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Salvini

Chi esulta e chi non esulta per i referendum sulla giustizia

Come i partiti commentano l'ammissione di cinque dei sei referendum sulla giustizia. La nota di Paola Sacchi

 

Matteo Salvini, il leader della Lega promotore con i Radicali dei referendum sulla giustizia, esulta per l’ammissione di cinque dei sei quesiti. Per questi erano state raccolte le firme, con significativi consensi trasversali, la scorsa estate in migliaia di banchetti con una mobilitazione che ha visto tutta la Lega impegnata nella sua organizzazione capillare sul territorio. “Ora saranno gli italiani a poter votare per la prima, grande riforma della giustizia dopo trent’anni”, dichiara Salvini.

E ora i referendum diventano anche un ulteriore, importante test soprattutto se verrà abbinato alle Amministrative, per il centrodestra chiamato dagli appuntamenti elettorali inevitabilmente a dar prova di esistere ancora come coalizione. È un risultato sulla base del quale ora Salvini lancia una doppia sfida: “Da qui può nascere un nuovo centrodestra, moderno, liberale, garantista”.

Parole che suonano in particolare dirette a Giorgia Meloni, la presidente di Fratelli d’Italia, con la quale il grande freddo resta e che ha sottoscritto solo due dei quesiti referendari: sulla separazione delle funzioni e sui meccanismi di elezione del Csm con il superamento delle correnti. Meloni parla di “vittoria” solo per la non ammissione del referendum sulla cannabis: “Continueremo a batterci in ogni sede per una vita libera dalle droghe e dalle dipendenze”. Accoglienza diversa da Forza Italia che, con il coordinatore nazionale Antonio Tajani e il capogruppo azzurro alla Camera, Paolo Barelli, annuncia il proprio sostegno ai referendum sulla giustizia, su temi che “sono una battaglia storica di Silvio Berlusconi e Forza Italia”.

Non esulta, invece, per le decisioni della Corte costituzionale, illustrate in una conferenza stampa dal suo presidente Giuliano Amato, la sinistra, con un Pd spaccato al suo interno soprattutto sul quesito nodale relativo alla separazione delle funzioni nella magistratura e il presidente (congelato da una sentenza) dei Cinque Stelle, Giuseppe Conte, che già annuncia il “probabile” voto contrario, perché, a suo avviso, i referendum sono “inidonei a rendere più equo e efficiente il servizio”.

Di tenore opposto il protagonista della consultazione, indetta insieme con il segretario dei Radicali Maurizio Turco, storici promotori delle battaglie garantiste. Salvini, con accanto Giulia Bongiorno e Roberto Calderoli, in un punto stampa, nei pressi del Palazzo della Consulta, dice subito: “È una bellissima giornata per la democrazia, per l’Italia”. Sottolinea che non è una vittoria limitata al suo partito, ma per tutto il Paese: “Per gli italiani, perché dopo trent’anni saranno loro a poter votare per dei referendum che fanno la prima grande unica riforma della giustizia dall’inizio alla fine e quindi sarà un passo in avanti per i milioni di coloro in attesa di giudizio, si eviteranno le migliaia di innocenti che finiscono in carcere”. Questo per il leader della Lega non significa abbassare la guardia sulla sicurezza: “I delinquenti continueranno a finire in carcere”, ma “la separazione delle carriere – sottolinea – è un atto di civiltà: chi indaga indaga, chi giudica giudica”. L’obiettivo è quello di “una giustizia più veloce, più giusta, più libera, più indipendente”.

Salvini poi arriva all’altro punto cruciale sui meccanismi di elezione del Csm: “Anche il fatto che si eliminino le correnti che lottizzano il Csm, nomine, incarichi e tribunali è veramente qualcosa che porta l’Italia a essere un Paese moderno, evoluto civile meritocratico”. Infine, un apprezzamento per la Consulta e il suo presidente Amato, che aveva già messo nei giorni scorsi l’accento in generale sull’importanza che “il popolo” si esprima.

“Ringraziamo la Consulta , i cittadini che hanno dato le firme, prepariamoci, perché ora sono gli italiani, non più solo il parlamento, in primavera a poter dire sì a una giustizia giusta. Ora dipende da loro, noi come lega ci abbiamo messo l’anima”, conclude Salvini, che oggi tornerà sul tema in una conferenza stampa. Rispondendo a una domanda sull’appoggio di Fratelli d’Italia in questa battaglia si limita a dire: “In una giornata così, niente polemiche”.

Più che le discussioni a tavolino sulle formule ora sono le scadenze elettorali a cominciare dai referendum su un tema cruciale come la giustizia e la sua riforma garantista a imporre al centrodestra, se vorrà restare una coalizione, di rimettersi in gioco. Tanto più di fronte a un risultato che non fa fare salti di gioia ai Cinque Stelle, ma neppure al Pd, dove soprattutto sulla separazione delle funzioni, ci sono spaccature, che vedono soprattutto gli ex renziani a favore di questa riforma. E lo stesso Matteo Renzi, con la sua Iv, ha firmato i referendum promossi da Lega e Radicali. Il tema giustizia, proprio a trent’anni da “Tangentopoli”, come per un appuntamento della storia, dopo i colpi subiti dallo stato di diritto, insieme con la riforma Cartabia in parlamento, potrebbero contribuire a ridare uno scossone ai vari schieramenti, dopo il Mattarella bis.

Nel solco delle significative parole di sprono alla riforma da parte del Capo dello Stato, nel discorso di insediamento, dopo la sua rielezione, applaudito in questi passaggi anche da FdI.

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