Ci sono tre dossier laterali alla guerra Russia-Ucraina ai quali fare molta attenzione: la Libia, l’Iran e il Venezuela.
• La Russia ha la capacità per destabilizzare l’Europa attraverso la Libia, si stima che abbia nel Paese oltre 7 mila mercenari del gruppo privato Wagner e la situazione oggi è ancor più incasinata di quanto non lo sia in genere. Di fatto si sta tornando a un doppio governo, uno a Tripoli guidato da Abdul Hamid Dabaiba e uno a Tobruk guidato da Fathi Bashagha. È uno scenario complicatissimo, nel quale mettono le mani tutte le potenze regionali. È superfluo ricordare quale sia il Paese europeo più esposto alle ripercussioni della crisi libica.
• Da Vienna potrebbe arrivare già nei prossimi giorni un nuovo accordo sul nucleare iraniano. Gli Stati Uniti e i partner europei hanno bisogno di rimettere sul mercato il gas della Repubblica islamica (attualmente sotto sanzioni) per far fronte a un’eventuale interruzione delle forniture russe e avere così più forza nei negoziati sull’Ucraina. Ma la fretta rischia di produrre un accordo al ribasso, e questo provocherebbe un’inevitabile reazione da Israele e dal Golfo. Le petromonarchie hanno già dato segnali d’insofferenza verso Stati Uniti (si veda il voto contrario degli Emirati sulla Russia in Consiglio di sicurezza Onu), con cui i rapporti sono freddi sin dall’insediamento di Biden. La nuova intesa con Teheran spingerebbe ora il Golfo direttamente verso Pechino.
• Sugli idrocarburi venezuelani vale lo stesso discorso. Servono. Anche, forse, a costo di riabilitare Nicolas Maduro. Tanto Juan Guaidò si è rivelato un bluff, l’opposizione venezuelana è spaccata e con qualcuno a Caracas bisognerà pur parlare. Tra i suoi effetti più imprevedibili, l’invasione russa dell’Ucraina rischia così di spazzar via con un colpo di spugna anni di crisi e di minacce dall’altra parte del mondo.