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Schlein Pd

Schlein ha vinto, il Pd ha perso

Primarie Pd: ha perso il Partito che vinceva. Quello di Bonaccini era il partito che aveva vinto negli ultimi anni, quello dei presidenti di regione, dei sindaci. Di quelli che non negano di aver conosciuto Renzi nella loro vita. Il corsivo di Sergio Pizzolante, imprenditore ed ex parlamentare Pdl, sulla vittoria di Elly Schlein alle primarie del Pd

 

La prima riflessione che faccio è questa: la Schlein ha vinto e il Pd ha perso.

Se Bonaccini vince largamente dentro il Pd e la Schlein vince il Pd fuori dal Pd, quel partito “è vinto, è battuto”, direbbe De Gregori.

Nasce non un nuovo partito ma una nuova edizione, forse, vedremo cosa, muore quello di prima, però. Annichilito. Non c’è più.

Ed ha perso, cosa davvero curiosa, il Partito che vinceva.

Quello di Bonaccini era il partito che aveva vinto negli ultimi anni, quello dei presidenti di regione, dei sindaci. Di quelli che non negano di aver conosciuto Renzi, nella loro vita.

Invece vince il partito che aveva sempre perso, negli stessi anni. Quello dei Boccia, dei Bettini, dei Franceschini, dei D’Alema, degli Zingaretti, degli Speranza; quelli del o Conte o morte, quelli dell’alleanza strategica con i 5 stelle. Quelli che perdevano quando il Pd vinceva con il 41% dei voti, su una linea opposta a quella della Schlein.

Quello che aumentava i salari, che faceva il Jobs Act, che sosteneva le imprese, con Impresa 4.0.

E hanno vinto quelli più riluttanti verso il Pd più risoluto a favore di Draghi, dell’Europa e dell’Ucraina.

Tutte cose disconosciute, o quasi, dalla Schlein.

Vincono coloro che si nascondono, rinnegano, o quasi.

Il partito degli “o quasi”, una volta c’era quello del “ma anche”.

Non è un cambiamento, è la riproposizione della festa di carnevale, come festa nazionale della sinistra. Un partito sempre in maschera, che cambia sempre maschera.

Prima le maschere servivano per andare o tentare di andare al Governo: Prodi, Rutelli.

Maschere prese da fuori.

Adesso, le maschere servono per guidare il partito, prese da fuori, o quasi, Letta, Schlein.

Però, bisogna essere onesti, non è solo questo.

La Schlein aggiunge qualcosa di suo.

Non poco. È il mondo de sinistra cantato da Gaber: “il conformista, il conformista

È uno che di solito sta sempre dalla parte giusta

Il conformista

Ha tutte le risposte belle chiare dentro la sua testa

È un concentrato di opinioni…

E quando ha voglia di pensare pensa per sentito dire

Forse da buon opportunista

Si adegua senza farci caso… il conformista”.

A questi, per conformismo, il Pd faceva schifo, adesso un po’ meno. O quasi.

Votavano 5 stelle turandosi il naso.

Però così è un partito questo, che non fa concorrenza alla Meloni, ma a Conte. Una operazione che non sta dentro l’Italia, ma dentro la minoranza in Italia.

È una partita su chi guida la minoranza in Italia, non l’Italia.

Una minoranza pauperista, ma da salotto, moralgiustizialista, con gli altri, antimpresa, esclusa la propria, tardo ambientalista, fighetta sui diritti civili. Opportunista.

È la rinuncia definitiva al riformismo.

La prospettiva è quella di una leadership alla Melanchon o alla Corbyn, vestiti da Alexandria Ocasio-Cortez.

Questo è!

È una brutta notizia per l’Italia?

Dipende.

Si apre la strada per la costruzione di una grande forza riformista vera.

Avrà in Schlein e Conte e nella stampa de sinistra, in lotta contro il fascismo ma affascinata dal fascista Putin i suoi principali nemici.

Ma la strada c’è. Vediamo.

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