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Com’è andato il summit di Sharm el-Sheikh su Gaza

Il summit di Sharm el-Sheikh ha segnato un momento di speranza per una pace duratura in Medio Oriente, con la firma di una dichiarazione congiunta, ma anche ha lasciato aperte molte questioni cruciali. Fatti e commenti.

Ieri Sharm El-Sheikh ha ospitato un summit internazionale di alto profilo per consolidare il cessate il fuoco tra Israele e Hamas e discutere il futuro della Striscia di Gaza.

Come riportato da Reuters, l’evento, guidato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump e dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, ha riunito oltre 20 leader mondiali, ma ha visto l’assenza di rappresentanti di Israele e Hamas.

Il summit ha segnato un momento di speranza per una pace duratura in Medio Oriente, con la firma di una dichiarazione congiunta e discorsi ambiziosi, ma ha lasciato aperte molte questioni cruciali.

Una platea globale

Il summit di Sharm El-Sheikh ha visto la partecipazione di quasi tre dozzine di leader mondiali, tra cui figure di spicco da Europa e Medio Oriente.

Come scrive il Times of Israel, erano presenti il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, l’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas, il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, il primo ministro britannico Keir Starmer, la premier italiana Giorgia Meloni e il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres.

Altri leader includevano i capi di stato di Azerbaijan, Iraq, Canada, Paesi Bassi, Spagna e Ungheria. Tuttavia, come nota Reuters, mancavano i leader di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, oltre a rappresentanti di Israele e Hamas, il che ha limitato la portata delle discussioni.

L’assenza di Netanyahu e la presenza di Abbas

Un’assenza significativa è stata quella del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Come riportato dal Times of Israel, Netanyahu ha declinato l’invito all’ultimo minuto, citando la concomitanza con la festività ebraica di Simchat Torah, che iniziava lunedì sera.

Tuttavia, fonti diplomatiche suggeriscono che la decisione sia stata influenzata dall’opposizione di leader come il presidente turco Erdogan, che, secondo il Times of Israel, aveva minacciato un boicottaggio insieme ad altri leader musulmani se Netanyahu avesse partecipato. Inoltre, un rapporto dei media ebraici indica che Netanyahu temeva reazioni negative dalla sua base di destra.

Al contrario, Mahmoud Abbas, presidente dell’Autorità Palestinese, era presente e ha avuto un incontro di rilievo con Trump. Come descritto dal New York Times, i due leader si sono stretti la mano calorosamente, segnando un riavvicinamento dopo tensioni passate, inclusa la recente negazione del visto statunitense ad Abbas per l’Assemblea Generale dell’Onu.

La presenza di Abbas riflette il suo desiderio di posizionare l’Autorità Palestinese come attore chiave nella futura amministrazione di Gaza, nonostante le obiezioni di Israele, che accusa l’Autorità di sostenere il terrorismo attraverso il sistema educativo e i pagamenti ai prigionieri.

Il discorso di Trump

Donald Trump ha dominato il summit con un discorso enfatico, descritto dal Times of Israel come un appello a una “nuova era di armonia” in Medio Oriente. Trump ha celebrato il cessate il fuoco come un successo personale, definendolo “il più grande accordo di tutti” e sottolineando che “la guerra è finita”.

Come riportato da Bloomberg, il capo della Casa Bianca ha dichiarato: “Oggi, per la prima volta che chiunque possa ricordare, abbiamo un’opportunità unica nella vita di lasciarci alle spalle vecchie faide e amari odi”.

Trump ha esortato i leader a unirsi agli Accordi di Abramo, che hanno normalizzato i rapporti tra Israele e diversi stati arabi nel 2020, e ha previsto che anche l’Iran, nonostante i recenti conflitti, potrebbe unirsi all’iniziativa di pace.

Trump ha anche affrontato questioni pratiche, come la ricerca dei corpi di 24 ostaggi deceduti ancora trattenuti da Hamas, definendo il compito “raccapricciante” ma necessario, e ha confermato che le trattative per le fasi successive del suo piano di pace a 20 punti sono già iniziate.

