Più cresce, anche per la sua sfida costante alla magistratura, il rischio che venga condannato per sequestro di migranti, trattenuti più di cinque anni fa a bordo della nave Open arms che li voleva sbarcare in Italia, più rischia di salire paradossalmente la popolarità dell’allora vice presidente del Consiglio e ministro dell’Interno Matteo Salvini. E ora vice presidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture, che ancora più paradossalmente rischia di salire ulteriormente di gradimento per la bocciatura giudiziaria, sia pure di carattere solo amministrativo, appena rimediata per avere cercato di contenere in quattro le ventiquattro ore di sciopero nel settore dei trasporti pubblici in corso anche in questo venerdì, il penultimo prima di Natale.
Mai che fosse venuto in mente alle organizzazioni sindacali da un po’ di tempo a questa parte di fare sciopero in un giorno diverso dal venerdì, non foss’altro per rendere meno sospetto d’espansione del fine-settimana il pur costituzionalmente garantito diritto protestatario di astensione dal lavoro, per carità. Astensione peraltro motivata pure questa volta con ragioni politiche. ”Lo sciopero più pazzo del mondo”, ha scritto l’ex parlamentare del Pd Tommaso Cerno, già direttore dell’Espresso e ora del Tempo.
“Sarà il caos”, ha preannunciato il leader leghista commentando il ricorso dei sindacati accolto dai giudici del tribunale amministrativo del Lazio, nessuno dei quali probabilmente a rischio di rimanere oggi per strada potendosi muovere senza i mezzi di trasporto pubblico. Se poi ce ne fosse qualcuno esposto a questa evenienza, difficilmente sarebbe scambiato da un comune cittadino o utente per un eroe. Apparirebbe piuttosto un masochista.
Dal famosissimo, storico “guai ai vinti” attribuito a Brenno da Tito Livio scrivendo della Roma conquistata nel quarto secolo avanti Cristo dai Galli Senoni siamo passati al “guai a chi viaggia” dei nostri giorni, anzi di questo ennesimo, sfortunato venerdì. E poi fior di cronisti, retroscenisti, analisti si sperticano da mesi, anzi da anni, a raccontare e spiegare le ragioni per le quali un uomo come Salvini debba essere considerato incompatibile con qualsiasi combinazione di governo o di maggioranza. Una specie di Gabibbo della politica, lo ha appena definito Massimo Gramellini sul Corriere della Sera. E non capiscono perché dal rocambolesco 34 per cento raggiunto nelle elezioni europee del 2019, lo stesso anno peraltro della vicenda dell’Open arms per la quale Salvini è prossimo alla prima sentenza, la sua Lega non sia ancora caduta al 3,4 per cento, sotto il 3,6 del MoVimento 5 Stelle di Giuseppe Conte nelle recenti elezioni in Emilia-Romagna. E insista invece a contendere a Forza Italia il secondo posto nella coalizione di centrodestra, o il terzo nella graduatoria generale, comprensiva di centrodestra e cosiddetto centrosinistra, Conte permettendo naturalmente dalla sua postazione di “progressista indipendente”.