Nonostante i risultati catastrofici previsti – se non auspicati – da chi ha votato contro e dall’associazione nazionale dei magistrati, o suoi vertici, vanno naturalmente tutti verificati gli effetti giudiziari della legge che il ministro della Giustizia Carlo Nordio è appena riuscito a fare approvare definitivamente dalla Camera. Essa abolisce il reato di abuso d’ufficio, limita la diffusione delle intercettazioni in cui cadono anche terzi, rende inappellabili le sentenze sui reati minori, impone – sia pure a scadenza non immediata- decisioni collegiali sugli arresti chiesti dal pubblico ministero durante le indagini e altro ancora. È un anticipo della riforma della Giustizia, in attesa della separazione delle carriere dei giudici e dei magistrati d’accusa. Che i forzisti hanno intestato a Silvio Berlusconi, così come Matteo Salvini da ministro delle Infrastrutture, infaticabile nel suo lavoro di spiazzamento di amici e nemici, ha voluto fare con l’aeroporto di Malpensa, non volendo aspettare il ponte sullo stretto di Messina che aveva promesso alla memoria del Cavaliere.
In attesa di valutare gli effetti giudiziari, ripeto, si possono vedere gli effetti politici della legge Nordio. Il primo, più vistoso dei quali è l’incenerimento della foto nella quale hanno recentemente posato sotto la statua di Cavour, e davanti alla Cassazione, protagonisti, attori e comparse del campo largo, anzi larghissimo, contro il governo Meloni. Che si voleva quel giorno e si vorrebbe ancora sperimentare in un referendum abrogativo della legge sulle autonomie differenziate delle regioni in qualche modo prenotato presso la suprema Corte. Un referendum però che gli stessi promotori sanno essere minacciato dall’inconveniente ormai consueto dell’affluenza alle urne inferiore alla metà più uno degli elettori aventi diritto al voto, secondo la prescrizione dell’articolo 75 della Costituzione.
Ma senza aspettare questo referendum, se supererà l’esame preventivo della Corte Costituzionale, la compagnia della foto nota ormai come quella “dalla Bindi alla Boschi”, pur accanto una all’altra davanti all’obbiettivo, si è spaccata sulla legge Nordio. Che è stata votata anche dai parlamentari riconducibili ai terzi Calenda, Della Vedova e Renzi, in ordine rigorosamente alfabetico. Terzi, poi, per modo di dire perché, a parte la importante e significativa legge Nordio, essi penzolano ormai sempre di più verso il Pd di Elly Schlein. Che al suo esordio, l’anno scorso, aveva indotto Renzi a fare le solite provviste di popcorn.
Si è rivelata insomma una compagnia, quella della foto “dalla Bindi alla Boschi”, pasticciata quanto le altre che l’anno preceduta negli album della sinistra plurale, a cominciare da quella di Vasto del 2011, che includeva un Antonio Di Pietro ancora in politica dopo le sue gesta giudiziarie nella Milano delle “Mani pulite”.
Con questa storia delle foto la sinistra plurale aperta e chiusa, secondo le circostanze e gli umori, ai terzopolisti di turno, dovrebbe decidersi a farla finita, non foss’altro per scaramanzia. Peraltro con la legge Nordio appena passata definitivamente a Montecitorio alla sinistra plurale è andata meglio o meno peggio di quanto le sarebbe accaduto se non fosse ormai in consolidato ritiro l’ex presidente della Camera Luciano Violante: non certo l’ultimo arrivato della politica e della precedente esperienza giudiziaria.
Se Violante avesse potuto votare anche lui sulla legge Nordio, non l’avrebbe bocciata, visto quello che, commentandola in una intervista al Tempo, ha detto. Lui il reato di abuso d’ufficio l’avrebbe abolito o comunque contrastato da tempo, prima ancora di sentirselo chiedere dai sindaci del suo partito. Che poi sono stati ignorati dalla Schein, anzi smentiti. E costretti a leggere sui giornali le proteste dei loro compagni e amici dirigenti del Nazareno contro l’impunità di Stato e altre nequizie attribuite ad una legge che è semplicemente arrivata, come dice Violante, in ritardo dopo avere prodotto migliaia di processi conclusi con la quasi sistematica sconfitta dell’accusa. Rimpiangerli è solo un’assurdità.