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Tutti i danni al Quirinale prodotti dai tifosi di Sergio Mattarella

L’enfatizzazione del ruolo del capo dello Stato, come di un “uomo solo” al comando a sua stessa insaputa, non è né giusta né opportuna. I Graffi di Damato

 

Finalmente sceso dal Colle dopo averlo visto lambire dal fango delle intercettazioni provenienti dall’indagine di Perugia sulla presunta corruzione di Luca Palamara, e sui contatti di vario tipo emersi per condizionare il conferimento di importanti uffici giudiziari, Sergio Mattarella si è voluto intestare l’annuncio di una svolta al Consiglio Superiore della Magistratura che presiede per apposita norma costituzionale.

“Si volta pagina”, ha detto testualmente il capo dello Stato dopo “il quadro sconcertante e inaccettabile” e “il coacervo di manovre nascoste” scoperto dalle indagini giudiziarie. Che sono peraltro lontane da una conclusione, per cui potrebbe venir fuori ancora dell’altro destinato a sorprendere e scandalizzare di più il presidente del Consiglio Superiore e della Repubblica.

Oltre però a espressioni tanto forti quanto generiche Mattarella non ha potuto andare perché la riforma del Consiglio Superiore della Magistratura che si è resa necessaria dipende da altri, non da lui. Dipenderà, in particolare, dal governo se si farà carico di un disegno di legge e dal Parlamento che lo dovrà approvare, attenendosi o modificando la Costituzione. Una cosa comunque sembra esclusa, ed è già importante: un’autoriforma dell’organo di autogoverno delle toghe, col pretesto di sventare chissà quale attentato alla loro autonomia da parte dei riformatori legittimi ma esterni quali sono con le loro iniziative il Governo e il Parlamento.

Mattarella per ora, pur deplorando l’accaduto, si è messo a disposizione con i consigli, se gli verranno richiesti o se riterrà di formularli autonomamente nell’esercizio di quella funzione persuasiva che svolge prevalentemente dietro le quinte. Alla fine però toccherà sempre a lui dire l’ultima parola con la controfirma e la promulgazione della riforma in cui dovrà tradursi la svolta annunciata, o richiesta.

L’occasione è stata colta da Repubblica, che con la sua testata di carta si considera forse in qualche modo affine a quella che presiede Mattarella, per enfatizzare con un titolone su tutta la prima pagina il ruolo del Presidente, collegandolo anche agli sviluppi dell’attività di governo in sede europea. Dove fervono dietro le quinte trattative e quant’altro per risparmiare all’Italia la costosa e politicamente rischiosa procedura d’infrazione per debito eccessivo.

Tutto è “sulle spalle di un uomo solo”, ha gridato il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari e ora diretto da Carlo Verdelli, declassando così sul campo tutti gli altri attori e protagonisti della scena istituzionale: a cominciare naturalmente dal presidente del Consiglio, già preoccupato di suo e intento a smentire che stia difendendo i conti italiani dalla bocciatura della Commissione uscente dell’Unione Europea, e trattando una loro eventuale modifica, “col cappello in mano” per evitare la procedura d’infrazione. E neppure col cappello al piede, come lo ha impietosamente rappresentato il vignettista della Gazzetta del Mezzogiorno prendendolo sulla parola a proposito delle mani libere.

Per quanto mossa spesso dalle migliori intenzioni, umane e persino politiche, come espressione di rispetto personale e istituzionale, l’enfatizzazione del ruolo del capo dello Stato, come di un “uomo solo” al comando a sua stessa insaputa, perché abbandonato, o quasi, da tutti gli altri, inadatti alle loro funzioni o rinunciatari, non è né giusta né opportuna. Non giova neppure al presidente della Repubblica, sulle cui “spalle”, per attenersi alle parole della Repubblica di carta, si mettono tali e tante attese degli italiani da condannarlo a deluderli. E’ come se qualcuno, all’Arena di Verona, dove Mattarella alla fine di una giornata così difficile, si è recato con la figlia per assistere alla Traviata nell’ultima sceneggiatura del compianto Franco Zeffirelli, avesse preteso che l’autorevolissimo ospite salisse sul palco per unirsi, anzi per sostituirsi ad Alfredo o a chissà chi altro.

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