Per due giorni Berlino torna al centro della diplomazia internazionale, con l’arrivo del leader ucraino Volodymyr Zelensky e dell’inviato Usa Steve Witkoff per un vertice decisivo sulla crisi bellica con la Russia. Cosa ne pensino i media tedeschi della squadra americana, lo scrive senza tanti preamboli la Bild, che ironizza sul fatto che con Witkoff anche i russi siano seppur indirettamente presenti al tavolo berlinese. Il cancelliere Friedrich Merz si dice però ottimista circa la possibilità di raggiungere accordi concreti sul cessate il fuoco, contento per ora di far rivivere alla capitale un po’ di quel glamour internazionale vissuto ai tempi di Merkel, quando la Germania era una pedina irrinunciabile per ogni soluzione. Ma Washington ha fretta e punta a siglare un’intesa entro le festività natalizie.
Le delegazioni internazionali hanno cominciato a confluire nella capitale tedesca già dalla mattinata di domenica, proprio con l’arrivo di Witkoff e del consigliere Jared Kushner, genero di Donald Trump. La presenza americana non era comunque scontata ed evidenzia la determinazione di Washington nel facilitare una soluzione diplomatica. Germania, Francia e Regno Unito hanno coordinato gli sforzi negoziali dal fronte europeo, configurando un’architettura diplomatica complessa che esclude tuttavia la partecipazione diretta di Mosca ai colloqui berlinesi. Battute della Bild a parte.
PROGRESSI E NODI IRRISOLTI NELLE TRATTATIVE
Fonti della stampa statunitense, rilanciate da quella tedesca, indicano sostanziali avanzamenti su numerosi aspetti delle negoziazioni. Gli osservatori americani ritengono che l’unico ostacolo significativo rimanga la questione delle modifiche territoriali, mentre gli altri punti del negoziato avrebbero trovato ampio consenso. Storicamente, Kiev ha sempre respinto categoricamente qualsiasi ipotesi di rinuncia a porzioni del proprio territorio nazionale.
Il programma del vertice prevede per questa mattina (lunedì 15 dicembre) un incontro economico dedicato alla ricostruzione post-bellica dell’Ucraina, seguito in serata dall’arrivo di ulteriori leader europei tra cui il presidente francese Emmanuel Macron, il primo ministro britannico Keir Starmer e i massimi rappresentanti delle istituzioni europee e atlantiche.
LA POSIZIONE DI KIEV SU CONFINI E GARANZIE
Alla vigilia, i protagonisti hanno gettato sul tavolo alcune carte. Prima della partenza per Berlino, Zelenskyj ha ribadito con fermezza che l’integrità territoriale resta “non negoziabile” fino al ritiro completo delle forze russe. Il presidente ucraino ha espresso perplessità rispetto a una proposta americana che implicherebbe il congelamento delle posizioni militari attuali accompagnato dal ritiro delle truppe ucraine da determinate aree orientali, giudicando tale compromesso “iniquo”.
Contestualmente, il leader di Kiev ha manifestato apertura verso soluzioni alternative, dichiarando “accettabile” un sistema di garanzie di sicurezza fornito da Stati Uniti ed Europa in sostituzione dell’ingresso nell’Alleanza Atlantica. Zelenskyj considera equo un armistizio basato sulle attuali linee di confronto, pur riconoscendo la delicatezza irrisolta della dimensione territoriale. Il presidente ha inoltre ribadito che “solamente attraverso una consultazione referendaria il popolo ucraino può esprimersi su eventuali modifiche dei confini nazionali”, principio sostenuto dalle cancellerie europee.
LE PROPOSTE IN CAMPO
Sul tavolo negoziale di Berlino figurano molteplici documenti. Il quadro di riferimento principale consiste in un piano articolato in venti punti elaborato dall’Ucraina con il supporto europeo, che contrasta le rivendicazioni territoriali russe contenute in un piano americano di ventotto punti. Secondo funzionari statunitensi, l’ipotesi attuale prevede la conclusione del conflitto con Kiev che mantiene sovranità sull’80 percento del territorio, beneficiando di robuste garanzie di sicurezza e di un consistente pacchetto di aiuti economici.
Un elemento innovativo emerso giovedì scorso riguarda la proposta americana di istituire una zona militarmente neutrale nel Donbass. Le porzioni non ancora occupate di questa regione dovrebbero trasformarsi in “zona economica speciale”, con ritiro delle truppe ucraine e impegno russo a non avanzare, creando di fatto un’area smilitarizzata. Kiev ha tuttavia sollevato riserve sullo status giuridico di tale zona.
Le consultazioni più recenti indicano la possibilità per l’Ucraina di ottenere garanzie di sicurezza paragonabili alla clausola di difesa collettiva dell’articolo 5 del Patto Atlantico, con Stati Uniti e nazioni europee (di fatto la Nato) come garanti. Nella versione aggiornata del piano americano, Kiev insiste inoltre per mantenere forze armate di ottocentomila effettivi, respingendo il limite di seicentomila inizialmente proposto da Washington.
La Neue Zürcher Zeitung riprende un’indiscrezione del Financial Times, secondo la quale circolerebbe un’ipotesi controversa e non confermata che prevede l’adesione ucraina all’Unione Europea già nel 2027, con conseguente revisione dei criteri di accesso comunitari. Tale scenario presenta numerose incognite, aggravate da recenti scandali di corruzione che coinvolgono collaboratori stretti di Zelensky, ma è stato rilanciato di recente dalla stessa commissaria europea all’Allargamento Marta Kos.
LE OBIEZIONI DI MOSCA
L’interrogativo maggiore rimane l’atteggiamento di Mosca. Il consigliere diplomatico di Putin, Yuri Ushakov, ha giudicato “scarsamente costruttivi” gli apporti ucraini ed europei al processo negoziale e ha detto di “non attendersi niente di buono” dal tavolo berlinese, preannunciando una ferma opposizione russa qualora le proposte di Kiev e Bruxelles vengano incorporate nell’accordo finale. Le obiezioni del Cremlino riguarderebbero molteplici aspetti che vanno ben oltre la questione territoriale. Ma per oggi la parola resta ancora alla diplomazia, mentre sul terreno continuano i combattimenti.






