E così, mentre Schlein (con Renzi e Calenda) si asteneva, Conte (con Bonelli e Fratoianni) trattava – più o meno sottobanco – le nomine dei consiglieri Rai di estrazione parlamentare. Una spaccatura del campo largo che dimostra la sua endemica fragilità di fronte alle seduzioni del potere, ancorché di piccolo cabotaggio. A chi scrive, che è una persona cattiva, non è dispiaciuta la farsa che si è consumata nelle due Camere. Infatti, conferma ciò che ha sempre pensato, ossia che lo schieramento che si oppone, nella sua attuale composizione, non può essere una forza competitiva con lo schieramento che governa. Tutt’al più è un cartello elettorale a geometria variabile condizionato da una forza (i Cinquestelle) sempre più chiaramente di destra, che su temi cruciali (pace e guerra, collocazione internazionale dell’Italia, sviluppo economico, idea di welfare e del lavoro nell’era dell’intelligenza artificiale) appare come una scombiccherata compagnia di giro. Divisa persino sull’agenda dei diritti civili, come dimostra il no del leader pentastellato al referendum sullo ius scholae.
Di fronte alla legittima ambizione di presentarsi come un’alternativa all’esecutivo di Giorgia Meloni, quindi, come diceva quel tale sorge spontanea una domanda: già, per fare che cosa? Questo ancora non è chiaro. E certo non basta una proposta di salario minimo, peraltro discutibile, per nascondere la polvere sotto il tappeto.. Le culture politiche, come i patrimoni, si consumano se non sono bene amministrate. E se le scelte di una coalizione sono contraddittorie e evanescenti, inevitabilmente si formano e si deformano come le nuvole in una giornata di vento.
Lo stesso vale per il Pd, che dovrebbe essere il perno e la guida di quella coalizione. Per esperienza personale e da qualche lettura ho imparato che un partito è fatto soprattutto di due cose: di organizzazione e di passione ideale. Quando queste risorse latitano, molti elettori che, magari animati da generose spinte morali, sarebbero disponibili a dare una mano per mandare a casa una presidente del Consiglio su cui ancora pesa una forte ipoteca sovranista, si tengono ben lontani dalle logomachie di capicorrente (qualcuno ne ha contati ben dodici) rissosi e narcisi.
Mi rendo perfettamente conto che rigore e onestà intellettuale sono virtù rare. Ma ho ragione di credere che, se il partito di Elly non fa i conti fino in fondo con il trasformismo del movimento dell’ex avvocato del popolo e non supera con uno scatto di orgoglio collettivo personalismi e giochetti intestini, è destinato a un lento logoramento che potrebbe perfino essere inarrestabile, fino a uscire di scena come quei personaggi secondari che scompaiono al primo atto, quando il dramma è appena cominciato.