skip to Main Content

Isis-k

Armi: il Sud-est asiatico molla la Russia. Godrà la Cina o la Corea del Sud?

Come cambierà il mercato dell'import di armi nel Sud-Est asiatico dominato finora dalle esportazioni russe. Che cosa emerge dall'analisi del settimanale The Economist.

Dominato per decenni dalla Russia, il mercato delle armi nel Sud-est asiatico sta virando verso altre direzioni sotto la spinta di una guerra in Ucraina che, oltre a rendere ormai difficoltoso ogni rapporto troppo stretto con Mosca, ha messo in evidenza tutti i limiti della macchina bellica russa. Secondo l’Economist, che a questo tema ha dedicato un recente articolo, ad approfittare di questo cambio di equilibri non sarà la Cina, penalizzata dalle sua ambizioni egemoniche, ma una potenza esportatrice affidabile come la Corea del sud.

Sud-Est asiatico, per lungo tempo mercato fiorente per le armi russe

Quando si pensa al Sud-est asiatico lo si associa ai più dinamici mercati emergenti del pianeta brulicanti di forza lavoro e di iniziative imprenditoriali; un paradiso insomma per il capitalismo contemporaneo.

Ma la regione è nota anche per essere uno degli epicentri della grande competizione strategica tra Usa e Cina, cui recentemente si è affiancata l’India come potenza dalle crescenti ambizioni. Inoltre, nonostante il clima di apparente armonia che domina i meeting dell’Asean (Association of South-East Asian Nations), i Paesi della regione si guardano con mutuo sospetto e convivono in un’atmosfera di rivalità.

Sono questi i motivi che hanno reso il Sud-Est asiatico una delle zone più fiorenti per il mercato delle armi, dominato fino a questo momento soprattutto da un grande fornitore come la Russia. Negli ultimi due decenni Mosca ha venduto armi in quest’area per oltre 11 miliardi di dollari, surclassando gli altri attori come America, Francia e Germania.

Come sottolinea all’Economist Ian Storey, analista dell’iseas-Yusof Ishak Institute con sede a Singapore, la Russia è riuscita a conquistarsi una posizione di quasi monopolio mettendo a disposizione armi hi-tech a prezzi accessibili, accettando al limite pagamenti sotto forma di commodities e soprattutto oliando questi affari con una robusta dose di corruzione. Va da sé, inoltre, che il Cremlino chiuda non uno ma due occhi sulla situazione dei diritti umani degli acquirenti.

Segni di crisi

Da qualche anno tuttavia le vendite russe di armi hanno subito una drastica decelerazione.

Un Paese come il Vietnam, che per lungo tempo è stato il maggior acquirente di Mosca, ha messo in pausa il suo programma di modernizzazione militare. L’Indonesia ha rimesso nel cassetto il suo progetto di acquistare i caccia Su-35 e le Filippine hanno fatto altrettanto con un affare miliardario concernente l’acquisto di elicotteri. Altri Paesi della regione nel frattempo hanno preso molto sul serio le sanzioni che gli Usa hanno elevato contro Mosca fin dal 2017.

Il deflagrare della guerra in Ucraina ha avuto l’effetto di ridurre ulteriormente le forniture dalla Russia. I motivi sono molteplici, evidenzia il settimanale britannico: c’è chi pensa al rischio reputazionale legato agli acquisti di armi da quello che è ormai diventato uno Stato paria; c’è chi non ha mancato di notare l’inefficienza della macchina bellica russa nel teatro di guerra ucraino. Altri ancora, pur interessati a rinnovare il legame con Mosca, devono fare i conti con le nuove sanzioni elevate dopo l’invasione e fatte osservare rigidamente anche da Paesi vicini come Giappone, Singapore, Corea del Sud e Taiwan.

Chi prenderà il posto di Mosca?

La perdita di posizioni dell’industria russa delle armi nel Sud-Est asiatico solleva un problema: chi prenderà il suo posto come maggior fornitore dei Paesi della regione?

In teoria, questo ruolo potrebbe essere ricoperto dalla Cina, che però non è ben vista in quest’area anche a causa delle sue rivendicazioni nel mar Cinese meridionale che confliggono con quelle di potenziali acquirenti come il Vietnam.

C’è poi il fattore qualità, che ha già creato grossi problemi alla Cina stessa. C’è il caso dei tre sottomarini opzionati dai generali che guidavano la Thailandia nel 2017, un affare che sta vacillando a causa delle difficoltà dell’industria di Pechino nel progettare motori adatti. E c’è anche il caso del Myanmar la cui giunta è semplicemente scandalizzata per la scadente qualità dei jet rilevati da una joint venture cinese-pakistana.

Questi buchi nell’acqua non sono passati inosservati tra i Paesi Asean, che hanno necessariamente preso a guardare in altre direzioni. Una di queste è l’India, che è in procinto di siglare un accordo con l’Indonesia per un lotto di missili cruise BrahMos.

Corea del sud nuovo player dominante?

Tuttavia nessuno è meglio posizionato della Corea del sud per raccogliere l’eredità russa. Il Paese gode già di grande fama come potenza esportatrice di manufatti di qualità in tutti i settori tecnologici.

Quando si tratta di vendere armi, Seoul può far valere il suo vantaggio competitivo fatto di qualità, prezzi ragionevoli, pronta consegna e offerte di credito.

I player della Corea del sud non hanno inoltre problemi nel trasferire la loro tecnologia ai propri clienti. Il caso esemplare è quello dell’Indonesia che, in assenza di un’industria navale autoctona, sta costruendo la propria flotta militare con l’aiuto di Seoul.

Ma se c’è un fattore che rende attrattiva l’opzione coreana, sottolinea il settimanale britannico, è la sua posizione ai margini del grande gioco geopolitico che interessa la regione, una posizione defilata che non può che risultare gradita a Paesi che già devono giostrare tra le opposte spinte cinese e americana.

Back To Top