Un presunto attacco con un laser militare da parte della Cina contro un aereo da ricognizione tedesco nel Mar Rosso ha scatenato tensioni tra Berlino e Pechino, portando il governo tedesco a convocare l’ambasciatore cinese: una mossa tanto rara quanto simbolica, replicata qualche giorno dopo anche dall’Unione Europea.
L’incidente, secondo le autorità tedesche, avrebbe potuto causare gravi conseguenze per l’equipaggio dell’aeromobile. Pechino nega le accuse, ma la sua risposta lascia anche spazio a possibili futuri ripensamenti, come nella tradizione diplomatica cinese.
L’EPISODIO E LA RISPOSTA TEDESCA
L’allarme è scattato martedì 8 luglio di prima mattina, quando il ministero degli Esteri tedesco ha convocato l’ambasciatore cinese a Berlino per fornire chiarimenti sull’episodio, considerato grave e potenzialmente lesivo della sicurezza del personale militare. Si tratta di un gesto formale piuttosto insolito: l’ultima convocazione di questo tipo risaliva al 2024, in seguito a un attacco informatico di origine cinese, e prima ancora addirittura al 1989. Il ministro degli Esteri Johann Wadephul ha definito “inaccettabile” qualsiasi forma di disturbo o minaccia immotivata ai mezzi tedeschi. Secondo quanto riportato dai media tedeschi, l’aereo da ricognizione avrebbe subito un abbaglio da parte di un laser presumibilmente proveniente da unità navali cinesi, una tecnica ritenuta pericolosa perché in grado di accecare i piloti o danneggiarne la vista in modo permanente.
LA SMENTITA CINESE E IL DOPPIO LIVELLO DI COMUNICAZIONE
Pechino ha respinto ufficialmente ogni accusa. La portavoce del ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, ha dichiarato che le informazioni trasmesse dalla Germania non coincidono con i fatti noti alla parte cinese. Una smentita, però, non del tutto chiusa: la formula adottata lascia intendere che nuove evidenze potrebbero portare a una diversa valutazione. Mao ha ricordato le missioni della marina cinese nel Golfo di Aden e al largo della Somalia, evitando però ogni riferimento diretto al Mar Rosso. Ha poi ribadito il ruolo costruttivo della Cina nella sicurezza marittima globale e auspicato un rafforzamento del dialogo bilaterale per evitare malintesi. Parallelamente, think tank cinesi come la South China Sea Strategic Situation Probing Initiative, ripresi dalla stampa di Berlino, hanno reagito con toni ben più duri, bollando le accuse tedesche come allucinazioni e negando la presenza di unità cinesi nella zona interessata.
UN CAMBIAMENTO NELLA POSTURA MILITARE DELLA CINA
Secondo alcuni osservatori tedeschi, l’incidente potrebbe rappresentare un segnale di mutamento nell’approccio cinese alle operazioni militari internazionali. L’utilizzo di laser per accecare mezzi navali e aerei stranieri è una pratica già documentata da anni soprattutto nell’Indo-Pacifico, dove si sono registrate numerose violazioni del Cues, il codice di condotta per gli incontri imprevisti in mare. Tuttavia, questa sarebbe la prima volta che una simile azione viene segnalata al largo delle coste dello Yemen. Sarah Kirchberger, esperta di Cina all’Università di Kiel, ha sottolineato come la novità consista soprattutto nella protesta ufficiale di uno Stato occidentale, nel caso specifico la Germania. E Nicolas Zippelius, parlamentare della Cdu esperto di affari cinesi, ha parlato di un’escalation geografica e politica significativa, tale da richiedere una risposta ferma da parte del governo federale.
IL PROGRAMMA CINESE DI RIARMO E LE ARMI LASER
L’episodio arriva in un momento in cui la Cina sta intensificando i propri sforzi di modernizzazione militare. Il presidente Xi Jinping ha dichiarato l’obiettivo di trasformare l’Esercito popolare di liberazione in una forza di “livello mondiale” entro il 2049. Con oltre due milioni di soldati, la Cina possiede già il più grande esercito numerico al mondo, e ha previsto per quest’anno una spesa per la difesa di 245 miliardi di dollari, cifra che rappresenta quasi il 41% del bilancio statale centrale. Alcune stime occidentali, come quella del Dipartimento della Difesa Usa, suggeriscono che la spesa reale potrebbe essere ancora più elevata, anche del 90% rispetto al dato ufficiale. Nel frattempo, continuano a emergere segnali di opacità interna: nei mesi scorsi diversi alti ufficiali della Commissione militare centrale sono stati sospesi per corruzione, tra cui il generale He Weidong, numero due dell’apparato militare cinese.
L’Handelsblatt rileva come particolare attenzione sia rivolta dalle autorità di difesa cinesi allo sviluppo di sistemi d’arma avanzati come i laser. Secondo fonti taiwanesi, le ricerche in questo campo sono in fase avanzata, ma Pechino non disporrebbe ancora di sistemi robusti e collaudati. Alcuni prototipi, come Silent Hunter e Shennong Shield, sarebbero già in uso in paesi terzi: il primo sarebbe stato fornito all’Arabia Saudita per proteggersi dai droni Houthi nello Yemen, mentre il secondo sarebbe comparso in mano a truppe russe sul fronte ucraino. Inoltre, è stato avvistato un sistema simile all’Helios statunitense su una nave cinese da sbarco. Resta incerta la reale efficacia di tali tecnologie, ma la loro crescente diffusione solleva interrogativi sulla natura e le finalità delle missioni estere della Cina.
UNA STRATEGIA DI POTENZA E LE REAZIONI REGIONALI
A dispetto dei tentativi di Pechino di promuovere un’immagine della Cina come forza stabilizzatrice globale, molti paesi nella regione del Mar Cinese Meridionale mostrano crescente preoccupazione per il rafforzamento militare e la moltiplicazione di episodi di tensione, ora anche ben oltre il perimetro tradizionale. In questo clima, l’episodio del Mar Rosso rischia di diventare non solo un punto critico nei rapporti tra Berlino e Pechino, ma anche un indicatore di una strategia cinese più ampia, orientata a estendere la propria influenza anche nelle aree marittime strategiche del Medio Oriente e ad allarmare ancora di più Occidente e paesi del Pacifico.