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Trattato Quirinale

Trattato del Quirinale? Non è garanzia di buoni rapporti Italia-Francia. Parla Toscano

"Il Trattato del Quirinale è una cornice, non è garanzia di buoni rapporti". Conversazione di Start Magazine con Alberto Toscano, saggista, politologo e presidente del Club de la Presse européenne, l’Associazione della stampa europea in Francia

 

“La vera incognita di questo Trattato è questa: se le condizioni oggi favorevolissime, fondate in molta parte rapporti personali tra Draghi e Macron, verranno meno, allora anche i contenuti potranno cambiare. Il Trattato però resterà e anche in quelle fasi e in quel tempo si potrà disporre di un luogo per aiutare il dialogo”.

Parola di Alberto Toscano, giornalista, saggista, già all’Ispi e poi collaboratore dalla Francia per diversi quotidiani italiani fra cui Il Giornale e Italia Oggi, ora presidente del Club de la Presse européenne, l’Associazione della stampa europea in Francia, che ha scritto un recente libro sulle relazioni storiche tra Italia e Francia (Gli italiani che hanno fatto la Francia, Milano 2020).

Come valuta il Trattato Italia-Francia che è stato firmato al Quirinale?

Bisogna anzitutto rilevare il successo dell’evento, nell’atmosfera che si è potuta osservare e nella stessa cerimonia. Il clima eccellente conferma che le relazioni italo-francesi sono oggi ai livelli più alti. Sono favorite anche dal rapporto personale tra il presidente Sergio Mattarella, il presidente del Consiglio Mario Draghi e il presidente francese Emmanuel Macron.

Non è sempre stato così.

A osservare questo momento di amicizia, il pensiero non può non tornare alle occasioni di tensione che si sono viste in passato. Proprio per questo presente così alto, bisogna con realismo ricordare anche i momenti difficili che abbiamo attraversato. Mi vengono in mente i tempi del governo di Lamberto Dini: il presidente Jacques Chirac annullò il vertice annuale italo-francese quando l’Italia assunse nel 1995 una posizione critica rispetto ai test nucleari in Polinesia, oppure quando il governo francese decise nel 1988 un intervento per ostacolare l’Opa di Carlo De Benedetti sulla Société Générale de Belgique o nel febbraio 2019, quando fu richiamato per consultazioni l’ambasciatore francese a Roma, o il caso Fincantieri Saint-Nazaire.

E dunque il Trattato servirà?

Per questo mi sento di dire che il Trattato ha una funzione, perché è anzitutto è una camera di comunicazione, in cui prevenire incomprensioni e scambiarsi opinioni, per chiarirsi reciprocamente. Va però rilevato che si tratta soltanto di una cornice, che in quanto tale non è sufficiente a trovare le intese: è lo spazio in cui parlarsi. Non è la garanzia che tutti i problemi saranno risolti, è un quadro favorevole alla soluzione dei problemi.

Dipenderà però anche dagli interlocutori.

Viviamo in Paesi democratici, le maggioranze politiche sono fatalmente destinate a cambiare, nella normale dinamica dell’alternanza. Sarà opportuno, anche grazie al nuovo Trattato, che non si vedano più i modi che abbiamo osservato da parte francese nelle critiche nei confronti del governo Berlusconi o del governo Conte 1, né nei toni pregiudiziali osservati in varie occasioni sul versante italiano.

La vera incognita di questo Trattato è questa: se le condizioni oggi favorevolissime, fondate in molta parte rapporti personali tra Draghi e Macron, verranno meno, allora anche i contenuti potranno cambiare. Il Trattato però resterà e anche in quelle fasi e in quel tempo si potrà disporre di un luogo per aiutare il dialogo.

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