Il nuovo decreto presidenziale, annunziato ieri sera con le consuete modalità orarie del prime time e con stesse artate rivendicazioni propagandistiche della maledetta primavera 2020, conferma che questo premier, nonché il governo da lui presieduto e la pseudo-maggioranza che lo sostiene, siano, per il nostro Paese, una vera iattura, un disgraziato incidente del destino, in un momento drammatico della sua storia civile ed economica. L’undicesimo decreto presidenziale della lunga serie, che, purtroppo, non sarà nemmeno l’ultimo, ripete ed aggrava, come un incubo che ritorna, gli stessi fatali errori della prima fase pandemica, dominata dall’anarchia istituzionale, dalla mancanza di coordinamento, dal rovesciamento delle decisioni sulle regioni e sui sindaci, in breve, dal non-governo della situazione. Nessun cambio di strategia, perché manca oggi, come agli inizi, uno “straccio” di strategia! Si naviga a vista, alla mercé degli eventi e dei marosi.
Tra l’altro, nessuna assunzione di responsabilità politica, come se quanto accade fosse affare d’altri! Per cui, questo decreto, frutto di un’altra estenuante mediazione tra ministri, tecnici, regioni e lobby di potere, che pretende pomposamente di bilanciare le misure del contenimento epidemico senza interrompere (sic!) la ripresa economica, non conseguirá l’uno, né l’altro risultato. Il “marcio politico” di siffatto mediazionismo devastante deriva dalla natura originaria di questa figura presidenziale e di questa maggioranza parlamentare, con il risultato di un altro provvedimento, che non coinvolge, nei contenuti, le opposizioni, depriva il Parlamento del suo ruolo, istituzionale e costituzionale, e rinnova l’inconcludente stillicidio di decisioni confuse e tuttora non risolutive, che rinviano sempre ad altre future decisioni. Tutto il contrario di un governo dell’emergenza sanitaria ed economica! A chi giova questa prevedibile agonia? Soltanto alla sopravvivenza del governo stesso, non certo alle famiglie e alle imprese italiane, specie quelle micro, piccole e medie, che restano con l’acqua alla gola, costrette ormai ad abbandonare il campo, nonostante le mirabolanti promesse della nuova manovra finanziaria dei cosiddetti interventi mirati, dopo quelli a pioggia, risultati del tutto fallimentari.
Il momento clou dell’ennesima esibizione televisiva del premier, che passerà alla storia politico-istituzionale, riguarda le motivazioni addotte per il definitivo respingimento del Mes, dopo le dichiarazioni tentennanti e possibilistiche delle scorse settimane. Motivazioni, a ben vedere, che non solo costituiscono un affronto al Pd, ma sono oggettivamente gravi e avventate, alla luce anche delle difficoltà in atto, in sede europea, per l’applicazione, nonché le modalità e i tempi di erogazione, delle risorse del Recovery fund, anch’esse in parte rilevante dei prestiti. Conte e il M5S si preoccupano ora che i prestiti del Mes possano portare fuori controllo il debito pubblico? Preoccupazione che sarebbe lodevole, senonché questo governo ha portato il debito già a quota 160 del Pil e non sembra minimamente preoccuparsi, neanche nel Nadef, della ricaduta drammatica che avranno, sulle finanze pubbliche, le garanzie che lo Stato dovrà fronteggiare, in futuro, per i prestiti concessi alle imprese, con i precedenti decreti economici, prestiti non onorati da molte imprese, perché costrette a portare i libri in tribunale. Non è bastata la lezione del 2012/2013? Presto Unimpresa pubblicherà delle simulazioni statistiche, preparare dal Centro studi, sull’entità finanziaria di queste ricadute, che certo non saranno inferiori al 10%. E ci si renderà così conto di quale ereditá dannosa, anche in termini di debito pubblico, questo governo lascerà ai futuri governi, ai cittadini e alle imprese italiane.