Il vino prodotto ripensando a quello degli Etruschi, di cui Orvieto fu capitale religiosa, con l’elezione dei Lucumoni al Fanum Voltumnae, o fatto ripensando a Luca Signorelli che secondo la leggenda per l’unicità degli affreschi in Duomo del Giudizio universale, realizzati con Beato Angelico, ai quali Michelangelo si ispirò per la Cappella Sistina, fu pagato in denari, sacchi di grano e anche molteplici bottiglie di Orvieto classico, bianco, secco, paglierino, il preferito dal geniale artista di Cortona.
Il dottor Luigi Barberani, grande enologo umbro, di Orvieto, perito agrario, avvocato, morto l’altro ieri nella sua amata città famosa per il Duomo e anche il prodotto “di-vino”, unì l’amore per il territorio e la sua storia con quella dei suoi prodotti conosciuti in tutto il mondo. Prodotti realizzati con la moglie, signora Giovanna, i figli Bernardo e Niccolò e i loro dipendenti nell’azienda di famiglia, ereditata dal padre Vittorio.
La distesa dei vigneti della tenuta Barberani, che si dipanano lungo il Lago di Corbara, la strada da Orvieto a Todi, in quel trionfo di colori di verde a azzurro, è una delle immagini di bellezza più abbacinante della campagna dell’Umbria, nella zona Sud. È il frutto di un lunga storia di orgoglio e passione di self made man, imprenditori liberali e creativi, autonomi, andata avanti e ampliatasi con il tempo, con meritocrazia, senza sostegni esterni o sponsorizzazioni da parte del cosiddetto potere rosso imperante da più di sessant’anni alla Regione Umbria, con l’unica eccezione dei 5 anni della giunta di centrodestra, guidata dalla ex governatrice, leghista, avvocato Donatella Tesei.
Ma non è la politica, o l’apparire in tv, è la sostanza del proprio lavoro, svolto con riservatezza, basato sul principio dell’ecosostenibilità, l’amore per il territorio e la sua storia, il filo conduttore di Luigi e dell’azienda Barberani. Storia del territorio e anche familiare nei nomi poetici dei nuovi recenti vini: da il “Luigi e Giovanna”, il “Castagnolo” in versione vegana considerato uno dei top dell’Orvieto classico bianco paglierino, molto amato da Luca Signorelli, a “Amore”, ottenuto da un vitigno di Sangiovese rosato, al Vermentino “Le lucciole”.
Luigi, uomo solo in apparenza un po’ burbero, era in realtà molto simpatico e dalla battuta brillante e giocosa. È stato uno dei più significativi esponenti della borghesia imprenditoriale che ha dato un discreto e importante sostegno all’operazione Concina, ovvero alla vittoria del sindaco Toni Concina, ex profugo Dalmata, importante per l’istituzione del Giorno del Ricordo delle Foibe, top manager internazionale, apprezzato pianista jazz, che nel 2009 fece il “miracolo” di far venire giù il sessantennale muro rosso di Orvieto. Fu la prima città in Umbria dopo la stessa mission impossible compiuta dal liberale Gianfranco Ciaurro a Terni.
Il dottor Barberani, molto rispettato in città per la sua storia di meritocrazia anche dalla parte avversaria sul piano politico, solidarizzava e consolava con la sua bonaria ironia, allo storico Caffè Montanucci, l’amico “Toni” in quella brutta domenica in cui già dall’ora dell’aperitivo si presagiva che la sinistra con “metodi da Armata rossa” (cit. la mia intervista a Concina per Panorama del Gruppo Mondadori) avrebbe impedito un secondo mandato al primo sindaco di centrodestra, musicista. Poi però sostituito dalla sua ex giovanissima vice Roberta Tardani, riconfermato attuale sindaco di Orvieto, cui ha lasciato un prezioso avanzo di Bilancio. Ma Luigi, l’amico enologo del sindaco musicista, con la sua famiglia, ha sempre avuto, come lo stesso Concina, un civile e empatico rapporto con tutta la città, anche con quella che lo ha sempre apprezzato pur non pensandola politicamente come lui. Il giorno in cui Veronica Lario scrisse a “La Repubblica” la celebre, dura lettera d’addio all’allora ancora marito Silvio Berlusconi, Luigi se ne uscì al Caffè Montanucci di domenica mattina nella cerchia ristretta di amici con una delle sue battute di esilarante e bonaria ironia: “Eh, anche noi avevamo la Veronica locale…”. Si riferiva ad una simile vicenda su scala orvietana.
Ieri Duomo gremito per i suoi funerali, c’era tutta Orvieto, con il sindaco RobertaTardani e il presidente del Consiglio Comunale Stefano Olimpieri, che si è stretta attorno a Giovanna, Bernardo, Niccolò ora alla guida dell’azienda. C’erano anche i rappresentanti della famiglia di Riccardo Cotarella, di Monterubiaglio vicino a Orvieto, importante e famoso enologo internazionale, che produce anche il vino in Umbria con Massimo D’Alema. Premi internazionali li ha vinti anche Luigi Barberani e numerosi altri, a partire dal primo muffato Calcaia. In Duomo per l’ultimo saluto a Luigi anche Raffaele Nevi, portavoce nazionale di Forza Italia, vicecapogruppo vicario alla Camera, importante imprenditore agricolo di Terni. E storico amico di Luigi e della famiglia Barberani, fin da quando “da ragazzo ero con Bernardo – racconta a Startmag – nell’organizzazione giovanile di Confagricoltura”. Prosegue, commosso, Nevi: “Ho avuto sempre il sostegno umano e politico di Luigi e della sua famiglia dalla visione liberale che mi ha seguito fin dai miei primi convegni sull’agricoltura e l’agroalimentare” Nevi chiosa: “Luigi ha unito la sua passione per l’archeologia, la storia millenaria di Orvieto alla produzione del vino. Prima ancora di Cotarella ha puntato sul vino di qualità. Quello di Luigi Barberani è un vino di nicchia”. “Di-vino”.