Tuttavia, come nota l’Economist, come il suo discorso alla Knesset della mattina, quello di Sharm El-Sheikh è stato a tratti vago, senza dettagli concreti su come garantire la stabilità e la ricostruzione di Gaza.

La firma della dichiarazione

Un momento centrale del summit è stata la firma della “Trump Declaration for Enduring Peace and Prosperity” da parte di Trump, al-Sisi, Erdogan e l’emiro del Qatar.

Come osserva il Times of Israel, che riporta il testo integrale della dichiarazione, il documento accoglie “l’impegno storico” per il cessate il fuoco e apre “un nuovo capitolo per la regione definito da speranza, sicurezza e una visione condivisa per pace e prosperità”.

Esso sottolinea l’importanza di una pace duratura che garantisca i diritti umani fondamentali, la sicurezza e la dignità per palestinesi e israeliani, e impegna i firmatari a risolvere future dispute attraverso il dialogo diplomatico.

Estratti significativi della dichiarazione includono: “Riconosciamo il profondo significato storico e spirituale di questa regione per le comunità religiose – cristianesimo, islam ed ebraismo. Il rispetto per queste connessioni sacre e la protezione dei siti del patrimonio rimarranno fondamentali nel nostro impegno per la coesistenza pacifica”.

Inoltre, i leader si sono impegnati a “smantellare l’estremismo e la radicalizzazione in tutte le sue forme” e a promuovere “educazione, opportunità e rispetto reciproco come fondamenta per una pace duratura”.

Tuttavia, come scrive il New York Times, il documento manca di dettagli operativi su come raggiungere questi obiettivi, lasciando molti interrogativi aperti. Trump ha descritto il documento come “molto completo”, ma, secondo il Nyt, non ha offerto chiarimenti sul suo contenuto pratico.

Discussioni sul futuro di Gaza

Il summit si è concentrato su governance, sicurezza e ricostruzione di Gaza, come indicato dall’ufficio di al-Sisi e riportato da Reuters.

Tra le questioni più spinose c’è il disarmo di Hamas e il suo ruolo nella futura amministrazione del territorio, che ha controllato dal 2007. Trump ha proposto che l’Autorità Palestinese, dopo un periodo di riforme, assuma il controllo di Gaza, ma Israele si oppone fermamente a questa idea.

Come scrive l’Economist, Hamas sta già cercando di riaffermare il proprio controllo, dispiegando uomini armati per pattugliare le strade e reprimere oppositori, il che rischia di alimentare tensioni interne.

L’afflusso di aiuti umanitari è iniziato, con centinaia di camion carichi di cibo e forniture mediche, ma, secondo l’Economist, la distribuzione rimane caotica, con saccheggi frequenti.

Al-Sisi ha annunciato un ulteriore summit a novembre per discutere della ricostruzione di Gaza, invitando Trump a partecipare.

Prospettive e incertezze

Nonostante l’ottimismo espresso da Trump, il cessate il fuoco rimane fragile. Come riportato dal Times of Israel, il ministro della difesa israeliano Israel Katz ha avvertito che il mancato rilascio dei corpi degli ostaggi deceduti da parte di Hamas sarà considerato una violazione dell’accordo.

Inoltre, l’Economist evidenzia che le ambizioni di Hamas di mantenere il controllo di Gaza, insieme alla mancanza di un piano chiaro per una forza di sicurezza post-bellica, potrebbero portare a ulteriori conflitti.

In conclusione, il summit di Sharm El-Sheikh ha rappresentato un passo simbolico verso la pace, con la firma di una dichiarazione che stabilisce principi generali per la stabilità regionale. Tuttavia, l’assenza di Israele e Hamas, le tensioni con l’Autorità Palestinese e le incertezze sui dettagli operativi lasciano molte domande senza risposta.

Come scrive Bloomberg, Trump ha definito il summit un “nuovo inizio”, ma il percorso verso una pace duratura rimane irto di ostacoli.

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