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storie bastarde

Storie bastarde di una generazione di pischelli brutti, sporchi e buoni

Chi c'era e che cosa si è detto alla presentazione del libro “Storie bastarde” di Davide Desario per Avagliano Editore ieri a Roma nella sede dell’Adnkronos

Bordeggiare il margine con l’inconsapevolezza e l’avidità di vita tipici di un’infanzia e adolescenza in una periferia romana. È questo il filo rosso che cuce le ventotto Storie bastarde raccontate da Davide Desario per Avagliano Editore e presentate ieri a Roma nella sede dell’Adnkronos in un affollatissimo evento. Il direttore dell’Adnkronos ha voluto riproporre, in accordo con l’editore, una nuova edizione del suo libro (che uscì originariamente quattordici anni fa) come incoraggiamento alle sfide dei tempi presenti. “Se guardiamo indietro a tutti i pericoli che ha attraversato la nostra generazione non possiamo non trovare forza e ispirazione per affrontare quelle di oggi, di un mondo sempre più digitale, dove ci interroghiamo sul dominio dell’intelligenza artificiale”.

CHI C’ERA ALLA PRESENTAZIONE

Desario si è confrontato sulle Storie bastarde con il prefetto di Roma ed ex capo della Polizia, Lamberto Giannini, la giornalista Rai, Eleonora Daniele, l’editore Andrea Lombardi. Confronto animato dalle domande del conduttore de La7, Giovanni Floris. Letture di alcune pagine del libro sono state affidate a Malcom Pagani, produttore cinematografico, e Costanza Calabrese, giornalista del Tg5 figlia di Pietro, direttore del Messaggero, che incoraggiò Desario a pubblicare il libro. Una jam session a sorpresa è stata offerta da Piotta e Federico Zampaglione, che hanno cantato “Serpico”, brano che racconta un’altra storia bastarda romana, quella che Tommaso Zanello ha raccontato nel suo libro “Corso Trieste”, scritto a doppia firma con il fratello Fabio recentemente scomparso

. Ad ascoltare la presentazione molti i politici (Andrea Del Mastro, Alberto Barachini, Federico Mollicone, Davide Bordoni, Tobia Zevi, Alessandro Onorato, Enrico Gasbarra, Massimiliano Smeriglio, Umberto Croppi), giornalisti e manager tv (Mario Sechi, Paolo Corsini, Francesco Pionati, Massimo Martinelli, Serena Bortone, Beppe Convertini, Federica Angeli, Andrea Perroni, Federica Frangeli, Federico Palmaroli “Osho”) e presenze istituzionali (il questore Roberto Massucci e il comandante provinciale dei Carabinieri, Marco Pecci, e il rabbino Riccardo Di Segni).

PISCHELLI BRUTTI, SPORCHI E BUONI

Vista con lo sguardo di oggi, da una visuale di genitori apprensivi e iper-presenti, l’infanzia selvaggia rievocata da Desario appare lontana anni luce. Come verrebbe raccontata ora il coinvolgimento di ragazzini con esponenti della Banda della Magliana, come Maurizio Abatino, o con una primula rossa del terrorismo, come Barbara Balzerani oppure il pellegrinaggio sui luoghi di baracche abusive che solo pochi anni prima hanno visto massacrare Pier Paolo Pasolini? Così nelle pagine scorrono storie randagie, dove le sfide a calcio nelle pinete sabbiose si deve dribblare anche la selva di siringhe abbandonate dopo la dose. “Sapevamo che dovevamo guardarci dai tossici in crisi di astinenza, così come avevamo consapevolezza di quanto erano innocui dopo l’iniezione”, ha detto l’autore durante il dibattito. “Se la polizia ci avesse interrogato gli avremmo potuto raccontare molti segreti di quell’ambiente, conoscevamo tutto: frequentazioni, orari, targhe delle macchine”.

UNA CORSA NON PER TUTTI

Quell’infanzia così formativa sul campo non è passata indenne. Nel raccontare quel vincolo inscindibile che ancora lo lega ai compagni con cui ha corso a perdifiato sulle piste dell’adolescenza, Desario dedica un pensiero affettuoso anche a chi si è accasciato. Come scriveva Giancarlo De Cataldo nella prefazione della prima edizione «E vai a capire come e perché capita che, allo sparo dello starter, tutti si mettono a correre di gran lena, e poi solo pochi fortunati arrivano al traguardo. Fa parte del mistero della vita, certo”. Proprio a chi, l’amico Oscar, ha scelto di sedersi sul tartan salmastro e interrompere la corsa è dedicata l’ultima toccante “bastarda” del libro, letta con molta partecipazione ieri da Malcom Pagani. Altrettanto emozionante, qualche pagina prima, il ricordo di Giustiniano, l’amico difeso dai prepotenti in pineta, che Desario un giorno rincontra nel suo ordinario “giro di nera”, quella sequenza di telefonate che n tempo si facevano dalle redazioni dei giornali ai commissariati di polizia e alle caserme dei carabinieri per conoscere gli ultimi eventi delittuosi sul territorio. «Commissà, novità?». «Niente di importante, giusto il solito tossico morto in pineta».

