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Pnrr Mezzogiorno

Siamo il Paese dei Balocchi?

Il post di Filippo Onoranti

Una dichiarazione che mi ha colpito, nonostante la sovraesposizione di queste settimane abbia avuto un effetto anestetico, è stata quella del Ministro per il Sud Giuseppe Provenzano, il quale favoleggiava qualcosa come 500 mila assunzioni pubbliche nel Mezzogiorno – a suo dire – penalizzato da una austerità asimettrica e da spesa correnti insufficienti per far fronte ai bisogni della pubblica amministrazione. Se lo avesse detto scherzando sarebbe stato quasi divertente.

Mezzo milione di persone in età lavorativa e dotate di un profilo tale da intervenire in maniera efficace in meridione, semplicemente, non ci sono in Italia. Numeri alla mano i disoccupati dotati di competenze informatiche, linguistiche e logistiche rivaleggiano con la crescita del nostro Pil. E riempire gli uffici pubblici di passacarte è una pratica deteriore troppo nota per riproporla impunemente. Un simile provvedimento assomiglia molto alla promessa di un padre milanese con la fabbrichetta al figlio pluribocciato: “dai che quando finisci ti metto in azienda”. Così qualche impero commerciale è finito in malora, e molto spesso conviene dare una paghetta manifestamente immeritata di un ruolo di potere (gli Agnelli hanno fatto scuola e oggi lo hanno imparato i Vacchi e i Lamborghini).

Su questa linea rispolvero una vecchia notizia, che purtroppo non è una leggenda metropolitana: la Sicilia ha più dipendenti pubblici della Lombardia e più guardie forestali del Canada; ciononostante ne sta per assumere circa 800. Non bastasse: degli oltre 20 mila forestali, solo 800 circa sono assunte con un contratto a tempo indeterminato. Gli altri sono tutti con contratto a termine e per metà circa dell’anno gravano sulle casse dell’Inps (e quindi su quelle dello Stato nel senso più generale). Documentare i numeri nel dettaglio non aggiungerebbe precisione all’argomento (chi sia interessato può contattarmi in privato e lo annoierò con dovizia di particolari), ma il tentativo di farlo è un’impresa titanica. La trasparenza circa l’infrastruttura statale è la grande assente. Le pagine web non sono all’altezza di un B&B fuori mano, gli uffici non rispondono e quando alzano la cornetta non rilasciano informazioni ma attivano una melina che può quasi suscitare ammirazione (oltre al sospetto di un pizzico di dolo).

Strano che gli stessi che esultano per il taglio dei parlamentari (senza preoccuparsi affatto di questioni di rappresentanza e altre quisquiglie democratiche) accolgano con favore persino maggiore annunci di spesa pubblica, di comprovata inefficienza, molto superiori a quella tagliata.

Fin qui potremmo bandire la questione come gratuite polemiche un tanto al chilo, di quelle alle quali siamo ormai tutti diventati insensibili per spirito di sopravvivenza – il che è grave, tragico o peggio, ma non rileva adesso. Ma unendo l’ultimo puntino la questione cambia tono. Esponenti della fazione gialla di governo concepiscono la produttività come nemica del lavoro e dei lavoratori. Questa è una premessa catastrofica oltre che falsa. La produttività si associa – non oggi ma nella storia – ad un incremento della qualità della vita del lavoratori, ed in particolare i ceti meno abbienti possono accedere a prestazioni lavorative meno gravose per il fisico e più remunerative grazie ad un percorso di formazione. A maggior ragione in un paese come il nostro, dove i morti e gli infortuni sul lavoro sono all’ordine del giorno.

Collodi ha già scritto un manuale sul Paese dei Balocchi e sulle sue insidie, speriamo che le prossime generazioni sappiano ancora leggere (per ora la statistica non è incoraggiante).

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