Gli interrogativi sono destinati a restare a lungo in sospeso, ma, in vista delle elezioni Usa del prossimo anno, la Fondazione Bettino Craxi, con la sua rivista leSfide – Non c’è futuro senza memoria, che ha dedicato un numero monografico al Destino americano. Polarizzazione interna e proiezione globale, ha avviato un’analisi che vedrà più tappe.
Due ex ambasciatori italiani a Washington, Giovanni Castellaneta e Sergio Vento, con esperti e studiosi ieri al Centro Studi Americani, diretto da Roberto Sgalla, si sono confrontati sul tema dalle conseguenze planetarie. Per Castellaneta è significativo che lo faccia la Fondazione Craxi, intitolata “al primo politico italiano che stabilì un rapporto paritario con gli Usa, talvolta in modo dialettico, anche insieme con Gianni De Michelis, tenendo sempre la barra dritta sull’Occidente”.
Molti gli spunti e le suggestioni, ma un punto resta fermo, ha subito sottolineato Nicola Carnovale, direttore generale della Fondazione Craxi, tracciando l’asse attorno al quale è ruotata la discussione: “La forte polarizzazione presente nel dibattito interno agli Stati Uniti non sembra ripercuotersi a livello internazionale sulla politica estera del Paese, dove generalmente sembrano prevalere linee di continuità piuttosto che di rottura”. Ha spiegato Carnovale : “In una società fortemente polarizzata come gli Usa, i temi di politica estera sembrano rimanere al riparo da queste fratture interne, come dimostra ad esempio la sfida nei confronti della Cina portata avanti sia da Trump che da Biden”. Per Castellaneta, come la guerra della Russia all’Ucraina dimostra, “abbiamo bisogno gli uni degli altri in un rapporto pragmatico tra Stati, in una relazione con gli Usa non tanto improntata al senso ‘romantico’ dei portatori di libertà con la seconda guerra mondiale e il mondo bipolare della guerra fredda, quanto improntata a un senso pratico”.
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“Facciamo parte di una stessa area che condivide valori comuni, dobbiamo lavorare insieme per riaffermare l’emergenza di altre aree del mondo che questi valori magari non li condivide”, ha spiegato Castellaneta, che guardando alle prossime elezioni statunitensi di novembre riflette su “contraddizioni sempre più evidenti” all’interno di un Paese “di impatto fondamentale”.
Per Roberto Menotti, caporedattore della rivista di affari internazionali Aspenia, una simile polarizzazione interna “non può non avere effetti sul resto del mondo nel caso di un Paese cosi importante” come sono gli Stati Uniti. “Mi ha colpito molto che Biden, figura politica di grandissima esperienza, abbia cercato di creare un collegamento fra la politica estera e la classe media, che ritiene il suo principale bacino elettorale”, ha raccontato Menotti.
Biden – ha proseguito – “ha scommesso sul legame fra questo impegno e la politica estera, mentre se guardiamo ai Repubblicani il partito è schiacciato da tempo da una battaglia interna per la sua anima culturale”. Un’asimmetria, fra i due partiti, che Menotti considera significativa alla luce delle prossime elezioni, mentre invita a non dimenticare che fenomeni osannati come la vittoria di Barack Obama nel 2008 – “vero cigno nero della storia americana” – hanno contribuito all’effetto Trump, “seppure in modo indiretto”. Sul timore della Cina, Menotti non ritiene che Pechino abbia in mente “un modello alternativo” ma stia in realtà tentando di “sfruttare il nostro”.
Sulle contraddizioni statunitensi si è soffermato Vento. “Il crollo dell’Unione sovietica e l’avvento della globalizzazione hanno fatto emergere un multipolarismo al quale gli Stati Uniti da anni ormai non riescono ad adattarsi”. L’ex ambasciatore italiano a Washington e prima ancora rappresentante permanente alle Nazioni Unite, respinge “il piagnisteo europeo” nei confronti degli States e afferma che “la fine dell’eurocentrismo e’ stata costruita dai Paesi europei dopo la fine della seconda guerra mondiale, l’implosione dell’Urss, la riunificazione della Germania e un’Europa sotto spinta francese, ma soprattutto con l’iniziativa americana del governo Clinton”. Il mondo “si avvia seppur confusamente ad essere multipolare”, ha aggiunto Vento, consapevole tuttavia che il passaggio dal sistema bipolare della guerra fredda “all’euforia unipolare” post Urss abbia aperto altri fronti d’azione e di competizione, anche con mercati emergenti come l’India, che mantengono quanto piu’ attuale il tema del “declino” americano. Vento cita come una discontinuità negli States di quella che era sempre stata una comune cornice di punti di condivisione l’elezione “nel 1992 di un presidente fino ad allora sconosciuto governatore dell’Arkansas contro Bush padre”. E sostiene che alcuni effetti distorti avuti dalla globalizzazione, che ha contrassegnato l’era Clinton, abbiano favorito la bipolarizzazione statunitense.
Il prossimo numero della rivista della Fondazione Craxi leSfide sarà per ottobre incentrato sul multilateralismo e la governante globale, ha annunciato Carnovale, il direttore generale della Fondazione. Che nel numero della sua rivista presentato ieri, oltre a numerosi interventi di esperti e studiosi, pubblica il discorso integrale dell’allora premier Craxi, in Usa, in occasione del conferimento della laurea honoris causa da parte della Brown University di Providence. Il primo politico italiano che tenne rapporti alla pari con gli Usa.