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Tutte le mosse (popolari e liberali) della Lega di Salvini

L'evoluzione della Lega di Salvini vista da Paola Sacchi

 

“Renzi ha già firmato per i referendum? Non lo vedo e non lo sento da tempo. Ma come hanno firmato Stefania e Bobo Craxi ben venga anche lui”. Matteo Salvini, domenica scorsa con Il Corriere della sera ha pronunciato il nome simbolo del capro espiatorio della stagione che dette avvio al giustizialismo, il nome che divide ancora l’Italia. Il nome Craxi, che ancora oggi, stando alla cronaca, come dichiara in una amara nota Stefania, senatrice di FI, accompagna una sentenza della Cassazione che condanna la famiglia dello statista socialista al pagamento di spese processuali perché Bettino non sarebbe stato in regola con il fisco su una vicenda di presunti fondi, come se lui fosse stato un privato cittadino e non un segretario di partito, come se alcuni esponenti dello stesso Pool non avessero già riconosciuto che Craxi non si arricchì personalmente, ricorda indignata Stefania che denuncia “accanimento verso Craxi e la sua famiglia”.

Ma tornando a Salvini, che aveva già inviato a Hammamet, dove era presente anche la renziana IV, per il ventennale di Craxi, una delegazione ufficiale della Lega con l’ex sottosegretario Armando Siri, è evidente la sfida che l’altro Matteo lancia a Renzi e alla stessa Forza Italia. Obiettivo: fare della Lega sempre più un partito che abbraccia trasversalmente anche i temi liberali e garantisti.

Le oltre 100.000 firme per i referendum di Lega e Radicali raccolte in un solo fine settimana, in oltre 1500 gazebo leghisti, di fatto stanno anche rimodellando il volto della Lega, “sdoganando” ulteriormente, nei fatti – se già non fossero bastati i consensi elettorali che l’hanno resa primo partito, le tante Regioni e i Comuni che amministra – quel fattore “L” al quale cercano ancora di inchiodarla gli avversari a sinistra, ma anche lo stesso Renzi. Fattore “L” come un tempo il fattore “K” per i comunisti e cioè che la Lega non potrebbe esprimere un premier perché non ha superato ancora gli esami di europeismo, entrando nel Ppe.

Ma di antieuropeismo, come ha riconosciuto il campione di liberalismo Marcello Pera, nel manifesto cosiddetto “sovranista” europeo firmato dalla Lega di fatto non si trova nulla. Anzi, la prima parte è tutta dedicata anche alla difesa del Patto Atlantico. Tant’è che alcuni attenti osservatori ci vedono un modo da parte di Salvini di avvicinarsi al Ppe, ma da una posizione di forza per rinnovarlo.

Resta il fatto che dopo lo stop alla Federazione del Centrodestra di governo, proposto dallo stesso leader leghista – stop di fatto determinato dal rilancio del partito unico del Centrodestra, ovvero Cdu, da parte di Berlusconi, che rimette al centro l’anima liberale, europeista di Forza Italia – , Salvini non molla la sua battaglia. Ovvero, quella per attestare la Lega come partito cardine del centrodestra, di governo e di opposizione con Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, che lo insidia nella leadership, e rilanciare invece la sua di leadership, in vista delle elezioni del 2023. Con la speranza che i risultati ottenuti dal governo Draghi, dopo la sua scelta, di entrarci e sostenerlo, più che confermata, premino la sua scommessa che ancora oggi manda in tilt il Pd. E oggi però non è ancora accompagnata da un riconoscimento politico alla Lega di essere un primo partito a tutti gli effetti anche da parte di Renzi. Che continua a rimarcare il Papeete, i pieni poteri e tutti gli annessi e connessi degli esami che non finiscono mai a Salvini sul piano europeista. Il tutto condito da un eterno, infinito dibattito sul centro, che una volta però già era andato a finire prevalentemente nel centrodestra, attraverso Berlusconi, e stavolta, se per centro si intende quello in carne e ossa dei ceti medi, produttivi, settori della borghesia imprenditoriale trascurati, è di fatto già finito nella Lega. Che certamente dovrà continuare il suo percorso nella Ue, ma in “un’Europa riformata”. Un’Europa che del resto, come lo stesso Draghi ha affermato nei fatti, dopo il Covid ha cambiato le regole rigide dell’austerità. Salvini ci prova. Non molla.

Il segretario radicale Maurizio Turco, che ha indetto i referendum con la Lega, gli riconosce, come ha fatto ieri sera a Quarta Repubblica da Porro, “un lavoro encomiabile”, di “girare come una trottola”, elogia “il lavoro senza sosta dei militanti leghisti ai banchetti” che intercettano una ampia trasversalità di firme per i 6 quesiti referendari. Una battaglia per “la giustizia giusta”. Una Lega che vuole centrare la battaglia del “centro” attraverso le istanze liberali, garantiste e dell’Italia degli imprenditori.

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