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Sogni e azzardi di Putin secondo Sergio Romano

“La scommessa di Putin” di Sergio Romano letto da Tullio Fazzolari

La guerra continua purtroppo. E a più di tre mesi dall’inizio dell’aggressione russa in Ucraina restano ancora senza risposta troppi interrogativi: da quale sia al di là della propaganda il vero andamento del conflitto al perché non riesca a decollare un negoziato che porti almeno come primo risultato a una tregua nelle ostilità. Ma resta incomprensibile anche quale sia stato il vero obiettivo di Putin nello scatenare un conflitto e perché abbia deciso di farlo proprio adesso.

Su questo in cento giorni di guerra è stato detto tutto e il contrario di tutto. Ma né gli interminabili talk show televisivi né i pur dettagliati reportage giornalistici sono riusciti a dare una risposta definitiva. “La scommessa di Putin” di Sergio Romano (Longanesi, 96 pagine, 18 euro) è, invece, un’analisi molto più approfondita dei motivi del conflitto e delle conseguenze che può provocare. La competenza e l’autorevolezza dell’autore fanno la differenza rispetto alla maggior parte degli instant book che sono stati pubblicati nelle ultime settimane. Sergio Romano è stato ambasciatore a Mosca ai tempi dell’Unione Sovietica e in precedenza rappresentante italiano presso la NATO. Basta e avanza per poter dire che una conoscenza diretta e un’esperienza professionale dell’argomento. E ha continuato a occuparsene come editorialista e soprattutto come autore di saggi fra cui vanno ricordati “Putin” e “Processo alla Russia”.

“La scommessa di Putin” coglie subito il nocciolo del problema descrivendo in maniera sintetica il carattere personale, la formazione culturale e le più radicate convinzioni del presidente russo. Ne emerge un preciso identikit in cui gli aspetti psicologici prevalgono nettamente su quelli politici. Nato a Leningrado, città protagonista di un’eroica resistenza all’invasione tedesca, è cresciuto nel mito della patria russa. La carriera nel KGB e i primi incarichi pubblici non lo hanno avvicinato a un’ideologia ma al modo di governare lo Stato. Sotto tutti i punti di vista, potrebbe essere definito un patriota. E se fosse solo così dovrebbe capire le ragioni dei patrioti ucraini che combattono per difendere la loro indipendenza. Ma il mito a cui crede Putin è quello della grande patria russa. E’ il sogno di restituire a Mosca quel ruolo di superpotenza planetaria progressivamente sfumato con la disgregazione dell’Unione Sovietica.

E per realizzare questo sogno non ha esitato a scatenare una guerra. La “scommessa” s’è rivelata un gioco d’azzardo in cui Putin ha sopravvalutato la forza della Russia e sottovalutato quella dell’Ucraina. E ha sbagliato ancora di più nel valutare le conseguenze di questo conflitto sul piano internazionale. Come spiega Sergio Romano, è stato demolito un equilibrio mondiale che era stato faticosamente costruito dopo la seconda mondiale e che, nonostante tutto, stava resistendo anche dopo la fine della guerra mondiale.

Comunque vada è impensabile che la Russia torni a essere una superpotenza. E non sarà facile ricostruire la pace.

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