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Tunisia

Tutti gli errori di Enrico Letta (che sparla dell’Italia all’estero)

Parlar male dei propri concorrenti politici, stando all’estero, era rigorosamente proibito una volta. Ma evidentemente il segretario del Pd, Enrico Letta, ha voluto infrangere questa regola. Ecco perché ha sbagliato grossolanamente. Il commento di Gianfranco Polillo

Durante gli anni della Prima Repubblica, parlar male dei propri concorrenti politici, stando all’estero, era rigorosamente proibito. Regola, ovviamente, non scritta, ma, non per questo, meno cogente. Vi era, ovviamente, chi trasgrediva. In verità pochi casi. Ma lo stigma conseguente era tale da far pentire amaramente il malcapitato.

Quali le ragioni? Soprattutto la divisione del mondo in blocchi contrapposti e la guerra fredda che tale divisione aveva determinato. Entrambi gli schieramenti italiani – quello borghese e quello proletario – erano collocati all’interno di uno dei due blocchi contrapposti. Ma lo erano cercando di difendere al massimo la loro autonomia: grande o piccola che fosse. Ne derivava che ogni indebolimento dell’immagine complessiva della Nazione si traduceva in un loro arretramento.

Gli esempi storici di questi difficili equilibri furono numerosi. Da parte del PCI, il Comintern (organo della III Internazionale) controllato dai sovietici, aveva tentato fin dall’inizio di impedire la direzione politica di Palmiro Togliatti, ritenuto troppo autonomo, richiamandolo a Mosca. Cosa che il “migliore” aveva testardamente rifiutato. Per quanto riguardava la DC, invece, la sua politica estera, specie nei confronti del Medio Oriente, fin dai tempi di Enrico Mattei, era stata tutt’altro che allineata ai desiderata d’Oltre oceano.

Se si tiene a mente questo retroterra, l’uscita di Erico Letta, a Berlino, durante i lavori del congresso dei socialisti europei, appare non solo censurabile, ma incredibilmente stonata. “L’inizio di questa legislatura – aveva tuonato il leader del PD – è il peggiore che potesse esserci. La legislatura comincia con una logica incendiaria da parte di chi ha vinto le elezioni. Chi ha vinto, invece di riappacificare il paese, lo sta dividendo”. E fin qui si poteva anche tollerare. Politicamente scorretto, ma ancora nei limiti.

Dove invece ogni regola é stata violata é quando il segretario del Pd ha aggiunto “con le nomine si confermano le preoccupazioni in Europa”, che “la maggioranza è in guerra interna e non in grado governare”. Se questo fosse vero, alla riapertura dei mercati, sarebbe un piccolo disastro. Crolli in borsa e spread alle stelle. Mentre all’interno della stessa UE la posizione negoziale dell’Italia subirebbe un forte smacco. Eventualità che non dispiacerebbe a chi, negli ultimi mesi, aveva dovuto subire l’egemonia di Mario Draghi, la cui permanenza a Palazzo Chigi, aveva contribuito a quel rilancio dell’immagine dell’Italia che ora le parole, dal “sen fuggite” di Letta, rischiano nuovamente di picconare.

Giudizi, quindi, che fanno male. Non tanto a Giorgia Meloni, alle prese con vicende ben più spinose, ma alla Nazione tutta. E non solo a causa di quel “giudizio – auspicio”, che nuovamente antepone l’interesse della propria parte politica a quello generale. Ma perché dimostra quanto sia pesante il ritardo, da parte del Pd, nel cogliere le trasformazioni profonde, che sono intervenute nel senso comune degli elettori. Francamente parlare di “logica incendiaria” ha senso solo rievocando il dilemma “fascismo – antifascismo”, categorie che dovrebbero sempre più appartenere alla storia e che, invece, diventano randelli da usare nella lotta politica quotidiana.

Con l’aggravante di chiamare in soccorso delle proprie idee chi, dall’estero, ha ben altre ragioni per contenere il peso politico dell’Italia. Se non conoscessimo Enrico Letta, diremmo che quello, altro non é che il riflesso condizionato di una storia più antica. Quando i dirigenti comunisti ungheresi o cecoslovacchi chiedevano aiuto al partito fratello di Mosca, per salvare la loro presunta rivoluzione. Ma la storia personale di Letta é completamente diversa. Si é solo trattato di un grossolano errore, dovuto allo stress di questi tempi di crisi. Dovrebbe semplicemente ammetterlo, contenendo le difese d’ufficio di chi, tra i suoi, getta altra benzina sul fuoco. E andare avanti.

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