“Radio anch’io” è la più importante trasmissione di informazione e di approfondimento di Radio Rai, l’unica e ultima superstite di un periodo aureo nel quale se la batteva con il “31-31” e al quale non si può guardare senza nostalgia, dato lo sfacelo dei palinsesti radiofonici pubblici, dove il testimone di tale formato è passato in modo pressoché esclusivo a Radio Tre (di cui ha lamentato direzione e conduzione Giuliano Ferrara, in un acuto e azzeccato articoletto per il Foglio). A condurre il programma è Giorgio Zanchini, giornalista presuntivamente progressista ma moderato, intelligente e furbo al punto giusto per farsi ben volere, oltre che dotato di indubbie doti professionali – colto, brillante, preparato – che lo hanno portato a ereditare da Corrado Augias il ruolo di bravo presentatore librario e culturale a Rai Tre.
Da qualche giorno Zanchini, complici l’attualità internazionale e in particolare il vertice Nato di Washington, ripete in modo regolare un mantra che ha recitato spesso anche in passato: legge o per lo meno riferisce i commenti più ostili che arrivano alla trasmissione e che lo accusano di esporre solo le tesi prevalenti sulle guerre in Medio Oriente e in Ucraina. Posizioni atlantiste, euro-occidentaliste, mainstream, secondo le quali Israele è stata aggredita da Hamas e l’Ucraina è stata invasa dalla Russia: in entrambi i casi, quindi, si indicano un carnefice e una vittima, la ragione e il torto vengono distinti in modo abbastanza netto. A criticarlo, ovviamente, sono i pacifisti che vorrebbe prescindere da tale impostazione, contemperare ragioni e torti in modo più distribuito, fino agli ascoltatori più decisamente filo russi e putiniani.
Zanchini, riferendo in modo continuativo di queste posizioni, le esorcizza e ha buon gioco nel rispondere che non è vero, che la trasmissione ospita anche posizioni diverse e avverse: ma il gioco, per l’appunto, è troppo facile e un ascoltatore ha giustamente obiettato che non basta mettere una voce di segno differente per stabilire un reale equilibrio. “Radio anch’io” finirebbe insomma nella situazione che abbiamo descritto, per un’altra trasmissione radiofonica, relativamente alla bioetica e alla isolata ospitata di Lucetta Scaraffia.
In questo senso, “Radio anch’io” diventa il paradigma di un nuovo conformismo, di un nuovo mainstream e, ancor di più, di una crisi di senso della realtà e della sua rappresentazione. Questione non nuova, esplosa con la pandemia e la polemica sui “no vax” – enfatizzata, mai sopita, tornata di attualità nei giorni scorsi – e che potremmo così formulare: come tenere democraticamente conto delle libere opinioni, quando una di queste è considerata prevalente dalla maggioranza ma, proprio per questo, rischia di diventare un dogma? La cosiddetta polarizzazione è un problema epistemologico e gnoseologico molto serio. Riteniamo in genere che la crisi di senso da cui un po’ tutti ci sentiamo pervasi, in modi e tempi diversi, derivi dal conflitto, dalla divergenza, dal contrasto, attribuendone la colpa ai social network, mentre invece è figlia dei grandi consensi, del pensiero convergente che i vecchi o nuovi media tendono ad amplificare.