«Pereira, ma questo lo sostiene lei o L’Espresso?», risponde assonnato Gregory Alegi, vice presidente dell’Associazione per la Verità sul Disastro Aereo di Ustica e professore di storia Usa alla Luiss, alla richiesta di commentare le rivelazioni de L’Espresso che attribuisce la distruzione del DC-9 alla collisione con un caccia A-7E della US Navy partito dalla portaerei Saratoga.
Per favore, professore. È una domanda seria …
Anche la mia risposta: l’inchiesta esclusiva di oggi ripropone vecchie leggende e teorie in circolazione da decenni», ribatte quasi interrompendo la domanda. «La battaglia aerea è una falsità che nonostante tutto fatica a trasformarsi in verità. Che differenza vuole che facciano 22.172 copie dell’Espresso su una interpretazione che circola da 45 anni?
Veramente l’inchiesta è stata ripresa in tanti, da Dagospia ai social.
Allora siamo a cavallo: i like come fonte della verità. Anzi, della pre-verità, dato che hanno tutti rilanciato prima di averla vista. A voler essere complottisti, cosa che per fortuna non sono, si potrebbe immaginare che sia l’obbiettivo sia influenzare il GIP che deve decidere sulla richiesta di archiviazione dell’inchiesta-bis sulla strage. O magari a intralciare l’imminente visita a Washington del presidente del Consiglio Meloni.
Secondo il settimanale diretto da Carelli, la prova regina sarebbe la rottura dell’estremità dell’ala destra, «il primo troncone metallico, il più vicino ai visitatori che entrano a vedere» il Museo della Memoria di Ustica a Bologna.
Le rivelo un segreto: l’ala che a Bologna è collocata sul lato destro è quella sinistra, rovesciata. Non se il ribaltamento sia una forzatura espositiva o un errore, ma chiunque può vedere che il carrello di atterraggio è montato sopra l’ala anziché sotto: una situazione impossibile nella realtà. Ma se davvero ci fosse stato un impatto con l’ala destra, perché l’illustrazione di copertina mostra un A-7 che spezza quella sinistra? Mi sembra tutto indice di scarsa precisione, e mi fermo qui.
Sempre secondo l’articolo, la collisione avrebbe tranciato anche i cavi elettrici sotto l’abitacolo, causando l’avaria che fermò i registratori di bordo.
Questa è una novità, inserita per confutare la ricostruzione del Collegio Misiti, che concluse all’unanimità per la bomba nella toilette posteriore. In estrema sintesi, sul DC-9 l’energia elettrica è prodotta da un generatore collegato al motore destro, in corrispondenza proprio della toilette. Secondo la Misiti, lo scoppio strappa il motore e “spegne” il DC-9. Se si tagliano i cavi a prua, non serve la bomba. Ma è proprio il relitto a dirci che il rivestimento esterno della toilette è assente, anzi è l’unica parte del rivestimento del tutto assente. Aggiungo una cosa che a Bologna non si vede: i motori furono trovati a quasi quattro chilometri dalla coda. Se non ci fosse stata un’esplosione, cosa li avrebbe strappati e proiettati così lontano?
L’Espresso dice che «sull’Italia volteggia un E-3 AWACS, un aereo spia statunitense che ha un radar eccezionale».
Di eccezionale qui c’è solo l’ossessione per l’AWACS, che non c’era. Primo, perché la Nato ha ricevuto il suo primo AWACS il 22 gennaio 1982, un anno e mezzo dopo la tragedia. Secondo, perché la traccia che l’ordinanza di rinvio a giudizio suppone essere un aereo-radar volava a circa 360 km/h e 3.350 metri di quota, molto meno dei 580 km/h e 9.150 metri ai quali volano i veri AWACS.
AWACS o non AWACS, L’Espresso scrive che il cielo brulicava di aerei quella notte.
Guardi, il 27 giugno era un venerdì estivo e di attività militare ce n’era pochissima, in particolare, nessun caccia. In dibattimento i radaristi ammisero tutti che entro 50-60 miglia dal DC-9 non c’era nessuno. Confermarono anche che i nastri c’erano tutti e non manomessi. Ebbene, su questi nastri non si vedono né MiG-23 (a proposito: se arrivavano dalla Jugoslavia, come mai Potenza Picena non li vede?), né Mirage, né F-15. né A-7. Ci sono cose insignificanti, come un aereo da collegamento in Sicilia, ma nessun jet da combattimento. A proposito: l’A-7 era un cacciabombardiere, privo di radar aria-aria. Solo un romanziere lo userebbe per una intercettazione.»
Resta il mistero del codice 7300, quello dell’allarme generale lanciato dai TF-104 di Grosseto.
Che il 7300 sia l’allarme generale è un errore macroscopico del giudice istruttore. In realtà, per quello sul TF c’è un’apposita posizione “Emergency” sul pannello di controllo. Il segnale 7300 è in realtà l’1-73, che gli operatori radar chiedevano spesso per una rapida identificazione dell’aereo: compariva per 1-2 battute e poi si toglieva. Nella sera del 27 fu usato per questo scopo due volte dal TF di Bergamini e Moretti, prima su Verona e poi su Grosseto. Se vuole, può chiedere conferma a Moretti. E già che c’è: gli chieda se il TF sia un caccia o un addestratore.
Secondo l’inchiesta, sotto il DC-9 ci sarebbe stato un MiG-23 libico che tornava dalla manutenzione in Jugoslavia e si è poi schiantato sulla Sila.
Roba nuovissima! Tanto nuova da essere stata archiviata a Crotone il 6 marzo 1989 e a Roma, in un filone secondario del processo principale, il 7 maggio 2003. La notizia vera, che L’Espresso non conosce o nasconde, è che i MiG-23 libici non hanno mai fatto manutenzione in Jugoslavia, per due motivi. Primo, perché la Jugoslavia non ha mai utilizzato il MiG-23; secondo, perché nel 1980 l’unico stabilimento fuori dall’URSS certificato per la riparazione dei MiG-23 era la FWD, in Germania Est, cui seguì la HAL in India nel 1982.
E il casco trovato sulla spiaggia?
Un’altra leggenda urbana. Nella vicenda di Ustica ce ne sono almeno tre. Uno, trovato in prossimità di Isola delle Femmine, non era un casco di volo. Il secondo, quello di “John Drake”, è stato identificato dagli USA nel 1992-93 in risposta alle rogatorie italiane. Poi c’è il terzo, mostrato in tv nel 2024, presentava manipolazioni evidenti a occhio nudo, a partire dal soggolo motociclistico. Fa un po’ impressione che dopo 45 anni e un processo di ben 272 udienze la narrazione sia ancora ferma a questo.
Insomma, di esclusivo o inedito non ci sarebbe proprio nulla?
Posso chiederle una cortesia? La prossima volta, mi svegli con una buona notizia. Che so, l’obbligo per quanti intendono scrivere su Ustica di leggere Uscire dal labirinto. Ustica dalla A alla Z, il dizionario storico che ho curato con ben 25 autori. Quello sì che è pieno di novità vere…