Secondo un’indagine condotta dal quotidiano belga De Tijd e dal sito di giornalismo investigativo Follow the Money, il Cremlino ha impiegato per oltre un decennio centinaia di navi mercantili russe per svolgere operazioni di intelligence nel Mare del Nord.
La ricerca, che ha utilizzato i dati di Global Fishing Watch, un’organizzazione no-profit supportata da Google, ha rivelato che il governo russo ha utilizzato navi civili per raccogliere informazioni e potenzialmente effettuare operazioni di sabotaggio.
L’IMPORTANZA DEL MARE DEL NORD PER LA SICUREZZA EUROPEA
Il Mare del Nord, un’area di 220.000 miglia quadrate, è cruciale per la sicurezza europea, ospitando rotte marittime fondamentali, una vasta rete di condotte energetiche e cavi di comunicazione sottomarini. La sua importanza strategica è aumentata con lo sviluppo della produzione energetica offshore e con l’inizio del conflitto russo-ucraino nel 2014.
L’indagine ha esaminato 1.012 navi non militari battenti bandiera russa, tra cui petroliere, navi scientifiche, pescherecci, mercantili e yacht privati. Sono stati identificati circa 60.000 eventi di “vagabondaggio”, un termine che si riferisce a navi che deviano dalla loro rotta, rallentano senza motivo evidente o girano senza meta. Quasi 1.000 di questi eventi hanno coinvolto circa 170 navi russe che operavano vicino a cavi sottomarini o gasdotti energetici.
Gli esperti suggeriscono che questi comportamenti indicano attività di raccolta di informazioni per mappare le infrastrutture critiche. In alcuni casi, le navi potrebbero rilasciare droni o sottomarini per la sorveglianza subacquea o per tagliare cavi sottomarini, trascinando deliberatamente le loro ancore.
RISPOSTA LENTA
La risposta dei paesi colpiti è stata lenta. Solo quest’anno, Belgio, Paesi Bassi, Regno Unito, Norvegia, Danimarca e Germania hanno formalizzato un accordo di condivisione dell’intelligence attraverso il Patto per la sicurezza del Mare del Nord. Tuttavia, oltre alla condivisione delle informazioni, non ci sono stati molti sforzi difensivi contro le operazioni russe, poiché queste si svolgono in acque internazionali, dove il diritto di libero passaggio impedisce azioni difensive.
Lo studio conclude che, secondo il diritto internazionale vigente, le uniche misure consentite contro queste attività sono la sorveglianza e il monitoraggio.