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Giorgetti

Chi abusa del Quirinale?

Consiglierei a chi ha usato e sta usando la popolarità meritatissima di Mattarella per liberarsi del fantasma del presidenzialismo di non esagerare... I Graffi di Damato.

 

La popolarità che è riuscito a guadagnarsi Sergio Mattarella al Quirinale ha sicuramente contribuito all’affievolimento del favore che aveva sino a qualche anno fa il presidenzialismo inteso come elezione diretta del capo dello Stato. La sua “compostezza assorbente e collante”, come l’ha appena definita sul Foglio Giuliano Ferrara, ha spuntato le armi a Giorgia Meloni, dirottatasi da sola fra lo stupore e persino l’irritazione dell’alleato leghista Matteo Salvini verso il premierato, inteso come presidente del Consiglio eletto dai cittadini, lasciando al presidente della Repubblica l’elezione indiretta, da parte delle Camere e di una delegazione dei Consigli regionali.

“Nell’esperienza del nostro paese il ruolo di arbitro del Presidente della Repubblica è stato spesso decisivo. Limitarlo sarebbe sbagliato”, ha detto ad Annalisa Chirico, sempre del Foglio, l’ex presidente della Camera Luciano Violante. Anche se, in verità, l’elezione diretta era voluta anche per potenziare quel ruolo, aumentare il numero e il tono dei fischi ai giocatori scorretti, sino a sciogliere più facilmente le squadre e a mandarle negli spogliatoi, cioè alle urne.

LA POPOLARITÀ DI MATTARELLA

Con un certo fastidio il vice presidente ora forzista del Senato Maurizio Gasparri ha detto alla Stampa che “la sinistra vuole far passare l’idea che chi è presidenzialista è contrario a Mattarella, ma non è così, nessuno è contro Mattarella”. A tutela del quale, in effetti, nelle originarie intenzioni della Meloni c’era la riserva di fare scegliere dai cittadini il successore dell’attuale presidente solo alla scadenza del suo mandato. Che è il secondo per un totale quindi di 14 anni: quanto forse neppure durerà il regno dell’appena incoronato Carlo III d’Inghilterra.

Va detto anche in difesa dell’ottima reputazione guadagnatasi dall’attuale capo dello Stato – salvo critiche, attacchi e insolenze rivoltegli ogni tanto dal Fatto Quotidiano, che non gli perdona di avere a suo tempo voluto sostituire a Palazzo Chigi Giuseppe Conte con Mario Draghi – che il presidenzialismo crebbe di popolarità o fascino negli anni scorsi non per sfiducia nei presidenti di turno ma per dissenso dal metodo con cui le Camere, e i partiti alle loro spalle, lo sceglievano, e lo scelgono: senza una disciplina, per esempio, delle candidature, come se il presidente nascesse dal cavolo raccontato ai bambini o scelto dallo Spirito Santo come il Papa attraverso i Cardinali al Conclave.

Scritto tutto questo, e preso atto che “il Colle non si tocca”, come ha annunciato la ministra Casellati alla Stampa, consiglierei a chi ha usato e sta usando la popolarità meritatissima di Mattarella per liberarsi del fantasma del presidenzialismo di non esagerare attribuendo allo stesso Mattarella più o meno esplicitamente una certa ostilità alla riforma di una Costituzione che continuerebbe ad essere “la più bella del mondo”. Auspici di riforme costituzionali si trovano infatti in entrambi i messaggi di giuramento del Presidente in carica.

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