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Troppe presunzioni di conoscenza sulla strage di Bologna?

Considerazioni a margine delle polemiche sulla strage di Bologna a partire da un post di Marcello De Angelis. Il corsivo di Battista Falconi

Quanto detto, suscitando enorme e immediato scandalo, da Marcello De Angelis – “So per certo che con la strage di Bologna non c’entrano nulla Fioravanti, Mambro e Ciavardini. Non è un’opinione: io lo so con assoluta certezza” – equivale, per metodologia ed eziologia, a quanto aveva affermato Pierluigi Bersani nella sua rievocazione personale del 2 agosto 1980: “Mi precipitai in stazione e vidi un’Apocalisse senza confusione […] Ricordo che, già allora, chi era lì aveva capito: sono stati i fascisti, dicevano […] mi sono venute le lacrime agli occhi. Ci sono voluti 43 anni perché un presidente della Repubblica certificasse quello che avevo sentito quel mattino”.

In entrambi i casi abbiamo persone che sanno. Cosa è vero e falso, giusto e sbagliato, accaduto o meno. Il famoso assioma pasoliniano. “Cos’è questo golpe? Io so”, Corriere della Sera, 14 novembre 1974, sei anni prima della strage alla stazione bolognese ma già nel pieno degli anni di piombo. Scrive Pier Paolo Pasolini “Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpe istituitasi a sistema di protezione del potere). Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. Io so i nomi del vertice che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpe, sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli ignoti autori materiali delle stragi più recenti”. Per poi chiarire: “Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero. Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell’istinto del mio mestiere”.

In realtà c’è anche un sapere senza prove di carattere opposto, non intellettuale ma popolare, basato su una medesima presunzione dettata dall’ignoranza e non dalla conoscenza. Quella per la quale è stato così difficile sostituire il sistema tolemaico con quello eliocentrico copernicano: il primo garantiva non solo il ruolo assegnato al pianeta abitato dall’essere umano nel racconto della Genesi biblica, infatti, ma anche l’osservazione empirica per la quale tutti noi ci troviamo fermi in un punto e vediamo il Sole girarci attorno. Per dire quanto sia facile convincersi di evidenze fallaci.

In mezzo c’è un faticoso e meno appariscente modo di vedere le cose, che esercita il dubbio e pratica la moderazione di giudizio. Quello adottato in questi giorni da alcuni osservatori che ormai si sono ritagliati tale ruolo di osservatori con le loro posizioni ma aperti a valutare quelle altrui senza pregiudizi. Luca Ricolfi sul Messaggero ha notato: “Nel 43esimo anniversario della strage di Bologna, suscitano qualche sorpresa due fatti nuovi. Il primo è la dissonanza fra le dichiarazioni dei principali esponenti della maggioranza. Mentre il premier Meloni e il ministro Piantedosi hanno evitato accuratamente di usare l’espressione matrice neo-fascista, il presidente del Senato La Russa e il ministro Nordio vi hanno fatto ricorso, sia pure delimitandone la portata in quanto accertata in sede giudiziaria”.

In realtà, le differenze non sono poi così clamorose. Tutti hanno auspicato un ““”pieno accertamento della verità […] grazie alla completa desecretazione degli atti coperti dal segreto di Stato”. Soprattutto però, prosegue Ricolfi, “la matrice della strage è quantomeno composita e, se si deve usare una espressione sintetica e più aderente alla sentenza, forse sarebbe più esatto parlare di strage di Stato”. La domanda diventa pertanto perché il presidente Sergio Mattarella abbia fatto proprio di tale matrice il perno della sua dichiarazione, provocando involontariamente ma inevitabilmente le successive polemiche che stanno contribuendo a esacerbare un clima di rissosità politica già sfiancante.

“Ma c’è anche un altro fatto nuovo nelle discussioni di questi giorni: il quasi completo venir meno, nei principali media. di ogni dubbio sulla effettiva colpevolezza dei due principali imputati per l’esecuzione materiale dell’attentato, ovvero Francesca Mambro e Giusva Fioravanti”. I quali si sono sempre difesi con un assioma semplice che in effetti apre spiragli di riflessione: siamo due pluriassassini confessi e condannati, non ci sarebbe ragione per negare, ma come i terroristi rossi colpivamo obiettivi mirati, non persone prese a caso nella folla.

Eppure in passato i dubbi si sono sollevati, fin dai tempi dello storico appello ‘E se fossero innocenti?’ firmato nel 1994 da decine di personalità illustri, per lo più collocate a sinistra: “ad esempio Luigi Manconi, Sandro Curzi, Oliviero Toscani. Liliana Cavani, Franca Chiaromonte. Per non parlare delle perplessità di Marco Pannella e di tanti esponenti radicali”. Oggi, di quel dubbio si trova traccia soltanto nei commenti del citato Ricolfi, di Piero Sansonetti (direttore dell`Unità, a quanto pare in conflitto con la sua redazione) e Mattia Feltri.

L’altro aspetto, marginale se vogliamo, più di stile che di sostanza, ma rilevante, è che De Angelis è stato scelto dal presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, come responsabile della comunicazione istituzionale. Le polemiche avevano accompagnato la sua nomina, essendo un ex estremista di destra ed esponente di Terza Posizione, ma Rocca lo aveva già con sé alla Croce Rossa e dunque le cose si sono in qualche modo acquietate. Ora la nuova buriana, per una frase molto forte e che una voce pubblica non può pronunciare senza coinvolgere l’istituzione per cui lavora. Così, di nuovo, se ne chiedono le dimissioni, come il diretto interessato stesso sembrava quasi prevedere, “finirò sul rogo”. Ma questo malvezzo è ormai così diffuso, e lo è tanto a sinistra, che la cosa non sorprende nemmeno più.

Altrettanto bipartisan, la tendenza a commentare le sentenze e gli atti giudiziari in funzione di quanto favoriscano i propri interessi e la posizione in cui ci si schiera. Dunque la condanna definitiva dei neofascisti è accolta con favore da sinistra e dai famigliari delle vittime, comprensibilmente ansiosi di mettere almeno un punto sulla vicenda e che però ammettono che esistono ancora capitoli oscuri della vicenda. Dunque, ruoli e responsabilità potrebbero essere rivisti, così come sostiene parte della destra. La richiesta di giustizia dovrebbe accomunare tutti, ma si tratta solo di una bella utopia.

Vedremo a breve come finirà la vicenda. Nel frattempo Gianni Alemanno non ha mancato di condividere il post di De Angelis, nell’ambito della sua campagna per costituire una forza che raccolga il malcontento da destra contro le “sgradite” moderazioni di Meloni e del suo governo. Al quale l’ex sindaco di Roma, in tal modo, sta probabilmente facendo un enorme favore politico.

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