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Ramstein

Cosa farà la Nato per sconfiggere la Russia in Ucraina

Tutti gli obiettivi della riunione del Pentagono nella base aerea di Ramstein, in Germania. L'articolo di Stefano Silverstri per Affarinternazionali.

 

Nella grande base aerea di Ramstein, in Germania, dove atterrano i giganteschi cargo americani che tengono aperto uno dei maggiori flussi di truppe e armamenti americani destinati alla Nato in Europa, i vertici del Pentagono hanno convocato una riunione di tutti gli alleati impegnati ad aiutare militarmente l’Ucraina: non solo i paesi della Nato e i loro sodali del Baltico, ma anche alcune potenze del Pacifico (Giappone, Sud Corea, Australia, Nuova Zelanda), del Medio Oriente (Israele, Giordania, Qatar) e dell’Africa (Kenya, Liberia, Marocco, Tunisia).

Non tutti hanno le stesse capacità, né esattamente le stesse posizioni politiche, ma in ultima analisi questo gruppo di Paesi sembra condividere l’obiettivo di accrescere le capacità di reazione ucraine. L’obiettivo dell’esercizio sarebbe quello di “sconfiggere Mosca”, ma questo slogan potrebbe indicare cose molto diverse.

Cosa significa “sconfiggere Mosca”

È ad esempio del tutto improbabile che Washington punti ad una sconfitta piena, che richiederebbe non solo la liberazione di tutte le terre ucraine (Crimea inclusa), ma anche la distruzione delle capacità militari presenti sul territorio russo. In realtà anche il semplice obiettivo di “liberare” tutte le terre ucraine sin qui occupate sembra molto ambizioso, forse troppo, a meno di non immaginare un vero e proprio collasso della Russia (il che peraltro potrebbe aprire la prospettiva di una pericolosa escalation).

All’atto pratico, “sconfiggere Mosca” potrebbe significare paralizzare l’offensiva russa, impedendogli di conseguire risultati più significativi, quali l’isolamento dell’Ucraina dal mare (conquistando Odessa, dopo Mariupol) o il consolidamento di una fascia territoriale che parta dalla frontiera settentrionale per arrivare alla Crimea, includendo sia i territori occupati dai separatisti filo-russi, sia un’altra consistente parte del Paese. In altri termini si tratterebbe di impedire a Vladimir Putin di conseguire un risultato che, pur essendo molto inferiore alle sue aspettative iniziali (quando pensava di poter “satellitizzare” in breve tempo l’intera Ucraina) potrebbe permettergli di cantare vittoria e salvare la faccia.

Questo obiettivo potrebbe essere conseguito dalla resistenza ucraina, anche grazie agli aiuti occidentali, ad un prezzo altissimo in termini di distruzioni massicce delle infrastrutture logistiche e produttive, e di molte altre vittime civili. La sconfitta di Mosca viene pagata dalla carne e dal sangue del popolo ucraino, gli alleati occidentali ci mettono i soldi e l’appoggio politico. È una situazione molto difficile da gestire, anche perché, proprio perché ne pagano il prezzo più alto, le decisioni sull’andamento del conflitto e sui suoi obiettivi sono prese in primo luogo a Kyiv e non a Bruxelles o Washington.

Il pericolo di un conflitto ‘esistenziale’

In questa situazione è inevitabile che le posizioni si irrigidiscano e tendano a voler conseguire il massimo risultato possibile, perché per gli ucraini ogni compromesso al ribasso apparirebbe come un tradimento nei confronti delle tante vittime di questa guerra, mentre per i russi avrebbe il sapore dell’umiliazione e dell’abbandono, una volta per tutte, del sogno di Putin di ricostruire una grande sfera egemonica russa in Europa.

Il rischio è dunque quello che ogni negoziato di pace o anche solo armistiziale fallisca di fronte ad un confronto che potrebbe divenire esistenziale (certo per l’Ucraina, ma forse anche per il regime di Putin). A questo punto però la possibilità che una guerra senza fine si allarghi oltre i suoi attuali confini potrebbe richiedere decisioni urgenti e forse pericolose (o politicamente inaccettabili).

Bene dunque la riunione di Ramstein, che ricorda con durezza e con i fatti alla Russia che non è più la padrona dell’Europa centro orientale, libera di riempire di carri armati Budapest, Praga o Kyiv, per cambiare gli orientamenti di quei governi. Ma fatto questo bisognerà anche preparare degli scenari di de-escalation, da discutere e concordare con gli ucraini, ma che consentano di rimettere le armi a riposo.

Non sarà certo un compito facile, ma è essenziale che ogni guerra, anche questa, abbia uno sbocco concreto e credibile.

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