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California

Quello che i giornali non raccontano sulla California

“California. La fine del sogno” di Francesco Costa letto da Tullio Fazzolari

 

Da quasi due secoli la California è sinonimo di terra promessa. Anche se non c’è più oro da cercare non ha perso l’epiteto di Golden State. Magari cambiando più volte la prospettiva del miraggio: anziché l’oro il petrolio, poi il cinema e dopo ancora l’alta tecnologia. Senza contare un PIL che è quasi il doppio di quello dell’Italia. Fatto sta che le speranze di lavoro e di successo o, quanto meno, di benessere oltre a clima e bellezze naturali hanno attirato milioni di persone dal resto degli Stati Uniti, dal Messico e da quasi tutto il mondo. Sognando la California sono arrivati in massa e non è certamente per fisiologica crescita demografica se la popolazione è passata dal milione di abitanti del 1900 ai quasi 40 milioni di oggi.

Ma dopo il lunghissimo e magnifico sogno arriva il brusco risveglio. Quella sorta di paradiso terrestre che molti hanno raggiunto e tanti altri hanno desiderato non esiste più. Francesco Costa con il suo “California. La fine del sogno” (Mondadori, 204 pagine, 18,50 euro) dimostra che negli ultimi anni tutto o quasi è cambiato in peggio. La grande crescita economica, vertiginosa ma anche incontrollata, non ha prodotto soltanto benessere. Mentre tutto sembrava andare a gonfie vele sono aumentate pericolosamente le disuguaglianze fra ceti sociali e soprattutto fra generazioni. Il ruolo preponderante attribuito alle grandi città ha portato alle stelle il costo delle abitazioni. Il risultato nefasto è che la California ha oggi il triste primato del numero dei senza tetto. E non si tratta solo di persone che hanno perso il lavoro o di clandestini appena immigrati. Anche chi ha uno stipendio apparentemente dignitoso non può permettersi un affitto. E molti studenti dei college o delle università non avendo abbastanza soldi per un alloggio devono sperare nella benevolenza del loro istituto che li autorizzi a dormire in macchina nel parcheggio. Non è più un sogno ma un in incubo da cui i californiani, se possono, cominciano a scappare.

Le disuguaglianze producono sempre tensioni e quasi inevitabilmente criminalità. E’ prassi inveterata darne una spiegazione aggiungendo un aggettivo etnico e nascondendo che la causa principale è la povertà. Anche in California era indispensabile che le istituzioni, la giustizia e la polizia avviassero politiche più calibrate contrastando la criminalità e riducendo i motivi di disagio che l’alimentano. Ma, come osserva Francesco Costa, tutti i programmi in tal senso sono falliti. A San Francisco come a Los Angeles non s’è trovata la giusta via di mezzo fra procuratori distrettuali radical troppo permissivi ed ex poliziotti inclini al pugno di ferro. E in entrambi i casi furti e delitti continuano ad aumentare.

“California. La fine del sogno” è la perfetta descrizione di una realtà di cui nessuno parla. Giornali e tv sono sempre pronti a occuparsi dell’America se Biden o Trump fanno uno starnuto o per un fatto di cronaca. Cioè vanno a rimorchio dell’attualità. Da anni e da giornalista indipendente senza aspettare l’ingaggio di un editore, Francesco Costa va nella direzione opposta esplorando in lungo e in largo gli Stati Uniti cercando di raccontare tutto quello che non sappiamo. Rispetto all’appiattimento dei mass media è quasi una rivoluzione. O forse, invece, è la restaurazione di un metodo di lavoro caduto purtroppo in disuso: quello del vero cronista.

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