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Wto

Vaccini, la guerra sui brevetti

Vaccini e brevetti: fatti, posizioni e divergenze.

 

La produzione di vaccini, e la loro distribuzione, si sta trasformando in una disputa tra il diritto alla tutela della proprietà intellettuale e il diritto alla salute. Al momento a spuntarla è la linea rigida della WTO che si è schierata a favore dei brevetti. Però è in atto un movimento che coinvolge Stati (India e Sudafrica in testa), ONG e società civile che sta provando a scardinare uno dei pilastri su cui si regge il commercio mondiale. 

Chi è la direttrice del WTO

Ngozi Okonjo-Iweala, ex ministra delle Finanze della Nigeria e già numero due della Banca Mondiale, ha assunto l’incarico di direttrice della WTO lo scorso 1° marzo 2021. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha sostenuto la sua candidatura permettendo di superare lo stallo posto dal veto di Donald Trump, che ne aveva bloccato la nomina sostenendo, invece, Yoo Myung-hee, attuale ministra del Commercio della Corea del Sud. La direttrice del WTO da anni da anni presiede la Gavi, l’organizzazione internazionale che garantisce accesso e distribuzione dei vaccini nei paesi in via di sviluppo.  Ngozi Okonjo-Iweala, all’atto della sua nomina al vertice del WTO, aveva messo in chiaro la necessità di garantire a tutti l’accesso ai vaccini e alle cure contro il Covid.

Il dialogo con le Big Pharma: la scelta della WTO

La direttrice della Wto, tra difesa dei brevetti e liberalizzazione, ha scelto una sorta di “terza via” del dialogo con le aziende: “Preservare la proprietà intellettuale ma favorire accordi con le aziende per aumentare la produzione”. Sette paesi – Canada, Australia, Nuova Zelanda, Norvegia, Turchia, Cile e Colombia – con il sostegno informale degli USA, hanno chiesto a Okonjo-Iweala di avviare “direct talks”, dialoghi diretti, con Big Pharma, al fine di facilitare e promuovere partnership. La terza via della Wto è simile all’accordo tra Sanofi e Pfizer, in sostanza un’intesa di coproduzione tra l’azienda che detiene il brevetto e una azienda a cui viene appaltata la produzione, trattando, chiaramente, alle condizioni della detentrice del brevetto. Un indizio per capire l’orientamento della direttrice della Wto è nel fatto che a marzo ha discusso di filiera produttiva globale dei vaccini con i rappresentanti dell’industria farmaceutica, come la International federation of pharmaceutical manufacturers and associations (Ifpma), di cui fanno parte le big dei vaccini come Pfizer, Johnson&Johnson e AstraZeneca, ma pure Novartis, Sanofi, Bayer, Roche e così via.

La lettera delle ONG

Più di 200 organizzazioni della società civile hanno inviato una lunga lettera alla direttrice della WTO in cui chiedono di rendere il vaccino un bene comune globale. Le 243 NGO, tra le quali Amnesty International, Oxfam, Médecins sans frontières e Fairwatch, temono che le logiche commerciali con cui viene trattata la compravendita dei vaccini possa mettere a repentaglio la vita di milioni di persone dei paesi più poveri. “Le forniture globali di vaccini – si legge nella lettera – non possono finire relegate alla mercè degli interessi puramente commerciali o del diritto esclusivo delle aziende farmaceutiche di trattenere nelle loro mani la tecnologia. La posta in gioco è troppo alta”.

Le preoccupazione delle ONG 

Le organizzazioni della società civile si dicono preoccupate perché gli accordi bilaterali sarebbero industry-controlled, lasciando alle aziende la scelta se accordarsi o meno, e a quali condizioni. “La “terza via” di cui lei parla – scrivono le ong alla direttrice della Wto – ancora una volta si regge sulla volontà delle aziende». Uno dei nodi più critici è che le aziende hanno beneficiato di ampie fette di denaro pubblico per fare ricerca e sviluppo, e ne riceveranno ancora altro per l’acquisto delle fiale. Il rischio, denunciano Oxfam ed Emergency, è che con l’attuale ritmo di produzione di vaccini, la maggior parte delle nazioni povere dovrà aspettare il 2024 per immunizzare la propria popolazione.

