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Patrizio Bianchi

Vi racconto il caos nella scuola sui vaccini

Cosa vuole il sindacato rispetto alle vaccinazioni anti-Covid tra i docenti? Il post dii Mario Seminerio

Da qualche tempo, l’Italia è avvolta in un fitto mistero: cosa vuole, esattamente, il sindacato rispetto alle vaccinazioni anti-Covid nei luoghi di lavoro? La posizione ufficiale è nota, e l’ha espressa più volte il leader della Cgil, Maurizio Landini: una legge sull’obbligo per categorie professionali e nei luoghi di lavoro. Posizione che contrasta con quella storica del sindacato: niente leggi, meglio contrattazione tra parti sociali. Si dirà che una pandemia è circostanza sufficientemente eccezionale per derogare alla tradizione. Ma c’è altro.

Sull’obbligo vaccinale per categorie “frontali” di lavoratori, il sindacato non si è ovviamente opposto a quello per il personale sanitario. E ci mancava solo quello. Ben diversa appare la situazione per un’altra categoria di “frontali”, i docenti.

IL PROTOCOLLO DI FERRAGOSTO

Qui siamo arrivati, la vigilia di Ferragosto, alla firma di un protocollo tra ministero e sindacati sulla sicurezza nelle scuole. Per lunghe ore non è stato chiaro quali fossero i termini dell’accordo. O forse lo è stato anche troppo, nel senso che tutti avevamo compreso che i docenti non vaccinati avrebbero avuto diritto a tamponi gratuiti, e che i relativi pesanti oneri finanziari sarebbero stati posti a carico dei bilanci degli istituti.

Anche così, la vicenda continuava a non essere chiara. I “bilanci degli istituti” andavano intesi come inclusivi dei fondi richiesti alle famiglie per supplire a esigenze primarie, come la carta igienica? Oppure si pensava a erogazioni a carico dei contribuenti per permettere tamponamenti ogni 48 ore al personale non vaccinato, una prassi che avrebbe finito col diventare una sorta di tortura di moderno medioevo?

Nel frattempo, l’Associazione nazionale presidi faceva sapere di essere risolutamente contraria all’ipotesi di gratuità dei tamponi e, dopo vibrate proteste sui social, il ministero se ne usciva con una nota che non chiariva alcunché ma pareva escludere i tamponi gratuiti ad libitum (scusate la battuta) dei non vaccinati, riportando la gratuità all’ambito dei tamponi diagnostici per “dare supporto ai più fragili, ovvero a chi non può vaccinarsi per particolari motivazioni che saranno ulteriormente indicate”

Quest’ultima frase è un capolavoro di ambiguità italiana: si mette la categoria “sacrosanta”, e dietro di essa le integrazioni e deroghe; così indeterminate che ci passerebbe un Airbus A380 di traverso.

CONTRORDINE, MINISTRO

Difficile sfuggire al sospetto che il ministero guidato da Patrizio Bianchi abbia fatto retromarcia, come commenta (e, soprattutto, analizza) Vitalba Azzollini, che demolisce a colpi di logica la retorica del protocollo:

[…] non regge la spiegazione secondo cui i tamponi sarebbero gratuiti esclusivamente per «chi non può vaccinarsi», e quindi dovrebbe farsi carico di un tampone ogni 48 ore: le persone che non possono vaccinarsi per motivi di salute sono state esentate dall’obbligo di “green pass”, quindi anche dall’obbligo di tampone, con il decreto-legge di fine luglio, ed è prevista la presentazione di un apposito certificato medico (d.l. n. 105, art. 3, c. 3 e circolare del ministero della Salute n. 35309 del 4 agosto scorso). Se, invece, ci si intendeva riferire solo a un generico controllo gratuito per i fragili non-vaccinati, non si comprende l’enfasi data nel protocollo allo stanziamento di risorse, considerato che si tratta di casi limitati.

TIMORE DELLA CONCORRENZA?

