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Escalation

Perché in Russia si mormora sul progetto di Putin per un Internet made in Mosca

Una nuova legge voluta da Putin creerebbe in Russia un unico punto di controllo dal quale le autorità possono gestire e bloccare i flussi di informazioni attraverso il cyberspazio russo. Fatti, polemiche e scenari.

Dirigismo a tutto spiano in Russia. Dopo la stretta per gli stranieri nelle comunicazioni satelittari (qui l’approfondimento di Umberto Rapetto per Start Magazine), un’altra mossa a Mosca va nella stessa direzione nazionalistica in materia di tecnologia e web.

Quando in ottobre sono scoppiate proteste antigovernative sul versante russo del Caucaso, le autorità hanno fatto qualcosa che non avevano mai fatto prima: bloccare il servizio di Mobile Internet a un’intera area geografica.

Per quasi due settimane, a decine di migliaia di russi, principalmente musulmani, è stato impedito l’accesso ai siti di social e la possibilità di condivisione di video attraverso i loro smartphone. A differenza della Cina, dove il controllo di internet è centralizzato, la Russia non ha però ancora un modo semplice per mettere “in quarantena” le notizie negative. E così ha dovuto costringere gli operatori commerciali a ridurre i servizi uno per uno.

LA RUSSIA PENSA DI CENTRALIZZARE I FLUSSI DI INTERNET

Ma ora il deficit di censura della Russia rispetto alla Cina sta per ridursi. Come riporta Bloomberg, sostenuti dal presidente Vladimir Putin i parlamentari di Mosca stanno spingendo per far approvare un disegno di legge intitolato “Internet Sovrano” pensato proprio per creare un unico punto di controllo da cui le autorità potranno gestire e, se necessario, bloccare i flussi di informazioni attraverso il cyberspazio russo.

PER PUTIN È UNA STRATEGIA DIFENSIVA IN RISPOSTA ALLE MISURE DELL’AMMINISTRAZIONE TRUMP

Putin sta valutando l’iniziativa come risposta difensiva alla nuova strategia informatica dell’amministrazione Trump, che permette misure offensive contro la Russia e altri avversari. Ma gli addetti ai lavori, gli esperti di sicurezza e persino gli alti funzionari affermano che i disordini politici sono la preoccupazione maggiore.

“Questa legge non riguarda minacce straniere, né vieta Facebook e Google, cosa che la Russia può già fare legalmente – ha detto Andrei Soldatov, autore di ‘The Red Web: Le Guerre del Cremlino su Internet‘ e co-fondatore di Agentura.ru, un sito che traccia i servizi di sicurezza a Bloomberg -. Si tratta di essere in grado di tagliare certi tipi di traffico in certe aree durante i periodi di disordini civili”.

Malgrado le tensioni sembrano essersi placate lungo il confine meridionale della Russia negli ultimi quattro mesi, altre se ne stanno accumulando in tutto il paese. Da quando ha nuovamente vinto la elezioni, l’indice di gradimento di Putin è sceso ai minimi, trascinato dalle decisioni di tagliare la spesa e aumentare le tasse, con i salari che continuano a scendere e l’inflazione sempre più alta.

PER IL LEADER RUSSO IL PAESE DEVE AVERE PIÙ SOVRANITÀ ANCHE IN CAMPO DIGITALE

Il disegno di legge, di cui è coautore Andrei Lugovoi, veterano del KGB ricercato in Gran Bretagna per l’assassinio nel 2006 dell’agente Alexander Litvinenko, è in realtà un guazzabuglio di norme, alcune delle quali sono in lavorazione da anni.

L’obiettivo finale, secondo Putin, è quello di garantire che il Runet, come è conosciuto l’Internet nazionale, continui a funzionare nel caso in cui gli Stati Uniti cerchino di isolare digitalmente il suo ex nemico della Guerra Fredda. Putin ha riferito ad alcuni vertici dei media locali il mese scorso in una riunione al Cremlino, di dubitare che gli Stati Uniti avrebbero mai scollegato la Russia dal web perché “avrebbe causato loro enormi danni”. Tuttavia, ha evidenziato trattarsi di una minaccia è reale a cui la Russia deve prepararsi. “Più sovranità abbiamo, anche in campo digitale, meglio è. Questo è un settore molto importante”, le parole del leader russo.

IL PUNTO DEBOLE SONO LE DPI, CENTRO NEVRALGICO DEI FLUSSI DI DATI

Il primo passo verso il tipo di indipendenza previsto dalla bozza di legge è la creazione dei “mezzi tecnici per contrastare le minacce”. Vale a dire l’installazione di speciali scatole con software di monitoraggio presso le migliaia di punti di scambio che collegano la Russia al web.

Le unità alimenterebbero un unico centro nevralgico, consentendo ai regolatori di analizzare in tempo reale sia i volumi che i tipi di traffico e di bloccare o deviare selettivamente alcuni tipi di flussi, siano essi video di YouTube o feed di Facebook.

Il cosiddetto deep-packet inspection, o DPI, è stato per anni uno strumento popolare per gli operatori di grandi reti perché aiuta ad ottimizzare i carichi degli utenti. I fornitori di contenuti utilizzano in genere questa tecnologia per raccogliere i metadati dei consumatori che poi vendono agli inserzionisti, ma i DPI possono anche rappresentare un “potente meccanismo” di repressione, secondo l’ex capo di Google Eric Schmidt. Censurando “attività discutibili”, ma anche rallentando Internet “per singoli gruppi di utenti”, ha scritto Schmidt nel 2014.

PROVIDER CONTRARI PER I COSTI E PER LE POSSIBILE PERDITE FINANZIARIE

I provider, naturalmente, si oppongono al disegno di legge per diversi motivi, non ultimo il costo. Dicono che mentre il governo si è impegnato a pagare i costi di implementazione per 304 milioni di dollari, tale somma non sarà sufficiente per l’approvvigionamento, l’installazione e il perfezionamento, per non parlare della manutenzione. Ma anche a priori un sistema simile va testato per evitare “gravi interruzioni” del servizio che potrebbe costare alle aziende decine di miliardi di rubli di perdite, ha detto in un comunicato il gruppo di lobby principale del settore.

NEL MIRINO ANCHE TELEGRAM

Una delle prime vittime potrebbe essere Telegram, il popolare servizio di messaggistica ideato dall’imprenditore tecnologico ribelle Pavel Durov e da suo fratello matematico. Gli sforzi russi per costringere Durov, che ha sede a Dubai, a consegnare le chiavi di cifratura lo scorso aprile hanno provocato proteste di massa. Le autorità hanno cercato di staccare la spina a Telegram in Russia, ma hanno finito per abbattere centinaia di siti non correlati, tra quelli di banche e sistemi di biglietteria aerea.

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