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Londra

Uk, così la variante Delta (indiana) turba riapertura e Johnson

L'articolo di Daniele Meloni

Il 21 giugno il Regno Unito dovrebbe togliere tutte le restrizioni alle libertà individuali iniziate nel marzo 2020 con la crisi del Covid. Il percorso sembrava segnato: piano di vaccinazioni tra i più efficaci in Occidente e 4 fasi di alleviamento delle misure per arrivare alla fatidica data. Tutto ciò, negli intenti del governo Tory, se i dati su contagi, ospedalizzazioni e diffusione del coronavirus lo avrebbero consentito. Ed è proprio questo il punto.

Il premier Johnson ieri ha affermato che “tutti stanno vedendo che gli ingressi in ospedale sono aumentati di recente” a causa della diffusione della variante Delta, fino a poco fa conosciuta come la “variante indiana”. Con 7,540 positivi la giornata di ieri ha visto il più alto numero di contagi dalla fine di febbraio. Solo una settimana fa i casi erano poco più di 4mila, mentre le ospedalizzazioni sono salite a 1,024, registrando un +69 che preoccupa Johnson e i suoi ministri: il governo deve decidere entro il 14 giugno se confermare la fine del lockdown o estendere nuovamente le misure.

Naturalmente, le considerazioni di tipo sanitario non possono prescindere da quelle politiche. Johnson è stato il protagonista della campagna vaccinale UK, l’uomo che ha dimostrato che Londra ce la può ampiamente fare – anzi, può fare persino meglio – al di fuori dell’Ue. Da tempo i suoi parlamentari spingono per una riapertura completa del paese e si sono espressi in modo critico sul lockdown e sull’eccessiva statalizzazione dell’economia. Se da una parte – la sua – Johnson è massacrato per l’eccessiva cautela, l’opposizione sostiene che è stato irresponsabile nel ritardare il lockdown sia nella primavera del 2020, sia nell’autunno scorso.

Il Premier, che, aldilà delle ribellioni nelle votazioni su Covid, 5G e cooperazione internazionale continua a essere l’asset elettorale più prezioso per il suo partito, ha ribadito ancor ieri l’importanza del piano vaccinale: pare infatti che tra i nuovi contagiati la maggioranza siano persone che non si sono ancora sottoposte al siero, o che abbiano ricevuto solo la prima dose. La decisione sulla fine del lockdown, ha detto Johnson, “sarà dettata dai dati”. Ed è qui che torna in gioco l’aspetto scientifico-sanitario della pandemia. I consiglieri medico-scientifici del governo – che in passato non sempre hanno fatto un buon servizio al governo – sostengono che i numeri attuali potrebbero essere la spia di una nuova ondata di casi. Non è ancora chiaro se le vaccinazioni proteggano completamente anche nei confronti di questa nuova variante.

Il ministro Hancock – anch’egli sotto torchio da parte dei media e dei parlamentari Tory – ha affermato che la nuova variante è più contagiosa del 40% rispetto a quella del Kent, denominata “variante inglese”. Anche il Minister per i vaccini, Zahavi, ha suggerito “cautela”, mentre l’opposizione laburista accusa il governo di “incompetenza”. Per Johnson, però, le preoccupazioni arrivano più che altro dai 50 componenti del Covid Recovery Group, il comitato composto da parlamentari Conservatori che già nel novembre aveva scritto al Premier per chiedergli di porre fine al lockdown e per impegnarlo a non implementarne altri in futuro. Tra di loro ci sono l’ex capogruppo ai Comuni, Mark Harper, e Sir Graham Brady, Presidente del 1922 Committee dei backbenchers conservatori: l’organismo di partito più temuto da tutti i leader Tories.

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