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Tutti gli effetti delle trumpate sulla politica italiana

Che cosa si dice nella maggioranza di governo e nelle opposizioni sulle posizioni di Trump su Ucraina e Russia. I Graffi di Damato.

Aumentano i paradossi dopo più di tre anni di guerra in Ucraina, cominciata con l’invasione russa e programmata da Putin per durare tre giorni con l’eliminazione di Zelensky. Dopo tanto parlare genericamente di pace è bastato che essa si affacciasse davvero per provocare l’aggravamento della crisi. Anzi, per crearne altre due. Una è nei rapporti fra l’Ucraina e gli Stati Uniti, la cui posizione di sostegno al paese aggredito è cambiata a tal punto che il nuovo presidente americano Donald Trump in una sostanziale diretta televisiva dalla Casa Bianca ha cacciato Zelensky. E poi gli ha sospeso gli aiuti militari.

L’accoglienza solidale ricevuta rapidamente dal presidente ucraino a Londra in un vertice sulla sicurezza che ha accomunato aderenti e non all’Unione Europea, il segretario generale della Nato e i massimi rappresentanti istituzionali della stessa Unione, non poteva rappresentare di più la frattura fra Trump e l’Occidente che ci eravamo abituati a considerare un tutt’uno, attaccato e guidato dagli Stati Uniti.

Sì, lo so, a cominciare dal promotore del vertice di Londra e dalla premier italiana Giorgia Meloni, riconosciuta “forte” davvero, e non per scherzo, anche dal presidente francese Emmanuel Macron, tutti hanno riconosciuto la irrinunciabilità al rapporto con Trump. Ma so anche che questo ormai è più un auspicio che una realtà, almeno volendo accompagnare la pace in Ucraina con due aggettivi, giusta e sicura, senza i quali essa è solo un inganno, o premessa di altre guerre. E so anche che quanto è accaduto negli ultimi giorni è bastato e avanzato per rafforzare Putin sul piano negoziale.

Ma voglio scendere di quota, diciamo così, e calarmi sulle ricadute di questo aggravamento della crisi ucraina sulla politica interna italiana. Ricadute negative sia per la maggioranza sia per le opposizioni che aspirano a creare un’alternativa di governo.

Nella maggioranza la prudenza, o l’”equilibrismo” attribuito alla premier rimasta solidale sia con Zelensky sia con Trump, nelle parole e nei gesti, prevedibilmente sperando di poter funzionare da ponte fra l’uno e l’altro più ancora di tanti altri aspiranti allo stesso ruolo, è ogni giorno contraddetto dalle prestazioni verbali del vice presidente leghista del Consiglio Matteo Salvini, più trumpiano di Trump.

Sul versante delle opposizioni si intrecciano ancora di più che nel centrodestra contraddizioni e contrasti. Non riescono ad essere uniti neppure nella solita protesta contro i soliti silenzi o le solite fughe rimproverate alla premier. Che questa volta è riuscita a guadagnarsi qualche consenso, riconoscimento e persino applauso da quelle parti. Non certo però dalla segretaria del Pd Elly Schlein, che ha contestato mancanza di chiarezza e coraggio alla Meloni pur dopo non essere riuscita a trovare sinora una sola piazza alla quale affacciarsi per confermare la solidarietà vera del Nazareno, e non solo a parole, con l’Ucraina aggredita da Putin e abbandonata da Trump.

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