SOUNDTRACK ROCK POP E RAP

“C’è molta musica nel libro, del resto ogni canzone che ascolto la associo immediatamente a una persona, un luogo, un episodio”, ha spiegato Desario che nel libro ricorda le canzoni che hanno accompagnato la sua infanzia e adolescenza. Da Renato Zero a Francesco De Gregori, da Antonello Venditti ai Matia Bazar, da Alice a Lucio Battisti fino ai Marillion ascoltati dal vivo a quello che fu il Teatro Tendastrisce. Non a caso ad assistere alla presentazione ieri anche alcuni musicisti come Marco Conidi e Paolo Belli. Ma la miglior colonna sonora del libro resta la canzone incisa quattordici anni fa da San La Muerte con il Piotta, “Roman blues”, che ha introdotto l’incontro mentre scorrevano sugli schermi sbiadite foto in bianco e nero, L’incipit della canzone: “Il mondo da dietro un vetro nero / era molto più chiaro di quanto credevo / e così rivedevo / e li vedo davvero / per quello che sono / aldilà di ogni velo. / Io scrivo di storie bastarde / di cronache vere al veleno e bugiarde / di fatti e misfatti / di fuoco che arde / di Roma con il sole / con il cielo che piange. / Bagnati dentro l’acquasanta / mentre il pianeta si riscalda / il Mose di Michelangelo ancora non parla / però da qualche tempo canta. Serafini sul ritornello, Cherubini del palazzetto /La pietà l’ha distrutta / Un pazzo a colpi di martello / e noi che aspettiamo l’estate, / guardiamo un bel film, / riempiamo le strade, / noi, sì noi, / che ci facciamo del male, / per stare bene, / aspettiamo l’estate”

OSTIA, ITALIA

Il racconto di Desario è una sceneggiatura neorealista di Ostia. Un quartiere di Roma spesso descritto un po’ pigramente nelle pagine di cronaca come la terminazione degradata della Capitale. Sì, certo, Ostia ha fatto da teatro in tempi remoti e recenti a clamorosi eventi criminali. Ma quello che manca in frettolosi racconti sul litorale romano è la descrizione dell’umanità che ha contraddistinto questa lingua di terra racchiusa tra il mare, il Tevere con l’Idroscalo, la Pineta con gli scavi romani di Ostia Antica e la Cristoforo Colombo con il trampolino iconico del Kursaal, fino all’estremità delle dune una volta trasgressive di Capocotta. Lo sciabordio di acque dolci e salate raccontano l’alto e il basso, la storia e la cronaca, trasvolatori e marchette, poeti beat e indagini su cittadini al di sopra di ogni sospetto, torri michelangiolesche e palafitte sbilenche di pescatori, oasi naturalistica per protezione degli uccelli e yacht e barche a tre alberi nel porto, set di degrado per Amore Tossico o Romanzo criminale e di atmosfere smagate e oniriche per La voce della Luna e Snack Bar Budapest. Un’umanità abituata a unire i due estremi, a coniugare il mondo di mezzo, prima che diventasse una citazione da aula di tribunale. Perché, come scrive Francesca Fagnani nella prefazione, “Ostia è il mare low cost dei romani, quello di chi non ha bisogno di darsi un tono, sono le spiagge libere, i cosiddetti “cancelli”, dove si può essere più disinvolti che altrove, sono i pomodori a riso in spiaggia, le bom­be fritte di notte, le palazzine liberty sul lungomare, la meravigliosa e sterminata pineta, gli scavi archeologici, quell’umanità e solidarietà che come sempre nasce più nel disagio che nel benessere.” Storie bastarde però si può leggere anche sotto altre latitudini, come ha sottolineato Eleonora Daniele, riallacciandosi alla sua periferia padovana, dove è germogliata la mala del Brenta di Felice Maniero. “Le storie di Desario potrebbero essere ambientate allo Zen di Palermo, a Casal di Principe o a Quarto Oggiaro. Le dinamiche erano le stesse. Spero qualcuno ne tragga una serie tv”.

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