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Renzi si sta grillizzando?

Matteo Renzi alla ricerca di visibilità per restare a galla come cespuglietto nel campo largo della sinistra. La nota di Sacchi.

Essendo il Premier-time al Senato, dove non ci sono Elly Schlein e Giuseppe Conte, entrambi deputati, la scena delle opposizioni all’attacco di Giorgia Meloni se la prende tutta Matteo Renzi. Ma nonostante i duri strali che vengono nei commenti esterni dalla segretaria del Pd e dal presidente dei Cinque Stelle, sempre Renzi sembra usare i toni più acuminati di tutti. Come se, a dispetto degli esigui numeri della sua Italia Viva, l’ex premier e ex segretario del Pd abbia ingaggiato una gara tutta sua per apparire il capo vero, una sorta di capo “morale” del cosiddetto campo largo, a costo di “grillizzarsi” con toni e accuse che sembrano voler fare concorrenza allo stesso Conte, un tempo da Renzi tanto avversato.

Accuse dal sapore dell’attacco personale quasi. Se Conte arriva a chiedersi di Meloni, accusata di essere “del tutto scollata dalla realtà” sulle bollette e il caro-vita: “Ma sta fuori di testa?”, Renzi l’apostrofa come “campionessa mondiale dell’incoerenza” e poi a sera nel salotto tv di Lilli Gruber su “La7” di nuovo, lui un ex premier, definisce il premier in modo poco istituzionale “influencer”.

Dall’energia al premierato a Putin alle privatizzazioni al premierato e la riforma della giustizia, Renzi attacca a testa bassa su presunte “incoerenze” con una raffica di domande che spaziano nell’arco di secondi da un argomento all’altro. E più paradossalmente appare irritato lui, più accusa di nervosismo Meloni. Che si limita a rispondergli in pratica a una sola domanda relativa al fatto se si dimetterà nel caso il premierato fosse bocciato al referendum.

Meloni, dopo aver confermato che il premierato va avanti così come la riforma della giustizia, gli risponde seccamente a tono di stare certo che non farà mai “quello che ha fatto” lui da premier. Renzi replica con i risultati ottenuti dal suo esecutivo. Ma lo applaude solo il piccolo drappello dei suoi senatori.

Tutti all’attacco di Meloni ma divisi nella gara su chi è il capo del cosiddetto campo largo. Si distingue solo Carlo Calenda, che si dice “parzialmente soddisfatto” della risposta data dal premier con l’annuncio che l’Italia “finalmente raggiungerà nel corso del 2025 il target di spesa per la difesa pari al 2 per cento del Pil”.

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