L’appello dei Premi Nobel e degli ex capi di Stato

Più di 170 tra Premi Nobel ed ex capi di Stato e di Governo hanno firmato e inviato una lettera aperta al presidente degli Stati Uniti Joe Biden per sostenere la proposta di sospendere i diritti di proprietà intellettuale delle case farmaceutiche sui vaccini contro il Covid-19. Tra i primi firmatari ci sono il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz, quello per la pace Michail Gorbaciov, gli ex presidenti del consiglio Romano Prodi e Mario Monti, l’ex premier britannico Gordon Brown, l’ex Presidente della Francia François Hollande, l’ex premier spagnolo José Zapatero. L’iniziativa è coordinata dalla People’s Vaccine Alliance (Pva). “Affinché – si legge nella lettera – sia messa in campo tutta l’influenza che gli Stati Uniti possono esercitare a livello globale per sospendere temporaneamente la proprietà intellettuale dell’industria farmaceutica, dando un impulso alla produzione di vaccini che rimangono carenti in tutto il mondo, soprattutto nei paesi in via di sviluppo».

I 118 paesi contro il dogma dei brevetti

Il 2 ottobre 2020 India e Sudafrica hanno chiesto all’Organizzazione mondiale del commercio una sospensione della protezione della proprietà intellettuale. Ora sono 118 i paesi che appoggiano la proposta di India e Sudafrica mentre sette paesi, USA, la Unione Europa, Svizzera, Canada, Brasile, Giappone e Australia hanno chiesto alla Wto di dialogare con Big Pharma. La direttrice Okonjo-Iweala ha optato per gli incontri con Big Pharma.

Albert Bourla (Ceo Pfizer): “Il vaccino diventerà bene pubblico”

Chi sembra dormire sonni tranquilli è Albert Bourla, presidente e Ceo di Pfizer. “Non sono preoccupato. Il vaccino diventerà un bene pubblico globale perché avremo prodotto abbastanza dosi. C’è sempre un po’ di retorica – dice in un’intervista al Corriere della Sera -. Ma non è vero che i diritti di proprietà intellettuale ostacolano la produzione. L’intralcio è che ci siamo mossi alla velocità della luce. Non c’era nulla, abbiamo dovuto iniziare da zero, accettando il rischio di fallimento. È stato un miracolo”. 

Roberto Rustichelli: “È possibile fare uso del brevetto senza l’autorizzazione del titolare”

La questione è molto sentita anche in Italia. “Dobbiamo, in particolare, chiederci se sia sostenibile, socialmente ed eticamente, che l’accesso a prodotti fondamentali per la salute trovi un limite nell’esistenza di un brevetto, nonché se sia accettabile che poche grandi multinazionali farmaceutiche possano autonomamente decidere quanto produrre e a chi vendere”. A dirlo è Roberto Rustichelli, presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nel corso nel webinar “Concorrenza e diritti di privativa industriale nel prisma della sostenibilità” organizzato dal Centromarca. La “sospensione temporanea della validità dei brevetti” non sembra più una bestemmia. E anche la questione della extraterritorialità delle aziende da espropriare potrebbe essere risolta ricorrendo all’articolo 31 dell’accordo TRIPS (Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale) firmato a Marrakesh nel 1994. “Tale norma consente agli Stati, in caso di emergenza nazionale, di fare uso del brevetto senza la preventiva autorizzazione del titolare – conclude Rustichelli -, con la conseguenza che esiste già oggi nel nostro ordinamento la giuridica possibilità di produrre i vaccini, garantendo non solo l’interesse supremo della salute pubblica, ma anche l’uguaglianza nell’accesso ai vaccini previsto dall’articolo 3 della Costituzione”. 

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