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Che fare con i rifugiati siriani in Europa?

Con la caduta del regime di Bashar al-Assad si apre la questione del destino dei rifugiati siriani giunti in Europa: in Germania sono quasi un milione e già ferve il dibattito. Fatti, numeri e approfondimenti

Con la caduta del regime di Bashar al-Assad si apre la questione del destino dei profughi siriani giunti in Europa sfuggendo alla guerra civile. Diversi Stati membri dell’Ue hanno annunciato la sospensione delle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato ai cittadini siriani. Si tratta di Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Germania, Italia, Svezia e Paesi Bassi. Questi paesi hanno deciso di interrompere il trattamento delle domande di asilo siriane, e la Francia sta valutando di fare lo stesso. La Grecia deciderà fra pochi giorni sul futuro dei 9.000 rifugiati siriani attualmente presenti sul suo territorio.

In Siria, il primo ministro del nuovo governo ha parlato di “far tornare i milioni di profughi siriani che sono all’estero. Il loro capitale umano, la loro esperienza permetterà di far fiorire il Paese. Il mio è un appello a tutti i siriani all’estero: la Siria ora è un Paese libero che ha guadagnato il suo orgoglio e la sua dignità. Tornate. Dobbiamo ricostruire, rinascere e abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti”.

In Germania il dibattito si è immediatamente acceso, complice il clima di campagna elettorale e il fatto che, in conseguenza della politica di porte aperte decisa da Angela Merkel nel momento più acuto della crisi migratoria fra il 2015 e il 2016, nel paese sono presenti ufficialmente quasi un milione di siriani. Secondo i dati del ministero degli Interni, sul territorio tedesco sono registrate 974.136 persone di origine siriana, di cui 321.444 son lo status di rifugiati e 329.242 con la protezione sussidiaria: non hanno dunque né la protezione di rifugiati né lo status di asilo. Il resto è in Germania con altri permessi di soggiorno, tipo quelli per i ricongiungimenti familiari.

Certo, fa un po’ specie che nel paese che ancora poco tempo fa aspirava ad assumere un ruolo più incisivo sul piano internazionale, il cambio di regime in Siria non susciti dibattiti su grandi questioni politiche, come i sostegni alla ricostruzione del paese, la definizione di una strategia diplomatica intelligente nella regione araba, magari per premere su paesi come Turchia e Qatar (con cui la Germania ha solidi legami economici) affinché collaborino per evitare che la Siria diventi una seconda Libia, le conseguenze per la Russia. No, il confronto – acceso – è su come rispedire a casa il milione di siriani.

Più che il leggendario “Wir schaffen das” di merkeliana memoria (“Ce la faremo”, riferito alla gestione di quella che nove anni fa fu l’emergenza migranti), risuonano ora altre parole dette dall’ex cancelliera qualche tempo dopo: “Ci aspettiamo che quando la pace sarà ristabilita in Siria, i rifugiati torneranno nel loro paese d’origine con le conoscenze che hanno acquisito qui”. A molti sembra che quel momento sia arrivato, nonostante le incognite che ancora aleggiano sul futuro della Siria.

Il regime disumano di Assad appartiene al passato, dicono tanti esponenti politici, e questo elimina il motivo più importante dell’accoglienza umanitaria. D’altronde, non sono stati gli stessi insorti ad annunciare: “Agli sfollati di tutto il mondo, una Siria libera vi aspetta”?

Il confronto fra i partiti in Germania, più di natura elettorale che politica, è segnato inevitabilmente da una forte polarizzazione tra chi auspica un rapido ritorno dei profughi e chi invita alla prudenza, sottolineando la necessità di garantire condizioni di sicurezza e stabilità in Siria. Intanto, Berlino ha da parte sua congelato oltre 47 mila domande di asilo in attesa di capire cosa accadrà a Damasco.

La Cdu/Csu, in particolare, ha espresso un forte sostegno all’idea di facilitare il rimpatrio volontario dei siriani, proponendo misure concrete come l’organizzazione di voli charter e l’erogazione di aiuti economici. Jens Spahn, vice capogruppo del gruppo parlamentare dell’Unione, ha esplicitamente fatto un concreto riferimento all’ipotesi di consegnare un bonus di 1.000 euro a ciascun siriano che riprenda volontariamente la strada di casa e ha ipotizzato l’organizzazione di una conferenza internazionale per la ricostruzione della Siria e il ritorno dei rifugiati.

Dall’altro lato, esponenti come Katrin Göring-Eckardt dei Verdi e Michael Roth dell’Spd hanno espresso preoccupazione per una discussione troppo affrettata sui rimpatri, sottolineando l’incertezza attuale sulle condizioni di sicurezza in Siria. Roth in particolare, che è presidente della Commissione esteri del Bundestag, ha messo in guardia dai rischi legati all’ascesa di gruppi islamisti e ha invitato a una valutazione attenta della situazione.

Se sui giornali mainstream trovano maggiore spazio le posizioni dei partiti tradizionali, sul tema soffiano soprattutto le opposizioni più radicali, come AfD a destra e il movimento di Sahra Wagenknecht Bsw a sinistra. I toni sono come sempre roboanti e tendono a sovrastare le posizioni legge e ordine ora adottate dalla Cdu e in parte anche dai liberali. In questa corsa alla soluzione più drastica è difficile che in tempi brevi ci sarà un vincitore. La campagna elettorale è fatta per alzare la voce, il futuro governo che prenderà in mano il dossier entrerà presumibilmente in carica la prossima primavera. Sino ad allora ci si augura che in Siria si sia depositata la polvere e si possa capire meglio come procedere sul fronte interno dei migranti.

Alla prudenza invita anche il principale telegiornale del paese. “Nessuno sostiene che il motivo dell’asilo non possa prima o poi scomparire se la Siria diventasse un Paese libero, democratico e sicuro”, ha commentato il tg della rete pubblica Ard, “ma al momento nessuno sa se al macellaio Assad non seguiranno altri tiranni ed estremisti. C’è speranza, ma non certezza”.

Sebbene molti rifugiati desiderino tornare in Siria, al momento è difficile prevedere quanti lo faranno effettivamente: la situazione in patria rimane instabile e molti hanno costruito una nuova vita in Germania. Un dato interessante è l’alto livello di istruzione dei rifugiati siriani: molti di loro possiedono lauree o diplomi e queste alte qualifiche ha permesso a una parte di integrarsi rapidamente nel mercato del lavoro tedesco. Il possibile ritorno di un gran numero di medici siriani potrebbe infatti avere un impatto significativo sul sistema sanitario tedesco, in particolare nelle zone rurali. La loro assenza creerebbe una carenza di personale medico, compromettendo la qualità delle cure. Quasi 200.000 alunni siriani frequentano attualmente la scuola pubblica in Germania, 50.000 seguono i corsi di scuole professionali. In questi anni più di 50.000 figli di rifugiati siriani sono nati in Germania. E circa 160.000 persone provenienti dalla Siria hanno ricevuto un passaporto tedesco, a partire dalla prima metà del 2024. Giacché è necessario aver vissuto in Germania per un certo periodo di tempo prima di poter richiedere la cittadinanza, da quando i rifugiati siriani hanno cominciato a maturare questa opportunità costituiscono il gruppo più numeroso di nuovi cittadini naturalizzati in Germania.

Non mancano tuttavia problemi di integrazione, sul lavoro e nella società. A fronte di 210.000 siriani occupati e soggetti a contributi sociali, 250.000 siriani risultano registrati come persone in cerca di lavoro e circa 150.000 sono considerati disoccupati. Circa mezzo milione di siriani riceve invece l’assegno di cittadinanza.

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