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Turchia Israele

Vi spiego come Erdogan traffica negli Stretti

Tutte le mosse della Turchia di Erdogan su canali e convenzioni. L'analisi di Fabio Caffio, Ufficiale della Marina militare in congedo ed esperto di diritto marittimo, per Affari Internazionali

Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan è stato accusato da un gruppo di oltre cento ex ammiragli (tra cui Cem Gurdeniz, teorico della “Patria Blu”) di voler denunciare, in parallelo al progetto di Kanal Istanbul, la Convenzione di Montreux del 1936 sul passaggio nei Dardanelli, Mar di Marmara e Bosforo (gli “Stretti”). Dieci ex ufficiali sono stati arrestati con l’accusa di attentato all’ordine costituzionale.

La questione è poco chiara. La Convenzione, capolavoro della diplomazia kemalista del Novecento, ha funzionato bene fino ad oggi, garantendo alla Turchia il controllo degli accessi al Mar Nero.

Ma allora: si tratta di una disputa interna al “regime” alimentata da  vetero-kemalisti per rafforzare un ruolo storico della Turchia che avvantaggia la Russia? Oppure è  la spia di una spregiudicata strategia in cui il nuovo Canale è il grimaldello per consentire ad Ankara di giocare a tutto campo, con Stati Uniti, Occidente e Russia?

LA QUESTIONE DEGLI STRETTI

I Sultani di Costantinopoli sostenevano l’“antico principio dell’Impero Ottomano” secondo cui l’accesso al Mar Nero doveva essere interdetto alle potenze straniere; nell’Ottocento, esso era stato riconosciuto dagli zar, come faranno poi i bolscevichi, confermando che, come è stato detto, “la Russia, per sentirsi sicura nel Mar Nero, ha bisogno che gli Stretti siano completamente chiusi dalla Turchia”.

Dopo la dissoluzione dell’Impero Ottomano, il Trattato di Losanna del 1923  stabilì la libertà di “passaggio e navigazione” affidandone il controllo ad una commissione internazionale. Presto si tornò al passato con la Convenzione di Montreux del 1936 dedicata alla sicurezza della Turchia e degli altri Stati rivieraschi del Mar Nero, che stabilisce alcune condizioni per il passaggio dei Paesi terzi (preavviso alla Turchia, limitazioni al numero di navi da guerra ed alla loro permanenza). Questo regime ha valenza specifica rispetto ai principi generali applicabili a tutti gli stretti internazionali secondo il diritto marittimo.

Sino ad oggi la Turchia ha svolto con equilibrio il proprio ruolo di garante, superando le frizioni con la Russia per la questione del passaggio di navi porterei e negando il transito qualora Paesi terzi – comprese le formazioni navali Nato – non rispettassero tempi e modalità di accesso. Di fatto, può ancora affermarsi che il Mar Nero è  un “mare chiuso” dal punto di vista giuridico e geopolitico.

CANALE ISTANBUL

Per evitare rischi ambientali e decongestionare il traffico, la Turchia ha elaborato un progetto di costruzione di un canale di transito artificiale a nord ovest di Istanbul (lungo 50 chilometri, largo 150 metri, profondo 25 metri). L’opera consentirebbe il passaggio di navi e petroliere di grosso tonnellaggio. Il transito sarebbe a pagamento, a differenza di quanto oggi avviene negli Stretti dove è solo obbligatorio il pilotaggio.

Erdogan ha dichiarato che esso sarà sotto sovranità turca e che la Convenzione di Montreux non è al momento in discussione. L’opera non è dunque una via d’acqua internazionale aperta a tutti , ma un’infrastruttura di acque interne in cui si transiterà a discrezione di Ankara. D’altronde, il nuovo canale sarà alternativo al Bosforo, mentre resterebbero in vigore le limitazioni per il passaggio nei Dardanelli e Mar di Marmara.

Non dovrebbe perciò esservi un diritto di passaggio inoffensivo delle navi da guerra straniere, le quali continuerebbero a sottostare alla clausole di Montreux. In teoria, la Turchia potrebbe tuttavia consentirlo, caso per caso, in base a quella discrezionalità che la Convenzione le attribuisce quale responsabile della sua applicazione. Un episodio recente è la permanenza di Unità statunitensi nel Mar Nero durante la crisi della Crimea del 2014, oltre il termine stabilito.

Ankara  ha  peraltro interpretato a suo piacimento la Convenzione, quando  si è posto il problema del transito di navi russe portaeromobili o, nel 1994,  ha stabilito unilateralmente le Maritime Traffic Regulations per la sicurezza della navigazione e la protezione ambientale.

OLTRE MONTREUX?

Da anni si parla di modificare la Convenzione considerata non adeguata alla nuova realtà del Mar Nero, dove ora la Russia è arroccata nel Mar di Azov dopo l’annessione della Crimea. Gli Stati contraenti (Bulgaria, Francia, ex Jugoslavia, Giappone, Gran Bretagna, Grecia, Romania, Russia, Turchia, cui va aggiunta l’Italia che firmò e ratificò nel 1938) non si sono avvalsi delle procedure di denuncia o emendamento. Chiaramente la questione interesserebbe gli Stati Uniti, che però non ne sono parte.

Metter mano alla Convenzione appare oggi, più che in passato, impresa difficile. Ciò non toglie che si possa interpretarne la regolamentazione in via evolutiva. Per la Turchia potrebbe essere conveniente non trincerarsi dietro l’ossequio formale di un accordo storicamente datato, dialogando invece con gli Stati parte (ma risulta aperto da anni solo un tavolo di consultazione con la Russia).

La Grecia sogna di tornare al Trattato di Losanna del 1923 che smilitarizzava gli Stretti a danno della Turchia, mentre alla Russia interessa  il mantenimento dello status quo di Montreux. Gli Stati Uniti sono invece da sempre interessati ad un regime  liberistico: Woodrow Wilson l’aveva affermato nei suoi 14 Punti del 1919; nel 1945, Washington aveva proposto che le navi da guerra straniere passassero senza limitazioni se invitate da un Paese del Mar Nero o se operanti sotto egida delle Nazioni Unite.

Ankara potrà essere arbitra della situazione nel momento in cui, tra qualche anno, al Kanal Istanbul si aggiungerà un’altra via d’acqua artificiale che attraverserà la Penisola di Gallipoli: allora, davvero, ci saranno le condizioni cui si riferisce Erdoğan quando evoca la possibilità futura di abbandonare la Convenzione.

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