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Brexit

Tutte le bizzarrie delle trattative sulla Brexit

Il commento di Teo Dalavecuras

Lunedì prossimo 19 ottobre Michel Barnier, il negoziatore capo della Brexit per conto dell’Unione europea, sarà a Londra. Sapremo se residuano possibilità per una uscita concordata del Regno Unito dall’Ue? Non è detto, ovviamente, perché nei negoziati, come nei conflitti militari, esistono diversi livelli di comunicazione e quindi di informazione, e quel che gira sui mezzi di comunicazione di massa è prevalentemente disinformazione o addirittura buio pesto travestito da parole.

Quel che si sa per certo, invece, è che questo interminabile negoziato (il referendum sul Brexit risale, per chi se ne fosse dimenticato, al giugno 2016) è l‘ennesima occasione, non perduta purtroppo né dall’élite burocratica di Bruxelles né dai governi degli stati membri (con il codazzo, fondamentale, dei manipolatori autorizzati dell’opinione pubblica) per gettare fumo negli occhi di quei pochi cittadini che, in giro per l’Europa, ancora credono nella politica. Questo è ciò che chiunque voglia guardare vede a occhio nudo.

Una delle questioni ancora irrisolte nel negoziato è quella che, con la necessaria delicatezza, viene definita la questione della governance (termine che meriterebbe, nella sede appropriata, quella della neolingua, un approfondimento). Detto senza delicatezza, si tratta della pretesa dell’Ue di impegnare il Regno Unito a accettare la giurisdizione dell’Ue per le più che eventuali controversie che potranno sorgere in sede di applicazione dell’accordo. Sì, perché l’Ue non ha una costituzione, non ha un governo federale, non ha un vero parlamento ma una parodia del parlamento, non ha un esercito, non ha una capitale, ma ha un proprio ordine giudiziario.

Questa pretesa di imporre la giurisdizione  di un non-stato agli Inglesi, secondo qualsiasi parametro di normalità è un non senso; per il popolo che ha salvato l’Europa da Hitler è una provocazione; ma per i lobbisti di Bruxelles ha un significato preciso: portare alle estreme conseguenze la “politica” dello scimmiottamento di uno stato federale, da vendere a quel che resta – pochissimo – dell’opinione pubblica europea; scimmiottare quel che fanno gli americani, che come è noto non riconoscono nessuna giurisdizione diversa dalla propria, e la impongono a (quasi) tutto il resto del mondo, come peraltro il loro status imperiale consente, e suggerirebbe a qualsiasi altra potenza fosse al loro posto. L’idea coltivata dietro questa velleità è che l’Ue non sarà una potenza sovrana, non avrà un esercito, ma è un mercato che fa gola a (quasi) tutti e quindi è  capace di imporre le proprie regole anche ai più riottosi (ma certo, basta guardare ai rapporti Ue – Turchia!).

La situazione, però, come si usa dire è grave ma non è necessariamente seria. Non si può escludere che i creativi talenti burocratici di Bruxelles si inventino qualcosa che possa essere venduto agli europei come primato del diritto comunitario, senza intaccare la sovranità del Regno Unito né della sua giurisdizione, insomma la giusta narrazione. Del resto è stato il Tribunale costituzionale di uno stato dell’Unione europea non proprio marginale, come quello di Karlsruhe, a ricordare a tutti come le istituzioni dell’Unione europea, Corte di giustizia dell’Unione europea compresa, non sono sovrane perché la sovranità è sempre rimasta ed è tuttora prerogativa degli stati membri, perfino di Malta e di Cipro: e in quella decisione, spiace doverlo ammettere, Salvini non c’entra per niente.

 

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