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Francia Ucraina

Ucraina, che cosa insegna il ballottaggio tra Zelensky e Poroshenko

Il commento di Gianni Bessi alle lezioni presidenziali in Ucraina

 

Leggendo i risultati del primo turno delle elezioni ucraine – e con il pensiero ai fatti casa nostra – mi è venuto in mente un vecchio slogan anarchico di fine 800, ripescato dai movimenti studenteschi, «una risata vi seppellirà» che per l’occasione ho parafrasato in «una risata vi governerà». Un altro comico si avvicina a conquistare il potere, stavolta in prima persona e non attraverso un movimento di cui è semplicemente il garante.

Il 41enne Volodymyr Zelensky alla prima tornata ha ottenuto il 30,7 dei voti seguito dal presidente uscente Petro Poroshenko che si è fermato al 18,6 per cento.

Le elezioni in Ucraina non potevano che solleticare la curiosità di House of zar, non foss’altro che per il ruolo strategico che la repubblica ex sovietica ricopre nello scacchiere degli approvvigionamenti di gas naturale. E proprio il 2019 è l’anno in cui vengono ridiscussi i contratti per il trasporto dalla Russia all’Unione europea, che prevede il passaggio dallo Stato di Kiev: prossima tappa in agenda pare sia stata fissata a giugno.

Già dai sondaggi Zelensky è apparso in testa: il candidato impossibile è diventato quello più probabile. Un fenomeno che non ci deve stupire: e non ci riferiamo solo a Grillo e alla sua rivoluzione del ‘vaffa’, che ha portato i Cinquestelle alla maggioranza relativa del Paese, ma a un imprenditore newyorkese – diventato showman conducendo un programma televisivo dove in sostanza licenziava persone… – che è arrivato alla poltrona della più potente nazione del mondo. L’aveva scritto il mai non troppo compianto Edmondo Berselli: «E se la Democrazia contemporanea fosse più vicina a un format che a un complesso strutturato di regole? Nella politica come gioco mediatico, le percentuali di gradimento per il governo schizzano in alto. L’audience appare soddisfatta…». Ma un’avvisaglia c’era stata già negli anni 80, quando il comico francese Coluche si presentò alle elezioni presidenziali – era il 1985 – in un clima che pareva confermare le tesi di Guy Debord che teorizzava una società moderna in cui il consumatore era solo uno spettatore e, quindi, il modello dello spettacolo diffuso era il «prototipo di ogni competizione, compresa quella politica».

In questo senso, la campagna elettorale perfetta fu quella di François Mitterrand con lo slogan, «La force tranquille» e una sapiente strategia di comunicazione orchestrata dal pubblicitario Jacques Séguéla. Anche il leader socialista italiano Bettino Craxi seguì questa linea e si mise contro gran parte dei “poteri forti” del Paese quando sostenne le televisioni del suo amico Silvio Berlusconi. In quegli anni si è costruito un modello di successo politico basato su elementi sociali-commerciali e consumistici che pervade ancora oggi la nostra quotidianità.

Siamo tutti protagonisti di un immenso reality show… Se guardiamo alle sfide geopolitiche mondiali, per esempio la sfida dell’Artico per il controllo delle immense risorse energetiche, Russia Cina e Usa competono come fossero in una puntata di Occupied thriller-politico norvegese la cui trama vede la Russia con la complicità dell’Ue occupare la Norvegia per ripristinare la produzione di petrolio e gas.

In Ucraina invece la finzione sta per diventare realtà: il format televisivo diventa contemporaneità politica. A dire la verità Volodymyr Zelensky è già stato presidente dell’Ucraina, nella serie televisiva Servant of the People del 2015: proprio il titolo della fiction è diventato il nome del partito politico di Zelensky, Servant of the People, creato nel marzo 2018 dalla società di produzione televisiva Kvartal 95, la stessa che ha creato la serie tv.

Quindi al ballottaggio Zelensky affronterà Petro Poroshenko, presidente uscente e politico che ha attraversato da protagonista gli anni 2000 che per il suo Paese sono stati a dir poco tortuosi: dalla rivoluzione arancione alle difficili relazioni con la Russia, con la situazione in Crimea, e al mancato rispetto del cessate il fuoco nella regione del Donbass. A cui vanno aggiunte le tensioni provocate dallo scisma della Chiesa ortodossa di Kiev dal Patriarcato di Mosca.

Poroshenko ha puntato sull’accordo tra Ue e Ucraina e sulla volontà di entrare nella Nato, per proteggersi dall’aggressività dell’orso russo. Sono stati anni di problemi economici e di un sensibile aumento del fenomeno della corruzione.

E Zelensky? Il candidato impossibile, nella sua campagna elettorale ha seguito lo stesso format della fiction di cui è stato protagonista: lotta alla crisi economica e alla corruzione. Ma senza indicare una chiara strategia per la politica estera.

Se Zelensky vincerà il ballottaggio sarà lui a sedersi di fronte a Putin per rinegoziare il transito di miliardi di mc di Gas naturale per l’energia europea. Non è dato sapere come finirà quel colloquio, anche perché Zelensky deve comunque vincere il secondo turno delle elezioni. Intanto facciamoci una risata.

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