Nel Mar Baltico cresce di giorno in giorno la tensione tra Russia e Nato a causa della cosiddetta “flotta fantasma” russa. L’episodio più recente ha coinvolto la petroliera “Jaguar”, priva di bandiera e sanzionata dal Regno Unito, scortata dalle autorità estoni e infine difesa da un jet da combattimento russo Su-35. L’Estonia, che è membro dell’Alleanza Atlantica, accusa Mosca di aver violato il proprio spazio aereo per proteggere una nave legata alle esportazioni illegali di petrolio. Un gesto che, secondo il governo di Tallinn, sancisce per la prima volta il legame diretto tra il Cremlino e questa rete marittima opaca. Gli osservatori temono soprattutto che, attraverso queste azioni apparentemente minori, la Russia stia testando la reattività della Nato, mantenendo alta la fibrillazione e aumentando così il rischio di una pericolosa escalation nella regione.
LA FLOTTA NELL’OMBRA
L’impiego di una tale rete è noto fin dall’avvio delle sanzioni occidentali sulle forniture energetiche di Mosca, a seguito dell’attacco militare all’Ucraina nel febbraio 2022. La “flotta fantasma” è composta da centinaia di vecchie petroliere, spesso registrate in paesi terzi o sotto bandiere di comodo, che trasportano petrolio russo aggirando proprio le sanzioni internazionali. La “Jaguar”, ad esempio, risulta registrata in Gabon.
Queste navi, difficili da tracciare e controllare, operano con coperture legali opache e sono assicurate in giurisdizioni esterne, sfuggendo così alle restrizioni economiche imposte dall’Occidente. Se inizialmente l’obiettivo era esclusivamente economico, oggi il sospetto (e il timore) è che la flotta venga utilizzata anche per operazioni di sabotaggio e per minare la sicurezza delle infrastrutture critiche europee.
Negli ultimi mesi, diversi incidenti hanno rafforzato tali sospetti. Navi sospette sono state sorprese in prossimità di cavi sottomarini elettrici e di comunicazione nel Baltico. In dicembre, la Finlandia ha sequestrato la “Eagle S” per il danneggiamento di un cavo; nello stesso periodo, una nave battente bandiera delle Isole Cook ha compromesso il collegamento tra Estonia e Finlandia. A gennaio, la petroliera “Veschen” ha danneggiato un cavo tra Lettonia e Svezia, ma le autorità svedesi hanno poi rilasciato la nave per mancanza di prove definitive. Tuttavia, il sospetto di sabotaggio persiste.
CRESCE L’ALLARME NEI PAESI BALTICI
Le ripetute provocazioni e le manovre sospette della flotta russa hanno spinto le repubbliche baltiche ad aumentare la propria allerta. L’Estonia, ad esempio, ha annunciato un ambizioso piano di investimento nella difesa: 2,8 miliardi di euro nei prossimi quattro anni, per raggiungere una spesa pari al 5,4% del Pil. Le forze armate estoni, pur limitate nei numeri e nei mezzi, possono contare sul supporto delle truppe Nato, con oltre 2200 militari di stanza nel Paese. In Lituania, una brigata corazzata tedesca è stata per la prima volta schierata al di fuori del suo territorio come deterrente ulteriore.
Parallelamente, la Nato ha avviato la missione “Baltic Sentry”, intensificando la sorveglianza sulle infrastrutture strategiche del Mar Baltico. Tuttavia, l’incidente con la “Jaguar” ha evidenziato le fragilità operative e politiche nella risposta alle minacce ibride. Secondo fonti estoni, il tentativo di abbordare la nave è stato interrotto a metà, fornendo alla propaganda russa un’opportunità per esaltare il fallimento dell’Alleanza.
Il Cremlino ha rivendicato apertamente il diritto di proteggere le proprie navi nel Baltico “con tutti i mezzi disponibili”. La Russia sembra dunque decisa a mantenere un atteggiamento aggressivo, anche a costo di accrescere le tensioni con la Nato.
IL BALTICO È IL MARE PIÙ PERICOLOSO DEL MONDO
Il crescente numero di incidenti ha spinto diversi leader europei a chiedere un rafforzamento delle regole internazionali per la navigazione. Il ministro degli Esteri polacco Radosław Sikorski ha definito il Mar Baltico “il mare più pericoloso del mondo”, invocando un controllo più rigoroso sulle navi senza bandiera o sotto bandiere di comodo. A suo dire, il diritto marittimo attuale – come la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare – non offre strumenti sufficienti per intervenire efficacemente, soprattutto nelle acque internazionali dove si trovano infrastrutture vitali.
Sikorski ha anche annunciato che la Polonia proporrà misure specifiche quando assumerà la presidenza del Consiglio degli Stati del Mar Baltico. L’obiettivo è creare un sistema di responsabilità più chiaro per armatori, capitani e paesi di bandiera. Una maggiore trasparenza, secondo Varsavia, ridurrebbe i rischi ambientali e geopolitici.
EPICENTRO DI UN NUOVO CONFRONTO?
Sullo sfondo di questi eventi, cresce la preoccupazione che il Mar Baltico possa diventare l’epicentro di un nuovo confronto militare tra Russia e Occidente. In Estonia l’allarme è alto. Hiiumaa, l’isola estone che fu base militare sovietica e oggi simbolo di tranquillità, è divenuta il simbolo di un equilibrio sempre più fragile. Gli esperti più ottimisti, pur consapevoli della potenza militare russa, ritengono che Mosca stia bluffando, cercando di intimidire più che colpire. Tuttavia, la presenza costante della flotta fantasma, supportata da mezzi militari, rappresenta una minaccia concreta che secondo molti non può essere ignorata.
Per ora, la deterrenza della Nato sembra contenere la situazione ma c’è il rischio reale che un nuovo incidente possa sfuggire di mano. La sfida che si gioca nel Baltico va oltre il confronto navale: è una battaglia per la credibilità dell’Alleanza Atlantica e per la tenuta della sicurezza europea. Se i timori per il disimpegno americano (in Ucraina e nell’Europa orientale in generale) si faranno certezza, come ad esempio crede sempre di più la leadership tedesca, l’Europa sarà chiamata a colmare nel più breve tempo possibile il vuoto statunitense. Un’ipotesi che non lascia dormire sonni tranquilli, non solo negli Stati attorno al Baltico.