Nel 2003 la sinistra più radicale promosse un referendum per estendere l’articolo 18, quello sui licenziamenti, alle piccole imprese. Il segretario dei Democratici di Sinistra Fassino dichiarò: “il referendum è dannoso, la cosa giusta è renderlo inutile non partecipando al voto”. Sulla stessa linea si espose pubblicamente perfino Sergio Cofferati.
Nel 2009, per i referendum sul sistema elettorale, Rifondazione Comunista e Sinistra e Libertà dichiararono apertamente di voler far fallire il quorum, invitando esplicitamente i cittadini a non ritirare la scheda. Nel referendum sulle trivelle del 2016, l’allora presidente del consiglio e segretario del PD Matteo Renzi disse “La posizione dell’astensione a un referendum che ha il quorum è sacrosanta e legittima”.
Citò poi l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che, intervistato nei giorni precedenti, aveva risposto: “ se la Costituzione prevede che la non partecipazione della maggioranza degli aventi diritto è causa di nullità, non andare a votare è un modo di esprimersi sull’inconsistenza dell’iniziativa referendaria”. Nel 2022, in relazione ai referendum sulla giustizia, la sinistra politica e sociale operò per il fallimento della consultazione attraverso l’astensione.
Il centrodestra non ha mai avuto difficoltà a dichiarare l’invito alla assenza dalle urne nel caso di quesiti non graditi.
Non è un caso invece se mai figure autorevoli, per quanto estranee alla competizione politica, abbiano invitato a disertare le urne per il rinnovo dei vari livelli di rappresentanza democratica. Il dovere, ancorché non sanzionato, è evidente in relazione al buon funzionamento delle nostre istituzioni. Nel caso dei referendum una porzione (esigua) di concittadini ci chiede di condividere il desiderio di ottenere l’abrogazione di alcune norme. Uno dei modi per non volere questo esito è, da sempre ed esplicitamente, quello di non ritirare le schede.