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Missili Russia

Tutti gli affari energetici in cantiere fra Russia e Corea del Nord

Come è andato e che cosa si sono detti a Vladivostok il leader della Corea del Nord e il presidente russo Vladimir Putin. L'approfondimento di Marco Orioles

Kim Jong-un sceglie anche questa volta il treno blindato per recarsi a Vladivostok, dove giovedì 25 aprile si è tenuto il primo summit tra il leader della Corea del Nord e il presidente russo Vladimir Putin, che ha avuto luogo in un’isola al largo della città sul Pacifico.

È la prima volta che i due si vedono di persona, anche se Putin vanta un precedente con un altro capo supremo della Corea del Nord: l’incontro con il padre nonché predecessore di Kim, Kim Jong Il, avvenuto nel 2002. Quest’ultimo fu poi protagonista di un altro vertice nel 2011, quando al Cremlino risiedeva l’attuale premier russo, Dmitry Medvedev.

Il meeting di venerdì si è svolto in un’atmosfera particolarmente calorosa, tra maschie strette di mano e ampi sorrisi. Putin, noto per far attendere a lungo i suoi interlocutori, si è addirittura presentato all’appuntamento un’ora e mezza prima dell’arrivo di Kim, come ha testimoniato un reporter di Reuters presente sulla scena. Il clima disteso e cordiale a Vladivostok è ben illustrato dalle trentotto foto scattate dall’Associated Press che possono essere visionate qui.

Il cerimoniale ha previsto anche uno scambio di doni. Kim ha regalato a Putin una spada coreana: “Quando le armi moderne non esistevano, si usavano queste spade”, avrebbe detto il Maresciallo allo Zar, secondo i media russi. Putin ha ricambiato con una sciabola e un servizio da tè da viaggio.

I colloqui si sono articolati in due sessioni: nella prima, durata il doppio rispetto ai cinquanta minuti previsti, i leader hanno parlato a tu per tu alla presenza di un nucleo ristretto di consiglieri; alla seconda sessione, culminata con una cena di gala, hanno preso parte anche le rispettive delegazioni, che per la Corea del Nord comprendeva il ministro degli Esteri Ri Yong-ho e il suo vice Minister Choe Son-hui. Nel gala serale, brindisi in quantità sullo sfondo di brani musicali tradizionali e danze eseguiti da artisti russi.

All’inizio del banchetto, Kim ha brindato alla salute del suo ospite esaltando gli ottimi rapporti tra Russia e Corea del Nord. “I popoli dei due Paesi” – ha detto Kim, levando il calice – “che condividono una preziosa amicizia che è stata creata e rafforzata sconfiggendo ogni avversità e sfida lanciata contro di noi dalla storia, hanno un profondo convincimento che gli incessanti sviluppi dei legami Corea del Nord-Russia non solo servono i nostri reciproci interessi, ma sono anche indispensabili per assicurare la pace e la stabilità della regione”. Il popolo nordcoreano, ha aggiunto, “ha sempre avuto emozioni affettuose e fraterne nei confronti del popolo russo e prova orgoglio che un grande Paese come la Russia sia un vicino prossimo”.

Il tema del disarmo della penisola coreana è stato al centro dei colloqui. Come è stato osservato, il summit segna il tentativo da parte di Putin di accreditarsi come interlocutore in un negoziato dominato sinora dagli Stati Uniti di Donald Trump.

Il presidente Usa ha ovviamente svolto il ruolo del convitato di pietra. Kim ha criticato “l’atteggiamento unilaterale e in cattiva fede” di Washington, responsabile secondo lui dello stallo del processo negoziale. A Putin, il dittatore ha ricordato che la situazione nella penisola coreana ha raggiunto un “punto critico” che potrebbe in qualsiasi momento riaprire le tensioni che hanno caratterizzato il 2017, anno in cui Pyongyang ha compiuto numerosi test missilistici e uno nucleare. Dipenderà “dal futuro atteggiamento degli Usa” se si tornerà alla crisi o se, invece, si rianimeranno le trattative.

Putin ha dato mostra di essere comprensivo verso la posizione del suo interlocutore, e ha palesato la sua visione di come si possa trovare una soluzione al dilemma nucleare. I nordcoreani, ha sottolineato il capo del Cremlino, “hanno solo bisogno di garanzie sulla loro sicurezza. (…) Sono profondamente convinto che se arrivassimo ad una situazione in cui una parte, in questo caso la Corea del Nord, avesse bisogno di determinate garanzie di sicurezza, allora non sarebbe possibile procedere senza (fornirle) garanzie internazionali. È improbabile”, ha concluso, “che qualsiasi accordo tra due Paesi possa essere sufficiente”.

La soluzione immaginata da Putin è il ritorno al formato negoziale dei colloqui a sei (six-party talks), una formula che, oltre alle due Coree e agli Usa, include la Russia, la Cina e il Giappone e che fu tentata a partire dal 2003 salvo poi deragliare negli anni successivi. “Noi crediamo”, ha affermato il presidente russo, “che sia necessario riprendere colloqui a sei per discutere di una garanzia di sicurezza per la Corea del Nord”

Conscio che il summit sarebbe stato osservato attentamente e con sospetto negli Stati Uniti, Putin ha voluto precisare di non nutrire secondi fini e che, anzi, è pronto a condividere con Washington quanto emerso al summit di Vladivostok. “Non ci sono segreti”, ha sottolineato. “La posizione della Russia è sempre stata trasparente. Non ci sono trame di alcun tipo (…) discuteremo apertamente di questo tema con la leadership Usa”

Sarebbe stato lo stesso Kim a incoraggiare Putin a condividere con gli americani i contenuti dei loro colloqui. “Kim Jong-un ci ha chiesto”, ha spiegato Putin, “di informare la parte americana sulla sua posizione, sui temi che emergono da lui in connessione con i processi che stanno avendo luogo in merito alla penisola coreana”.

La questione delle armi di distruzione di massa non era l’unica in agenda. Ampio spazio è stato riservato ai temi economici. Russia e Corea del Nord nutrono l’intenzione di rafforzare la cooperazione e gli scambi commerciali, che al momento – a causa delle sanzioni internazionali che penalizzano il Regno Eremita – sono ridotti all’osso, con un volume di appena 34 milioni di dollari raggiunto nel 2018.

Se gli occhi della Russia sono puntati sui ricchi giacimenti minerari della Corea del Nord, quest’ultima guarda a Mosca come fonte di energia elettrica e di investimenti per modernizzare i suoi stabilimenti industriali sempre più desueti, per migliorare la rete ferroviaria e per realizzare infrastrutture.

Un tema particolarmente delicato affrontato nel vertice è stato il destino dei circa diecimila lavoratori nordcoreani impiegati in Russia, le cui rimesse rappresentano una delle poche fonti di valuta pregiata per le esangui casse di Pyongyang. Secondo il dettato delle sanzioni, quest’anno quei lavoratori dovranno rientrare in patria, e Kim avrebbe chiesto alla Russia di continuare a ospitarli. “Ci sono varie opzioni”, gli ha spiegato Putin, sottolineano che ci sono “temi umanitari e questioni che pertengono al rispetto dei diritti di queste persone”.

Dallo Zar, infine, il Maresciallo si aspetta un irrobustimento degli aiuti umanitari, indispensabili per un Paese che ha reso noto alle Nazioni Unite che quest’anno rischia l’ennesima carestia. Negli ultimi anni, la Russia ha fornito aiuti alimentari alla Corea del Nord per 25 milioni di dollari. Una goccia nel mare della disperazione di un intero popolo.

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