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Sinistra

Vi racconto le confusioni di Renzi e dei filo Renzi

Amnesie e contraddizioni dei liberali politici e mediatici nella sinistra. La preghiera mattutina di Festa per Tempi.

Su Dagospia  dall’articolo di Roberto Gressi sul Corriere della Sera: “C’è la fila, con il cappello in mano, davanti a quella porta. Questuanti, corteggiatori, affamati di voti, saccheggiatori di eredità politica, portatori di doni, che sono poi i più temibili. Anzi, più che una fila è una ressa […] Giurano che di loro ci si può fidare e degli altri no. […] Ché per sedersi a Strasburgo, anche solo su uno strapuntino, serve almeno il quattro per cento. […] La porta è quella di Emma Bonino, 75 anni […]”.

Mi pare che Gressi descriva realisticamente lo stato della cosiddetta ala moderata della sinistra, una specie di ammucchiata formata da resti di antichi ceti politici, più ispirata da spirito di sopravvivenza (una sorta di quello che Giorgio Guglielmo Federico Hegel chiamava “il partito della pagnotta”) che da visioni e ideali politici.

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Su Linkiesta, Iuri Maria Prado scrive: “Il comunicato da indipendenti di centro sociale con cui +Europa si accredita sulla scena “legalitaria” in compagnia del Sudafrica, delle finte avvocate dell’Onu in lotta contro la lobby giudaica e del personale UNWRA addetto alla manutenzione dei server di Hamas rappresenta la miglior prova del trionfo anti-israeliano e anti-sionista anche negli interstizi della politica italianona, lì dove immagineresti qualche ipotetica capacità di resistenza all’andazzo comune e lì dove invece la contaminazione risulta anche meglio, come lo sporco indurito nelle fughe delle piastrelle.

Acchiappare la notizia di un incidente molto grave, di cui non si sa bene nulla, e rivoltarla nel tweet impaginato per reclamare il “cessate il fuoco immediato” (quello che manco la Corte Internazionale di Giustizia), ovvero per condannare “la carneficina di Gaza”, circa la quale “non può esserci alcuna giustificazione”, o ancora per auspicare “che gli stessi israeliani mandino a casa il prima possibile Netanyahu, che con la sua guerra sta portando Israele all’isolamento”, significa fare surf sulle mareggiate di melma che portano la notizia inoppugnabile, siccome certificata dall’Ordine dei giornalisti di Settembre Nero, e cioè che l’esercito dell’Entità sionista spara sui disperati in fila per il pane”.

Se c’è una cosa che mi aveva sempre colpito di Marco Pannella era la sua solidarietà intransigente verso Israele e il suo popolo, fa quindi molta pena vedere alcuni suoi eredi comportarsi nel modo descritto da Prado su Linkiesta.

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Su Huffington Post, Angela Mauro scrive: “Da quando Ursula von der Leyen è diventata ufficialmente la candidata del Ppe alla presidenza della Commissione europea, contro di lei è partito un vero e proprio tiro al piccione. Non passa giorno senza un attacco, una critica, una presa di distanza da parte dei partner della maggioranza che dovrebbero votarla all’Europarlamento, se sarà indicata dai leader dopo le Europee di giugno. Oggi si smarca anche Matteo Renzi, leader di Italia viva che in Europa appartiene alla famiglia politica di Renew Europe, la stessa di Emmanuel Macron. “Ursula a mio giudizio non deve essere confermata – dice Renzi nel suo intervento di chiusura alla Leopolda, a Firenze – Se sarò eletto al Parlamento europeo, proporrò di votare contro, chiedendo a Renew Europe di individuare un leader e non una follower dell’ideologia”

Renzi a un certo punto ha interpretato lo spirito innovatore della sinistra ma lo ha fatto avendo, al di là di certi risultati in primarie ed elezioni europee, una base politica e sociale molto ristretta (quel maligno commentatore di cose politiche che è Rino Formica ha definito i renziani “la prima cricca a chilometro zero”) e ha rimediato a questa sua carenza strutturale con un rapporto molto forte con Washington. Oggi che Joe Biden ha particolare bisogno di Giorgia Meloni per intervenire in Europa e nel Mediterraneo, il povero Renzi cerca una sponda, per sopravvivere, in Emmanuel Macron facendogli servizietti anti von der Leyen tesi a dare a Parigi un po’ di spazio di manovra. È singolare vedere un topino come Renzi, pur non privo di intelligenza politica, salire invece che scappare da una nave come quella macroniana che sta affondando

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Su Formiche, Luigi Tivelli scrive: “Credo che per un partito giovane che sembra man mano un po’ meno personale (speriamo) come Azione ciò significhi due cose principalmente. Per un verso recuperare quel senso della memoria storica e quel pensiero politico che discende da Mazzini e Cattaneo fino al miglior antifascismo di matrice laica, per innervare poi vari aspetti della straordinaria saga del “Mondo” di Pannunzio e giungere alla lezione di Ugo La Malfa e Spadolini”

Ho molta simpatia per le nostalgie, specialmente per quelle tipo Tivelli che ricordano la qualità politica della Prima repubblica. Però bisogna ragionare sempre partendo dalla realtà. La possibilità di contare su autorevoli forza laiche nella politica italiana pre ‘92 poggiava su soggetti che oggi non solo non esistono più, ma paiono anche difficilmente riproducibili. Di fatto se oggi al posto di Enrico Cuccia c’è Alberto Nagel, se invece della Torino del Secondo dopoguerra c’è quella di John Elkann e Margherita Agnelli, se invece di Leopoldo Pirelli c’è Marco Tronchetti Provera, se invece di Adriano Olivetti c’è Carlo De Benedetti, se invece di Raffaele Mattioli c’è Pier Carlo Padoan, se invece di Indro Montanelli hai Marco Travaglio, se invece di Mario Pannunzio hai Fabio Fazio e invece di Luigi Lucchini hai Emma Marcegaglia, la possibilità di avere partiti come quello liberale di Giovanni Malagodi o quello repubblicano di Ugo La Malfa o quello radicale di Marco Pannella, è pari a zero.

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