Resta il punto: perché usare questo pseudo nudge goffo e sgraziato, il green pass, invece dell’obbligo vaccinale per categoria professionale? Azzardiamo: forse perché il sindacato è terrorizzato che possa scoppiare una rivolta tra i propri iscritti e di perderne molti, magari a vantaggio di qualche sigla “di base” e “libertaria”? Ah, saperlo.

E non scordiamo l’altra formidabile sponda all’inazione: ogni obbligo vaccinale imposto alle professioni della scuola avrebbe trainato automaticamente con sé quello per gli studenti, dai 12 anni in su. Un vero alveare imbottito di esplosivo.

Serve un “ah, saperlo” anche riguardo ai luoghi di lavoro, dove la Triplice si è messa di traverso alla via maestra della concertazione tra parti sociali, invocando invece l’obbligo di legge. Anche qui, perché? Per timore di fughe in avanti dei datori di lavoro, che mirano (secondo il non troppo sottinteso) a sfoltire gli organici a colpi di provvedimenti disciplinari?

OBBLIGO NON SANZIONABILE

L’ossessione per questa minaccia datoriale, vera o immaginaria che sia, porta Landini a fare a botte con la logica:

Non penso che un aggiornamento dei Protocolli possa sostituirsi ad un provvedimento legislativo. Aggiungo, qualora il Governo dovesse valutare di predisporre una norma in questo senso, non dovrà prevedere provvedimenti che comprendano né demansionamenti, né riduzione del salario, né tanto meno licenziamenti, questioni che non hanno nulla a che vedere con la salute e la sicurezza sul lavoro.

Se si mette un obbligo di legge, che fare con quelli che tale obbligo decidono di violare, senza averne giustificazione come potrebbe essere quella sanitaria? Siamo in Italia, gli obblighi non sanzionabili ci entusiasmano. Non servono sanzioni per condotte che deliberatamente creano rischi per salute e sicurezza sul luogo di lavoro? Davvero, Landini? O forse lei immagina una speciale cig per i no-vax, da incardinare nell’ambito della riforma degli ammortizzatori sociali, che già non promette benissimo di suo?

E comunque, fatemi dire che sono impressionato, detto senza ironia alcuna, per questo sindacato colto dal timore di non riuscire a co-governare un protocollo concordato coi datori di lavoro. Siamo davvero a questo livello di insicurezza esistenziale? Se così, i tesserati hanno motivo di non lieve preoccupazione e i leader della Triplice devono spiegare di cosa hanno davvero paura.

Si dirà che, in sanità, il sindacato non si è opposto all’obbligo vaccinale. Ripeto: avrei voluto vedere pure quello. Forse i numeri degli “obiettori” erano e sono molto contenuti, rispetto ad altri settori. E di certo qui sarebbe stato proibitivo, anche per sigle sindacali “sportive”, argomentare contro l’obbligo vaccinale.

ALL’ANGOLO

Sorge poi il sospetto che per il lavoro privato il sindacato invochi una legge contando sul fatto che la medesima mai vedrà la luce, in un governo di grandissima accozzaglia coalizione come l’attuale. Ricordiamolo: questo è il sindacato che – giustamente – minaccia sfracelli se la politica dovesse inventarsi una legge sul salario minimo. Al punto che il tema è uscito dai radar, al netto delle iniziative di marketing politico di alcuni.

Restano, quindi, i sospetti che il sindacato “istituzionale”, cioè la Triplice, tema di essere messo all’angolo sia dalla concorrenza di altre sigle, che strizzano l’occhio ai no-vax e boh-vax, sia da parte delle imprese, che potrebbero utilizzare la pandemia come cavallo di Troia per dare una spallata all’attuale sistema di relazioni industriali. Non chiedetemi come: ho già le mie, di paranoie, senza bisogno di andare a mettermi in testa quelle degli altri.

L’insieme continua a non essere un bel vedere. Ma vale quello che tutti sappiamo: al momento, il quadro epidemiologico è ancora tale da permetterci di cantare sui tetti e difendere i nostri orticelli. Sperando che la variante Delta non venga sostituita da altra, più maligna, a fischiare la fine della ricreazione.

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