell’orchestrare nel lungo termine.

India e Cina restano rivali, troppa è la distanza su tanti temi, anche storici. Però l’incontro tra Modi e Xi è stato cordiale, tra photo-opportunity e scambio di carinerie. Mentre Washington con le sanzioni al petrolio russo e i super-dazi all’India cementa una alleanza a tre, dal vertice Sco arrivano impegni ad un maggiore coordinamento economico e messaggi comuni contro le sanzioni.

La Sco rappresenta circa il 43% della popolazione mondiale e quasi un quarto dell’economia globale a prezzi correnti, dunque non si può ignorare quanto accaduto a Tientsin.

La Sco è un minestrone di colossi e medie potenze: la Cina ha un PIL intorno a 18,75 trilioni di dollari, l’India sui 3,91 trilioni, la Russia oltre i 2,1 trilioni. A seguire, economie come Iran (circa 437 miliardi, meno della Lombardia) e Pakistan (circa 373 miliardi). Paesi molto popolosi ma con una economia debole.

Che una maggiore integrazione economica porti benefici non è detto, perché molto dipenderà da come sarà fatta. L’Unione europea è un esempio di integrazione sbagliata. Ma certamente vi è un tema che si impone, ossia quello delle materie prime. La scomposizione e ricomposizione delle catene di fornitura — spinta dai legami sino-russi, dalle pressioni di Washington d dalla ricerca di vie alternative a sanzioni e dazi — sta ridisegnando i flussi di energia e metalli.

I contratti petroliferi si consolidano verso est, i materiali critici inseguono il consolidamento asiatico, persino l’agricoltura ne risente.

Non stupisce, quindi, che l’indice Bloomberg Commodity stia guadagnando quota e in questo inizio di settembre stia intorno a 103 punti, +2% circa nell’ultimo mese, e oltre +6% sull’ultimo dato di dicembre 2024. Due fornitori sistemici come Cina e Russia spostano il baricentro delle transazioni e i prezzi cominciano ad adeguarsi. La domanda occidentale deve prepararsi a periodi non facili, avendo perso nel tempo la capacità di influenzare l’offerta. Che sia per ignavia, ignoranza o volgare etnocentrismo, il danno è fatto. Ad un uso strategico della leva industriale l’Occidente non è preparato.

Per troppo tempo si è utilizzato l’Est come un docile fornitore di quanto necessitava all‘Ovest industrializzato. Quei tempi sono finiti. Se la Sco consolida strumenti dedicati, i meccanismi interni all’Asia si normalizzano e l’Occidente perde presa.

Sarà vera gloria? Che la Sco possa diventare davvero una specie di Unione asiatica nessuno lo crede, al momento. La coalizione è un mosaico di interessi e rivalità, ma il catalizzatore cinese funziona perché non pretende di mettere la casacca rossa a nessuno. Alletta con infrastrutture, credito e una graduale assunzione di centralità nella definizione delle regole. È un’offerta che molti in Asia trovano difficile rifiutare.

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