L’eventuale salvataggio di Alitalia con denaro pubblico apre un’aspra discussione sul merito o meno dell’iniziativa e sulle più generali possibilità di intervento dello Stato nell’economia. Bisogna partire da un dato di fatto: l’Italia non ha mai fatto i suoi interessi e neppure si è accorta che fin dall’inizio dell’avventura europea veniva permesso ad altri di godere di privilegi e prerogative grottescamente rifiutati ogni qualvolta si trattava invece di salvaguardare l’interesse del Paese.
La Germania è riuscita a inserire negli articoli del Trattato di Maastricht del 1992 specifiche deroghe agli aiuti di Stato per i territori della ex Ddr, mentre a noi è mancato altrettanto coraggio per il nostro Mezzogiorno. Infatti già dalla prima stesura del Trattato Istitutivo dell’Unione Europea (Tue-Maastricht) e come successivamente ribadito nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (Tfue-Lisbona), furono inseriti specifici articoli che vietavano i cosiddetti «aiuti di Stato». Venivano però contemporaneamente previste specifiche deroghe per i territori dell’ex Germania Est.
Ecco i requisiti affinché una misura sia qualificata come aiuto di Stato: 1) origine statale dell’aiuto (ovvero risorse del bilancio pubblico); 2) presenza di un vantaggio selettivo (si aiuta qualcuno o una specifica categoria di soggetti e non l’intera platea dei possibili aventi diritto); 3) si incide sulla concorrenza (aiutando qualcuno a discapito di altri competitor); 4) si incide sugli scambi tra gli Stati membri e quindi sui rispettivi saldi import-export.
Mancando uno solo di questi quattro requisiti la qualifica di aiuto di Stato decade. Sono però da considerarsi «compatibili» con la normativa Ue e pertanto vere e proprie deroghe gli aiuti: a) a carattere sociale concessi ai singoli consumatori a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall’origine dei prodotti; b) quelli destinati ai danni arrecati da calamità naturali o altri eventi eccezionali; c) quelli concessi all’economia di determinate regioni della Repubblica Federale di Germania che risentano della divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli svantaggi economici provocati da tale divisione.
Possono inoltre «considerarsi compatibili» anche gli aiuti destinati a: 1) favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso (grave sottoccupazione); b) promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro; c) agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse; d) promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nella Comunità in misura contraria all’interesse comune.
Vi è infine la possibilità da parte del Consiglio Ue di stabilire ulteriori deroghe purché approvate a maggioranza qualificata. I nostri distratti delegati alle complesse trattative per la stesura dei trattati non si sono premurati d’inserire clausole a favore, per esempio, del Mezzogiorno d’Italia mentre invece la Germania si preoccupava delle aree ex Ddr.
Nonostante questa imperdonabile dimenticanza, le deroghe «generiche» consentono però di poter accedere a strumenti e investimenti importanti purché si sia in grado di motivarne la necessità (grave crisi; tenore di vita anormalmente basso, forte sottooccupazione etc.). Vi sono quindi interventi che potrebbero essere richiesti anche per il Mezzogiorno senza che siano qualificabili come aiuti di stato. Iniziative in passato sistematicamente ignorate a differenza della Germania che non solo si era dimostrata capace di attivarle ma addirittura di inserirle nei trattati stessi.
Ma ciò che lascia più perplessi è che tale favore riservato esclusivamente agli ex territori Ddr poteva trovare un fondamento ai tempi della firma istitutiva dell’Unione Europea (avvenuta dopo appena 27 mesi dalla caduta del Muro di Berlino). Accade poi che nella stesura del trattato di Lisbona (la cui approvazione è avvenuta nel 2009 e cioè 16 anni dopo Maastricht) si sia modificato l’art.87 (divenuto 107) aggiungendo alla stessa lettera c): «Cinque anni dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare una decisione che abroga la presente lettera».
Pertanto dal 2014 sarebbe stato possibile abrogare tale privilegio, ma nessuno si è preoccupato di sollevare il problema probabilmente per non dispiacere alla Germania! L’Ue è stata quindi creata e concepita per favorire gli altri Paesi a discapito di altri a iniziare dal nostro? I politici italiani che ci hanno rappresentato dovevano fare gli interessi dei tedeschi, i nostri o erano semplicemente distratti? Rimane il fatto che un governo che intende concretamente rimettere al centro della propria azione l’interesse nazionale ha ancora molti strumenti da attivare nonostante i danni arrecati da chi lo ha preceduto. Che batta pure un colpo!
(articolo pubblicato su Mf/Milano Finanza)